martedì 28 ottobre 2008

La salute bene di tutti?

di Giuseppe Fanzone.

La salute sembra essere un bene fondamentale a cui giustamente ogni individuo tende per se e per i propri cari. I Padri all’articolo 32 della Costituzione recitano: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti…” Oggi in un periodo di supposta crisi economica si dice che è necessario eseguire dei “tagli” al sistema sanitario per rendere sostenibile la spesa. Appare logico pensare che “tagli” alla salute siano anticostituzionali. C’è però, in atto forte, una idea politica e filosofica che vede lo stato come azienda. Tutto è azienda, quindi ente economico con una precisa vocazione al guadagno ed all’utile di bilancio. Così gli ospedali sono azienda; gli enti sanitari sul territorio di nuovo Azienda Sanitaria; i reparti vengono pagati a DRG e valutati in base al profitto. Allora a governare i reparti ospedalieri è arrivato il budget e giacché i primari sono divenuti Direttori vieni curato solo se rientri nei parametri stabiliti.

Giustissimamente il legislatore già da diversi anni per risolvere il problema degli sprechi, (sprechi e non spesa sanitaria) ha ipotizzato che l’aziendalizzazione potesse essere una buona idea. Esisteva però un errore di valutazione fondamentale che ha determinato il fallimento di questo programma. I bisogni di salute vennero considerati come perfettamente individuabili per mezzo di diagrammi, studi statistici e flow-chart ma così non è proprio perchè la salute, individuata come complesso determinate il benessere del singolo e della comunità, è un sistema caotico, anzi il prototipo dei sistemi caotici. Non è inquadrabile in schemi fissi ed immutabili (la salute, è notorio, oggi c’è e domani no).

Lo stesso errore venne commesso diversi anni addietro non attivando il sistema di protezione civile creando veri e propri disastri a tutti noti. Oggi il sistema di protezione civile è ipertrofico per mezzi, persone e fondi ma questo è vero solo per alcuni giorni dell’anno in preparazione ad una calamità che nessuno sa da dove arriverà ma è certo che ci sarà.

Lo stesso avviene nel mondo salute. Un ospedale di comunità potrà essere utilizzato solo al 70% ma questo è uno spreco? Lo è se consideriamo l’ordinario. Non lo è se consideriamo lo straordinario inteso come non frequente ma possibile e probabile. Un infarto? Evento possibile e probabile. Una caduta da motoveicolo? Possibile e probabile? Un autobus di turisti giù da un ponte? Improbabile ma possibile.

Allora se smettessimo di considerare le strutture sanitarie una spesa ma provvedessimo invece all’abbattimento degli sprechi non sarebbe più giusto e più saggio?

Se considerassimo gli Ospedali come risorse per il territorio, valutando l’impatto economico che una tale struttura ha sul contesto in cui insiste?

I positivi “effetti collaterali” di una struttura ospedaliera sono comprensibili da tutti, il ritorno economico è netto sia in termini di “turismo sanitario”, che in  aumento della occupazione e della immigrazione di rientro e vera e propria. L’indotto è enorme, comunque lo si consideri. Di converso la chiusura di una struttura ospedaliera determina una serie di effetti negativi a cascata il cui valore economico è senza alcun dubbio superiore al “risparmio” che si crede di potere raggiungere. In ultima analisi porterebbe alla “chiusura” di un intero territorio.