Agostino Sella
▼
mercoledì 15 ottobre 2008
Area artigianale. Oggi scadono le richieste per le manifestazioni di interesse.
Tutti al capezzale del Chiello

Piazza Armerina. Presenti quasi tutte le istituzioni, assenti il direttore generale Iudica ed i cittadini. Questo in sintesi il resoconto del consiglio comunali che ieri si è protratto fino a tarda serata e che ha avuto all’ordine del giorno la paventata chiusura dell’ospedale piazzese Guglielmo Chiello. Hanno aderito all’invito del presidente Calogero Centonze, oltre al sindaco Nigrelli i primi cittadini di Valguarnera Nocilla, di Leonforte, Bonanno e di Aidone Curia. Presente anche il rappresentante del comune di Pietraperzia Vangheri. Assente, il direttore generale dell’asl di Enna Francesco Iudica che ha mandato una nota con le motivazioni della sua mancata presenza. All’appello, invece, si sono presentati tutti gli altri rappresentanti delle istituzioni invitate compreso quello della diocesi con il vicario foraneo Ettore Bartolotta. La partenza non è certo delle migliori. Nell’aula consiliare manca la luce. Il clima è malinconico. Il presidente è costretto a sospendere la seduta e chiamare i tecnici della ditta che cura i servizi elettrici per riparare il guasto. Da all’occhio la mancata presenza dei cittadini. Nei banchi riservati al pubblico solo rappresentanti politici e sindacali, medici ospedalieri, giornalisti e forze dell’ordine. Solo cinque i cittadini all’inizio del dibattito. Brutto segno per una città che probabilmente non ha ancora capito che è molto vicina la chiusura del suo ospedale. Dopo l’apertura dei lavori affidata al presidente Calogero Centonze ha preso la parola l’assessore alla sanità Innocenzo Di Carlo che ha relazionato sulla situazione generale ed illustrato un documento preparato dall’amministrazione comunale insieme all’osservatorio cittadino sulla sanità. Dopo Di Carlo è intervenuto Edoardo Lotario, medico ed esponente del PD che ha messo in evidenza le incongruenze del piano di rientro regionale. Il sindaco di Aidone Curia ha invece dichiarato “che la sua presenza non era per solidarietà ai piazzesi ma strettamente legata all’uso che i cittadini di Aidone fanno della struttura di Piazza. Siamo pronti – ha detto Curia – ad intraprendere azioni comuni con Piazza Armerina per evitare la chiusura dell’ospedale”. Giuseppe Bonanno, sindaco di Leonforte ha sottolineato come “il destino di Leonforte e Piazza possa essere comune in quanto entrambi i presidi delle due città rischiano di essere chiusi”. Bonanno, durante il suo intervento, ha invitato il presidente della regione nella sua città ricordando come durante la campagna elettorale Lombardo aveva assicurato ai suoi concittadini sulla sopravvivenza dell’ospedale di Leonforte. Nocilla e Vangheri hanno entrambi sottolineato l’importanza di evitare i tagli alla sanità ennese. Dopo i sindaci ha preso la parola Ettore Bartolotta in rappresentanza del Vescovo piazzese Michele Pennisi che ha messo in evidenza anche il triste destino a cui potrebbero andare incontro gli altri ospedali della diocesi, come Mazzarino e Gela.
Agostino Sella
Agostino Sella
La storia del Chiello.
Filippo Rausa
Nel 1490 fu fondato l’Ospedale di San Calogero e di S. Maria degli Angeli, nel quartiere Monte.
Nel 1494 l’ospedale venne trasferito presso la Porta delle Scattiola e nel 1600 si ebbe un nuovo trasferimento nel complesso edilizio della chiesa di S. Spirito; l’ospedale prese il nome di S. Calogero e S. Spirito (il sac. Russotto cita un ospedale di San Giacomo, già presente nel Quattrocento, sottoposto al Priorato di San Giacomo d’Altopasso, attiguo alla chiesa di S. Spirito).
Nel 1679 il complesso, con le relative rendite, fu ceduto ai Fatebenefratelli che lo ristrutturarono e ingrandirono, ridenominandolo Ospedale di S. Tommaso.
I frati si obbligavano alla cura degli esposti alla ruota ed alla cura delle donne per i quali ricevevano un pagamento dai giurati locali di cento onze annue.
Essi dovevano provvedere al salario del medico, del chirurgo, della lavandaia, del barbiere, dell’aromatario, del notaro.
Nel 1833 era presente un solo religioso in una struttura che conteneva 8 posti letto.
Nel 1771, il chierico Michele Chiello fondò un nuovo ospedale, legando varie rendite, pari a ducati 486, al precario convento- ospedale.
L’opera pia, pur avendo sede nello stesso stabile dei Fatebenefratelli, aveva una distinta amministrazione ed era governata dal principe Starrabba di Giardinelli.
Col tempo i malati furono quasi tutti mantenuti con la rendita Chiello.
Nel 1840 (4 letti per gli uomini, 2 letti per le donne in un locale fuori dalla porta del convento dove era stata fissata anche la ruota di legno per gli esposti con la sua campanella) l’unico frate rimasto ebbe solo il servizio ospedaliero, non potendo più amministrare le rendite ormai nulle.
Il convento-ospedale di S. Giovanni di Dio è esistito fino al 1859.
Dopo il 1866, fu acquisito l’attiguo convento trecentesco di S.
Francesco che divenne la sede dei due ospedali riuniti sotto il titolo di Ospedale M. Chiello e Vespasiano Trigona.
Il vecchio edificio conventuale, semidistrutto, fu venduto alla Curia vescovile.
Alla fine dell’800, l’ospedale fu arricchito di nuovi padiglioni per uomini e per donne e negli anni Cinquanta del ‘900 fu recuperata l’area dell’antico ospedale di S. Giovanni di Dio, costruendovi altri padiglioni.
L’amministrazione non era soggetta alla Congregazione di Carità.