martedì 31 agosto 2010

Io ho a cuore l'interesse dell'Italia ma la visita del dittatore Gheddafi è una pagliacciata.

"Onore al leader della rivoluzione Muammar Gheffafi".
Quando ieri stasera ho sentito queste parole dette dal capo del reggimento dei Carabinieri mi sono vegognato di essere italiano.
Siamo alla frutta. Non è possibile assistere a questo teatrino tutto italiano. Non è possibile accogliere un dittatore come un rivoluzionario.
A questa continua prostrazione nei confronti del dittatore libico ci hanno abituato tutti, prima amato da Dalema, poi da Prodi ed adesso da Berlusconi.
Ma con Silvio adesso abbiamo toccato il fondo.
Le modalità dell'accoglienza di questi giorni sono ridicole.
Trecento hostess (a pagamento) a cui il dittatore parla di Maometto e della libertà della donna in Libia. Le incontra, gli parla e forse altro.
Le donne ministre italiane in silenzio. Mara Carfagna, Stefania Prestigiacomo, Giorgia Meloni e Mariastella Gelmini improvvisamente diventano delle oche che non hanno il coraggio di alzare la testa.
Gheddafi viene, ci prende a parolacce. Ci minaccia e chiede 5 miliardi di euro per bloccare le i flussi di immigrati. Noi lo accogliamo con cene faraoniche, e le truppe in parata ad onorare il dittatore.
E tutti noi come i cretiti ad ascoltare i telegiornali Emilio Fede e Minzolini
Sembra di essere tornati ai tempi di Mussolini e dei rapporti tra gli italiani e gli abissini.
Mi viene in mente uno degli ultimi libri di Cammilleri. "Il nipote di Negus".
Che pena Italia...
Arai