lunedì 11 giugno 2012

u mettu cà ma tantu nun si ne futt nuddu

Daccò rivela tutti i suoi amici politici (oltre Formgoni di Antonella Mascali da il Fatto quotidiano Piero Daccò, il compagno di vacanze e cene di lusso del presidente Roberto Formigoni, ha elencato i suoi rapporti a Roma, in Lombardia e in Sicilia per quella che i suoi avvocati, Gianpiero Biancolella e Jacopo Antonelli, definiscono un’azione di lobby. Per i magistrati di Milano, invece, è un' intermediazione a suon di mazzette, pagate dagli ex vertici del San Raffaele e dalla clinica Mauger per creare fondi neri. Per quest'ultimo filone d'indagine è stato arrestato, tra gli altri, un altro mico di Formigoni e Daccò, Antonio Simone, ciellino.
Daccò parla di aiuti ricevuti, mai prezzolati, con il defunto Romano Comincioli, parlamentare del Pdl, fedelissimo di Berlusconi; con l'ex sottosegretario del Pdl all'economia, Gianfranco Micciché; con l'ex presidente siciliano, Totò Cuffaro, in carcere per mafia; con il direttore generale della Sanità al Pirellone, Carlo Lucchina. RACCONTA ANCHE di aver preso soldi per “consulenze” da Antonio Ligresti (80 milioni di lire) e dal Fatebenefratelli. I nomi emergono dall'interrogatorio del 17 aprile scorso, quando Daccò è stato sentito dal gip, Vincenzo Tutinelli e dai pm, Laura Pedio e Antonio Pastore. Lo “sbriga faccende”, come si era definito in autunno con il pm, Luigi Orsi, è stato ascoltato in merito ai 70 milioni di fondi distratti dalla Fondazione Maugeri (per volontà, secondo l'accusa, del presidente Umberto Maugeri e del direttore amministrativo, Costantino Passerino) tra il 2004 e il 2011 attraverso contratti di consulenza definiti “fittizi ” dai magistrati. “Il lavoro non era fittizio, sostiene Daccò, a tal punto che il dottor Passerino mi disse, più di una volta, “meno male che ci sei tu altrimenti saremmo saltatì”. Passerino, detenuto, ha detto ai pm che Daccò “apriva le porte della Regione” grazie al suo rapporto con “il presidente” Formigoni. Lo stesso ha dichiarato un altro arrestato, il consulente della Maugeri, Gianfranco Mozzali, che ha citato Formigoni. Ma Daccò spiega i soldi con le sue doti umane: “È vero che non sono un tecnico”, infatti è un ragioniere, “io lavoro molto sull'umano... Sono quasi invadente”. Chi lo paga è perché “non sa fare il mio lavoro... Sono un esperto nella frequentazione da ormai 34 anni di tutti i meandri regionali per quanto riguarda la sanità”. E perché tanti soldi vanno a Simone? Prima di tutto, risponde, “per un sodalizio che dura da vent'anni... Poi per affinità calcistiche, siamo tutti e due dell'Inter, no?”. Daccò racconta che Simone gli dava consigli perché era stato assessore alla sanità in Lombardia. “Grazie a lui abbiamo fatto un progetto sulle malattie cosiddette sub-acute”. Anche Simone, ai magistrati aveva parlato di legittime consulenze. Il suo avvocato, Giuseppe Lucibello, come gli avvocati di Daccò, Biancolella e Antonelli, ha presentato ricorso al Riesame per la scarcerazione. IL FACCENDIERE, su domanda dei magistrati, spiega i rapporti di lavoro. Precisa di non aver mai avuto bisogno del ministero della Sanità perché “sulle Regioni poco conta. E quando avevo bisogno di qualcuno, avevo referenti politici importanti a Roma... In particolare, negli ultimi anni, adesso purtroppo è andato in cielo anche lui, era il senatore Comincioli...Avevo Miccichè, che è un amico; Pippo Fallica (politico siciliano, ndr), che è un altro amico”. Questi ultimi due “assieme a Cammarata (Diego Cammarata,sindaco di Palermo, ndr) e Cuffaro”, erano, a suo dire, punti di riferimento per “gli affari in Sicilia”. I magistrati sembra che non credano ai 70 milioni ricevuti dalla Maugeri, non dichiarati al fisco, per fare lobby. Il pm Pedio chiede dettagli. Daccò riferisce le varie percentuali prese sul fatturato della Fondazione: “2, 5, 8%. Per la Sicilia 18%”. Anche un’informativa delle sezioni della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza della polizia giudiziaria esprime dubbi sui compensi milionari per Daccò e Simone. “Appare inverosimile che questi siano gli unici beneficiari di tanta ricchezza”. Rileva, inoltre, che la modalità dei “conti rubrica” ostacola “la tracciabilità del denaro prima “di essere utilizzato per investimenti...a disposizione di una pluralità di soggetti”.