venerdì 20 dicembre 2013

No alla scarcerazione Cuffaro resta in cella

Il Tribunale di sorveglianza ha rigettato la richiesta dell'ex presidente della Regione siciliana, Salvatore Cuffaro, che sta scontando una condanna a 7 anni per favoreggiamento aggravato di Cosa nostra, di essere affidato ai servizi sociali.
La Procura generale aveva espresso parere favorevole alla scarcerazione dell'ex governatore, ma solo per svolgere attività lavorativa presso un istituto dei ciechi di Roma e non alla missione "Speranza e carità" di Palermo come richiesto dai legali di Cuffaro. ARCHIVIO / Cuffaro irriconoscibile a Raffadali Il provvedimento di rigetto è legato alla mancata collaborazione di Cuffaro con la giustizia, nemmeno sotto forma di ammissioni di responsabilità. Per i reati aggravati da fatti di mafia la collaborazione è infatti una delle condizioni previste dalla legge per concedere l'affidamento in prova ai servizi sociali, chiesto dai difensori dell'ex presidente della Regione Sicilia. Gli avvocati Maria Brucale e Giovanni Vaccaro avevano osservato che il loro assistito non è stato condannato per associazione mafiosa o per concorso esterno, ma per favoreggiamento aggravato dall'agevolazione di Cosa nostra e in questi casi i paletti sono meno rigorosi. Dato che la vicenda delle "talpe in Procura" è stata definita e che altri hanno collaborato, la difesa di Totò Cuffaro riteneva che non occorresse dimostrare alcuna volontà collaborativa. Il tribunale, presieduto da Alberto Bellet, è stato invece di avviso opposto: esisterebbero ancora, infatti, margini per una collaborazione.


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