dal sito www.orizzontierei.it
Scompare con Lucio Dalla un grande artista, un amico della Sicilia e di Piazza Armerina. Il due settembre 2007 il memorabile concerto che lo vide protagonista a Piazza Armerina.
La strada per Milo si inerpica sulle falde dell’Etna tra viste mozzafiato e boschi di conifere. E’ il due settembre 2007, a Piazza Armerina si respira l’aria della festa. Lucio Dalla stanotte sarà in concerto. Vittorio Sgarbi, che ha voluto l’evento per lanciare la proposta di una legge speciale per Piazza Armerina e la Villa romana del Casale, è già a casa di Lucio, anzi nel suo rifugio, appena ai margini del Parco Nazionale dell’Etna, uno dei posti più sorprendenti che l’Isola sappia offrire, uno dei tanti rapimenti dell’artista, forse il più lungo ed irrinunciabile.
Un rigoroso cancello si dischiude, un ragazzo ci fa entrare nel regno del poeta. Ci inerpichiamo per un sentierino delimitato da sassi, mentre la casa, provvista di una spettacolare terrazza di fronte al mare, si erge adesso ben visibile, attorniata com’è da grandi alberi, siepi e cespugli. Una grande vetrata separa la natura, dal mondo confuso in cui Lucio si muove con grande destrezza. In realtà il supporto creativo è costituito da alcuni strumenti, tra cui troneggia una tastiera, cavi di connessione sono sul pavimento, la prima impressione è di disordine non celato. L’Archimede della canzone italiana, in quello spazio pensa, compone, prova, riprova, aiutato dai suoi amici. E’ lui stesso a dirci che lì, nelle serate etnee, talvolta condivide con artisti amici, singolari prestazioni uniche, destinate a perdersi per sempre.
Io e Marcello Scarantino, l’amico di Vittorio Sgarbi, creatore della granita di gelsi con panna, entriamo nel piccolo tempio e ci sediamo. Poi arriva lui, una maglietta blu, gli occhialini alla John Lennon, la barba incolta, vecchi jeans e scarpe da tennis. Un radioso sorriso.
Nel soggiorno, con la grande vetrata che dà sul giardino, ad un tavolo ovale, sono già seduti Vittorio Sgarbi, Maria Costanza Lentini, direttrice della Villa Romana del Casale ed altri due amici. Lucio Dalla, con un gorgoglìo impensabile, chiama all’interno della casa un servitore. Dispone dolci, alcuni buonissimi, conservati in una latta, e una bottiglia di vino bianco. L’atmosfera è serena, Dalla parla con Sgarbi di alcune foto di suoi antenati che sollevano la curiosità dei visitatori, («Ma le ho comprate ad un mercatino delle pulci» confessa!). Parla della Sicilia, della sua casa, dell’Etna.
Racconta, sorseggiando il vino freddo e le sue parole sono, senza musica, come una canzone, come la sua musica, trasmettono dolcezza, comprensione; di tanto in tanto si indigna un po’, parla di noi, della Sicilia, di una sua Sicilia che ha chiuso tra muri trasparenti che lasciano vedere boschi e mare, le barche lontane, i sogni di notti trascorse tra amici e poesia. Il mare luccica da lontano, il colore del cielo e del mare si confonde, le pause sono fatte di silenzio. Solo Vittorio Sgarbi, di tanto in tanto, dedica al suo telefono qualche attenzione. Ma si sta facendo tardi, c’è una conferenza stampa fissata per il pomeriggio a Piazza Armerina, dobbiamo tornare. Nessuno si alza e lui ci incalza ancora con i ricordi.
Nel mio cuore si agita un tumulto di apprensione. Penso alla macchina organizzativa che in città sta mettendo in atto un piano speditivo rigoroso. Niente automobili in centro, parcheggi da allestire, protezione civile attivata, i tecnici che stanno montando il palco, la Sala delle Luci rivoluzionata, i giornalisti da accogliere …. Ritorno ad ascoltare. Lui sta parlando dei suoi nuovi progetti, di una nuova generazione di artisti, dei suoi colleghi, poi anche lui volge lo sguardo verso Piazza Armerina. «Hai tanto da fare - dice a Sgarbi, Lucio Dalla – io ci vengo, a Piazza Armerina, quando accompagno qualcuno a vedere la Villa romana». E parla del “Fogher” e di Angelo Treno, lo chef che è per lui un appuntamento fisso, appena ai margini del bosco di Bellia.
Tanto sono trepidante io, tanto lui è sereno. «Faremo in tempo – dice – voi comunque partite, io vi raggiungo tra poco». Due ore dopo con Marcello e Vittorio Sgarbi, siamo a Piazza Armerina, bella come mai. La gente cammina a piedi, noi abbiamo il privilegio di essere scortati dalla Polizia municipale. C’è l’atmosfera delle grandi occasioni. Il palco è già pronto, intravedo da Piazza Cascino due grandi torri ai lati del palco. «Chissà se la piazza stasera sarà piena». Ancora si vedono piccoli gruppi di persone passeggiare per i viali. Sono le sei ed anche al comune non sembra esserci confusione. Alle sette, un po’ in ritardo, arriva Lucio Dalla, davanti al Circolo di Cultura scende dall’auto.
Gruppi di giovani si avvicinano a lui per un autografo. Sgarbi è ad attenderci in comune. Saliamo le scale e presto guadagnamo la Sala delle Luci con la galleria dei ritratti e il Gonfalone della Città. La sala è strapiena. Tocca a me aprire e salutare, spiego la genesi di quell’evento straordinario; c’è anche Gianfranco Micciché, Presidente dell’Assemblea regionale siciliana. Dalla ascolta tutti gli interventi, sembra un po’ annoiato. Poi parla lui: «Ho accolto l’invito di Vittorio Sgarbi e del Sindaco di venire a Piazza Armerina a lanciare l’idea di fare qualcosa. La Sicilia è una terra bellissima, ha bisogno di cure straordinarie. Siete un popolo generoso e fiero, io ho scelto Milo per la straordinaria forza di questo paesaggio. Sono dunque anch’io uno di voi. Per questo chiedo alle autorità che ne hanno il potere di fare qualcosa per il restauro dei mosaici e per fare di questa terra un’oasi di pace, di cultura e di progresso. Oggi canterò per voi».
L’applauso scioglie la tensione.
Mi dicono che la piazza comincia a riempirsi. Lucio Dalla conosce intanto alcuni ragazzi che a Piazza Armerina suonano e cantano, parla con loro con affetto, dà qualche buon consiglio. Poi gli viene un’idea: «Salite sul palco, stasera, canteremo insieme». Incredibile, con Lucio Dalla tutto è un laboratorio. Salvo Soldato ha una luce negli occhi, sarà sul palco stasera con il grande artista e canteranno insieme.
Poco dopo siamo nella grande piazza del concerto. Ormai è tutta gremita. Un tappeto di teste, così fitto che non si arriva a distinguere nessuno. Dalla arriva scortato. Brevi discorsi di saluto. «E’ così, quella di questa notte, la Piazza Armerina che vogliamo!».
Poi il concerto. Le prime note sono un susseguirsi di applausi. Tra il “piccolo uomo buffo” e il suo popolo di fans è l’amore, la condivisione: la musica domina il tempo!
Il nostro ricordo resisterà.
Grazie Lucio. Piazza Armerina non smetterà di amarti.
Maurizio Prestifilippo
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