venerdì 4 aprile 2014

NUTRI ORA IL LORO DOMANI insieme al VIS e ai Salesiani di Don Bosco

L'alba del Ruanda

KIGALI - "LA prossima settimana sarà di nuovo un periodo difficile", dice Valérie Mukabayire. Sarà la penombra, la luce soffusa, la quiete della stanza dove stiamo parlando da un'ora, ma ho l'impressione che la compostezza di Valérie per un momento si incrini, le parole rallentino e i suoi occhi scuri si facciano lucidi. È solo un momento però. "Dobbiamo lavorare, andare avanti", aggiunge subito dopo una pausa. La prossima settimana, a partire da lunedì 7 e per tutti i giorni successivi, sarà lutto nazionale in Ruanda. Il paese rivivrà i giorni del genocidio del 1994, quando 800mila, fors'anche un milione di Tutsi ruandesi e di Hutu che si opponevano alla carneficina vennero giustiziati all'arma bianca, a colpi di mazze e di machete, trasformando il paese in un gigantesco carnaio. Nella sostanziale indifferenza del mondo, durò cento giorni, fino ai primi di luglio, quando il Fronte patriottico ruandese entrò a Kigali e pose fine alle stragi. È stato il più grande massacro dalla fine della Seconda guerra mondiale, una delle pagine più atroci della storia dell'umanità: per l'efferatezza degli assassini, e per il mancato soccorso internazionale. "Il genocidio è un lutto che non si elabora", scrive qui accanto Scholastique Mukasonga, ed è quello che credo di intravedere negli occhi di Valérie. Dei fatti del '94 siamo venuti a parlare esplicitamente solo alla fine, ma in Ruanda sono il riferimento implicito in tutto quello che si dice, così come a Murambi, Nyamata, Bisesero, Nyarabuye e altrove il verde smeraldo di uno dei Paesi più belli dell'Africa nasconde sotto un sottile velo di terra (e talvolta neppure quello) le pile di morti. Valérie Mukabayire dirige la Casa della Pace, un centro che assiste le donne più povere di Kigali dando loro una formazione, un mestiere per aiutarle a farcela da sole. È un progetto molto bello, un piccolo successo che dura da dieci anni, interamente sostenuto da una piccola ong italiana che si chiama Progetto Ruanda. All'inizio, ricorda Valérie, tutte le donne assistite avevano le vite segnate dalla grande strage del '94: perché erano rimaste vedove, perché i mariti erano in prigione accusati di genocidio, perché erano giovani orfane che dovevano badare ai fratelli minori, perché erano ragazze-madri vittime di violenze sessuali. Le mogli delle vittime e dei sospetti aguzzini, insieme. "C'erano molti problemi, poi abbiamo scoperto che lavorando le une accanto alle altre la riconciliazione si faceva da sé". Con gli anni le tensioni si sono stemperate e le donne hanno continuato a venire alla Casa della Pace spinte dalla perdurante povertà, più che dalle ferite aperte del genocidio. La vita è andata avanti. Il passato si è allontanato. È stato a questo punto del racconto che ho commesso l'errore di chiedere a Valérie dove era lei nell'aprile del 1994. È stato allora che la sua voce si è quasi spezzata. Senza spiegare né il dove né il come, mi ha detto che nel genocidio ha perso il marito, entrambi i genitori, tutti i fratelli. Si sono salvati insieme a lei i tre figli, all'epoca piccolissimi, nascosti a rischio della vita da alcuni amici. Sono passati vent'anni e il Ruanda si è piano piano ricostruito, psicologicamente, e talora letteralmente, sopra un grande cimitero. Kigali è diventata una delle capitali più linde, accoglienti, ordinate dell'Africa, rimessa progressivamente a nuovo, modernizzata. L'economia nazionale, pur restando sostanzialmente agricola, ha continuato a crescere, facendo di questo Paese una delle storie positive più volentieri raccontate dagli economisti dello sviluppo. È piccolo, lontano dal mare, ma ben amministrato, onesto, laborioso, un ambiente attraente per gli investitori tentati dall'Africa ma spaventati da un contesto troppo spesso inaffidabile. Certo, basta spingersi pochi chilometri fuori dalla capitale e ai parcheggi pieni di Suv dei centri commerciali si sostituiscono le schiene curve sul lavoro dei campi, le capanne, le donne chine a maneggiare la zappa. Con le sue mille colline, i terrazzamenti agricoli che evocano in questi tropici africani un paesaggio cinese, il Ruanda rimane un Paese di undici milioni di montanari contadini. Ma si è rimesso meravigliosamente in piedi e va avanti spedito. A Immaculée Ingabire sono venuto a chiedere le ragioni di un'altra peculiarità del nuovo Ruanda: il potere delle sue donne. A differenza dal resto dell'Africa e di quasi tutto il mondo, il Parlamento, rieletto in settembre, è donna: 50 seggi su 80; molti portafogli ministeriali importanti sono affidati a donne e l'avanzata continua nelle amministrazioni locali, nel business, nelle professioni. Immaculée è una donna formidabile, alta, elegante, piena di autorità, una specie di zar anticorruzione nel ruolo di presidente della sezione ruandese di Transparency International. "Se è una conseguenza del genocidio? Sì e no. Sì, perché all'indomani dei massacri c'era un bisogno estremo di tutte le energie rimaste e gli uomini erano o morti, o in fuga all'estero, o in prigione. Le donne sono state chiamate a riempire quel vuoto e hanno dimostrato di essere all'altezza. Ma anche no, perché l'uguaglianza di genere è sempre stata una bandiera del Fronte patriottico. Dunque, quando il Fronte ha preso il potere, si è aperta una possibilità e le donne ne hanno subito approfittato. All'inizio non è stato facile: c'erano sì e no cento laureate in tutto il Ruanda, anche se molte sono tornate dall'esilio" . Kigali si prepara lentamente alla commemorazione di lunedì. Ai maggiori incroci della capitale compaiono grandi cartelli che annunciano il ventesimo anniversario e proclamano lo slogan delle celebrazioni: "Ricordare, unire, rinnovare". Forse il secondo punto è quello meno realizzato, anche se il parere di Valérie (e il credo ufficiale) è che la riconciliazione nazionale è avvenuta e i ruandesi non sono più né Hutu né Tutsi, ma tutti cittadini allo stesso titolo e senza distinzioni. Davanti a una birra, più di uno straniero residente è pronto a giurare che se solo il potere abbassasse un poco la guardia l'odio tornerebbe a prendere il sopravvento. Un buon motivo per non abbassarla, dunque, e anche se i commentatori internazionali sottolineano in questi giorni l'isolamento internazionale del Ruanda, accusato di destabilizzare la vicina Repubblica democratica del Congo e soprattutto di compiere assassinii politici mirati di esuli all'estero, la politica estera ruandese sembra ispirata a questo semplice principio: meglio soli che morti. Sarà un caso, ma il mio taccuino ruandese continua a riempirsi di nomi di donne. Ritrovo Yolande Mukagasana, la prima e la più nota testimone del genocidio. Il suoprimolibro, La morte non mi ha voluta, del1997, futradottoin tutto il mondo. In quelle pagine Yolande ha raccontato come nei primi giorni dell'aprile 1994 le uccisero i tre figli, il marito, fratelli, sorelle, cognati. Lei si salvò nascosta sotto l'acquaio nella cucina di una vicina. Per il decimo anniversario Yolande commemorò il genocidio con un articolo pubblicato sulla prima pagina di Repubblica. Dal 2011, dopo molti anni passati in Belgio, è tornata a vivere a Kigali. Nella sua vecchia casa, quella, mi dice, "dove accadde tutto". Il passato non passa, il lutto del genocidio non si elabora. Eppure Yolande si è fatta con gli anni più luminosa, più serena. Un po' come il Ruanda.


INVIATO DA REPUBBLICA MOBILE
Visita m.repubblica.it dal tuo telefonino o se hai un iPhone scarica gratis da iTunes l'applicazione di Repubblica Mobile.


Inviato da iPhone di Agostino Sella

Fwd: Cerimonia di premiazione- 1° Concorso di narrativa "Liceo Cascino"

> Concorso di narrativa "Liceo Cascino". A presiedere i lavori sarà la Preside, Prof.ssa Lidia Di Gangi, che lascerà alla scrittrice Maria Attanasio, Presidente della giuria, il compito di premiare i vincitori delle tre sezioni: biennio, con tema "L'amicizia; triennio, con tema "L'altro"; in lingua straniera, con tema "il viaggio".

Fwd: Rimettiamoci in cammino per la pace e la fraternità: 20a Marcia Perugia-Assisi



Inviato da iPhone di Agostino Sella


Inizio messaggio inoltrato:

Da: PerugiAssisi <perugiassisi@perlapace.it>
Data: 04 aprile 2014 17:53:24 CEST
A: <agostinosella@tiscali.it>
Oggetto: Rimettiamoci in cammino per la pace e la fraternità: 20a Marcia Perugia-Assisi
Rispondi a: perugiassisi@perlapace.it

HTML Message


A 100 anni dalla prima guerra mondiale
rimettiamoci in cammino
per la pace e la fraternità

Domenica 19 ottobre 2014
Marcia Perugia-Assisi

Cento anni di guerre bastano!
Abbiamo diritto di vivere in pace!
Pane e lavoro per tutti! Costruiamo una nuova Europa solidale e nonviolenta!


INVIA SUBITO LA TUA ADESIONE!


Cento anni fa scoppiava in Europa la prima guerra mondiale lasciando sul campo più di 10 milioni di morti e 20 milioni di feriti, mutilati, invalidi. Le centinaia di guerre che sono venute dopo hanno causato più di duecento milioni di morti, senza contare i cosiddetti "danni collaterali" (milioni e milioni di donne, uomini e bambini uccisi o dilaniati dalla fame e dalle malattie conseguenza delle stesse guerre) e l'immensa quantità di beni e risorse che sono stati distrutti e sottratti allo sviluppo dell'intera umanità.

Inutile strage, avventura senza ritorno, la guerra è un mostro che continua a uccidere tante persone in tutto il mondo e minaccia di diffondersi ulteriormente. Armi micidiali continuano ad essere costruite e accumulate e insieme alla loro proliferazione incontrollata cresce anche la propensione ad usarle.

Dopo cento anni di orribili massacri e crimini contro l'umanità è venuto il tempo di riconoscere che la pace è un diritto umano fondamentale della persona e dei popoli, pre-condizione necessaria per l'esercizio di tutti gli altri diritti umani. Un diritto che deve essere effettivamente riconosciuto, applicato e tutelato a tutti i livelli, dalle nostre città all'Onu.

A cento anni da quella terribile tragedia la pace è ancora in pericolo. Troppe persone precipitano nella povertà e nella disperazione. Succede ogni giorno in Italia, in Europa e in tante parti del mondo. Troppe ingiustizie si sommano a troppe disuguaglianze. Troppi problemi attendono inutilmente di essere risolti. Troppa violenza dilaga senza limiti né confini. Troppi soldi continuano a riempire il mondo di armi. Troppe armi alimentano nuove guerre. Troppi egoismi, interessi e complicità impediscono che le cose cambino. Intanto la crisi globale fa strazio di vite umane alimentando paure, angosce, sfiducia e chiusura.

Contro questa situazione angosciante abbiamo il dovere di insorgere!

Organizziamo insieme la
20a Marcia per la pace Perugia-Assisi!!!


Comitato Promotore Marcia Perugia-Assisi
via della viola 1 (06100) Perugia, Tel. 335.6590356 - 075/5736890 - fax 075/5739337 email:
adesioni@perlapace.it - www.perlapace.it


IL GIORNALE ENNESE 4 APRILE

LE NOTIZIE DEL GIORNO DELLA PROVINCIA ENNESE.. LE TROVI IN TV SOLO SUL CANALE 663 DEL DIGITALE TERRESTRE... ENNATV - Azzurratv2

L'immigrato è una risorsa? Di Benito Rausa

Agostino ha una sua visione dell'immigrazione, io ho la mia personale visione di come sia gestita attualmente l'immigrazione in Italia. L'immigrato è una risorsa? Clicca QUI.

Chi sono

Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com


___________


"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"

TUTTI GLI ARTICOLI