domenica 4 maggio 2014

Mafia nelle confraternite, Romeo tace e Pennisi attacca: "Fuori i collusi dalla Chiesa"

PALERMO - Tredici giorni dopo l'arresto, il boss di Porta Nuova Stefano Comandè è ancora l'autorevole superiore della Confraternita delle Anime Sante di piazza Ingastone. Il cardinale di Palermo Paolo Romeo ha ritenuto di non sospenderlo, né di prendere posizione sulle pesanti infiltrazioni di mafia scoperte dalla procura all'interno della chiesa della Madonna di Lourdes. Ieri, "Repubblica" è tornata a chiedere una dichiarazione al cardinale, ma non è arrivata alcuna risposta. È invece la chiesa di Monreale a schierarsi in maniera netta. L'arcivescovo Michele Pennisi dice: "Tutti coloro che appartengono ad associazioni di stampo mafioso o ad associazioni più o meno segrete contrarie ai valori evangelici non possono far parte di associazioni religiose, confraternite, comitati festa o consigli pastorali ". Pennisi l'ha ribadito durante un convegno dal significativo titolo "Confraternite risorse di legalità per il nostro territorio", che si è svolto la mattina del primo maggio a Monreale. Prosegue l'arcivescovo: "Della coerenza della vita cristiana fa parte il rispetto della legalità, che è cosa differente dal legalismo come quello dei farisei di cui parla il Vangelo". Parole forti, che scuotono la chiesa siciliana, attraversata ancora da tante contraddizioni e da alcuni imbarazzanti silenzi. Ma il percorso di rinnovamento intrapreso da papa Francesco nel segno di don Pino Puglisi va avanti ormai deciso. Lo testimonia il gesto a sorpresa fatto il primo maggio dall'arcivescovo di Agrigento Francesco Montenegro, il candidato più quotato per la successione di Romeo a Palermo, ormai decaduto da un anno: "Chi non salta mafioso è", ha invitato i 3000 ragazzi riuniti a San Giovanni Gemini per la manifestazione "Giovaninfesta". E anche lui ha fatto tanti salti, indossava una maglietta bianca e rossa sulla tonaca. Il dibattito su Chiesa e mafia è aperto più che mai. È polemico Pino Martinez, uno dei collaboratori più stretti di don Giuseppe Puglisi: "La Diocesi di Palermo avrebbe dovuto attivarsi già da tempo per far fronte alle infiltrazioni mafiose all'interno di alcune confraternite. Qualche mese fa, Repubblica aveva dato ampio risalto al ruolo di Alessandro D'Ambrogio, il capomafia di Porta Nuova che accompagnava la vara della Madonna di Ballarò. Il recente funerale del boss Giuseppe Di Giacomo, con tanto di gonfalone della confraternita delle Anime sante, doveva essere un ulteriore campanello d'allarme. E, invece, il cardinale non ha fatto nulla". Martinez è polemico anche con il vescovo ausiliario, Carmelo Cuttitta, il braccio destro di Romeo: "È cresciuto accanto a don Pino Puglisi  -  dice  -  dovrebbe fare di tutto per difendere i valori del parroco di Brancaccio ucciso dalla mafia". Martinez ricorda che proprio uno dei primi atti di Puglisi fu lo scioglimento della confraternita di San Gaetano per infiltrazioni mafiose. "Quel boss che fa da superiore della confraternita di piazza Ingastone è un tradimento alla memoria di don Puglisi", conclude Pino Martinez. È amareggiato anche don Antonio Garau, l'ex parroco antimafia della chiesa di piazza Ingastone: "Tutti coloro che vengono nominati superiori di una confraternita dovrebbero esibire il certificato penale". Don Garau arriva ad auspicare un certificato antimafia per le confraternite. Che il tema sia tornato di grande attualità lo sottolineano le parole del procuratore aggiunto Leonardo Agueci, autore con i sostituti Francesca Mazzocco e Caterina Malagoli dell'indagine su Comandè e sul clan di Porta Nuova: "La presenza di Cosa nostra in alcuni quartieri della città è ancora molto forte  -  spiega  -  : i cosiddetti uomini di rispetto continuano a risolvere conflitti, i più diversi. Ecco perché l'azione della magistratura e delle forze dell'ordine non basta: c'è una mentalità da sradicare, e per far questo è necessario un nuovo rinnovato impegno di tutte le forze sane della società civile, e dunque anche della chiesa".


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