Il nostro ospedale “Michele Chiello” in un anno fa dagli 8 ai 9.000 ricoveri, accoglie e tratta nel suo Pronto Soccorso più di 15.000 persone, possiede il più alto indice di attrazione (20.7 %) di tutta la provincia; non presenta, tra le prime 10, patologie a rischio di inappropriatezza trattate in regime di ricovero ordinario; è utilizzato, oltre che dagli abitanti del suo distretto (Aidone, Barrafranca, Pietraperzia) è utilizzato anche dai non residenti (Valguarnera, Raddusa, Mirabella, S. Cono, S. Michele di Ganzaria, Mazzarino, ed altri). Piazza è al centro di un bacino archeologico-turistico di rilevanza mondiale, un luogo dove passano oltre 600.000 turisti all’anno e fra breve (con la riapertura della villa romana del Casale restaurata e l’arrivo della Venere di Morgantina) saranno oltre un milione. Ci sarà bisogno di un’accoglienza sanitaria maggiormente potenziata.
Se le cose stanno così, qualcuno può dirci perché ci chiudono l’ospedale? Qualcuno può dirci perché l’ospedale deve soccombere, se esso ha dato risposte adeguate, comprese urgenza ed emergenza, in tutti i lunghi anni della sua esistenza e ci sarà necessità di darne ancora?
Ovviamente vorremmo risposte serie e non le generiche e banali risposte che finora sono giunte, tipo: dobbiamo risparmiare, dobbiamo tagliare gli sprechi, dobbiamo risanare i bilanci. Qualcuno, come il Direttore generale dell’Asl 4 si è spinto oltre: dice che i posti-letto sono un mezzo e non un fine; dice di voler creare una sanità più giusta e più adeguata ai bisogni; dice che vuole assicurare a tutti i cittadini il meglio e con più sicurezza; esprime considerazioni incaute e un po’ terrificanti ai cittadini (“Lei non farebbe partorire sua moglie in un reparto dove non c’è la rianimazione”.); dice pure che è stato pronto al dialogo e non gli è giunta alcuna proposta alternativa alla sua.
Ovviamente rigettiamo in tronco queste considerazioni perché sono il prodotto della giustificazione, il frutto amaro della contiguità con la politica del governo, lui che è stato creato direttore dell’Usl 4 da questo governo e dunque ama porsi come un commissario zelante. Le proposte le ha avute, ma non ne ha tenuto conto: gli abbiamo proposto di essere trattati in questa provincia esattamente come in tutta la Sicilia e dunque con un indice di posti-letto ospedalieri del 3,5 o almeno del 3 per mille abitanti. Picche! La risposta è che non si tocca il piano regionale. Gli abbiamo detto che, se è ineluttabile l’accorpamento con l’ospedale di Enna, almeno che non chiuda i reparti per acuti di Piazza Armerina, dimodoché al nostro nosocomio sia mantenuta la sua caratteristica di ospedale. Picche! Ha risposto che i reparti per acuti dovranno chiudere. Gli abbiamo chiesto di mantenere i reparti di emergenza. Picche! La cardiologia dovrà andare a Enna e così pure l’anestesia, inoltre dovrà eliminare la pronta disponibilità medica di laboratorio e radiologia. Ci ha proposto, la cosiddetta week surgery, ma non ne ha voluto sapere quando abbiamo fatto notare che tale modalità chirurgica non è fattibile se non è presente pure la chirurgia generale e il servizio di anestesia. E tutto questo diniego a senso unico lo chiama dialogo.
Ma il dialogo, non spetta a me chiarirne l’autentico significato, è (dalla conversazione socratica in poi) una modalità antichissima di procedere nei rapporti umani essendo fatto di tesi, antitesi e poi sintesi. Ma come si può ottenere la sintesi, se chi pone la tesi rifiuta l’antitesi? Se l’interlocutore viene convocato solo per comunicargli la propria tesi? Allora si tratta di un finto dialogo, un soliloquio, un monologo condotto da parte di chi ha dentro di sé la dogmatica certezza della gestione delle cose.
Ma andiamo allo stato dell’arte. La sanità siciliana si trova ad un bivio: o andrà come l’Assessore regionale Russo ha ipotizzato e allora molti ospedali chiuderanno per mancanza di posti-letto per acuti. Secondo questo percorso si andrà a risparmiare un sacco di soldi pubblici, si accederà ai contributi statali e al mutuo, aumenteranno però le spese per l’utenza, si farà una cattiva sanità in quanto si precluderà l’uso degli ospedali ad una larga fetta di popolazione, la quale, a causa di una pessima offerta sanitaria da parte del territorio, è riuscita finora a risolvere i suoi problemi proprio accedendo all’ospedale.
Un’alternativa a questa strada è quella della bocciatura del decreto da parte dell’ARS poiché da più parti e quasi quotidianamente si avvertono segnali di contrarietà nella maggioranza oltre che, beninteso, nell’opposizione. In questo caso il panorama diventerà ancora più fosco in quanto lo scontro politico potrà portare perfino alla caduta del governo con le prevedibili ed imprevedibili conseguenze.
In questi giorni ho avuto l’opportunità di parlare con esponenti della “commissione dei 51” e, quando ho domandato perché alla provincia di Enna è stato assegnato un indice di p.l. di 2,1 x 1000, si sono meravigliati quasi non credendo che fosse andata davvero così. Evidentemente non conoscono bene lo schema di decreto di rimodulazione della rete ospedaliera e non conoscono neppure gli allegati (!). Infatti, i 718 posti-letto ospedalieri sono stati portati a 365. Ma la cosa più sconcertante è stata quella di apprendere della chiusura certa di tanti ospedali per acuti che saranno trasformati in presidi territoriali, luoghi a metà strada tra l’ambulatorio e il cronicario. E quando ho fatto notare che a Piazza il direttore dell’Asl avrebbe lasciato la Medicina e la Lungodegenza, mi sono sentito rispondere che la Medicina, in quanto reparto per acuti, non può sussistere e resterà in piedi solo la Lungodegenza che, tra l’altro non ha bisogno della figura primariale. Mi sono cadute le braccia! Altro che mantenere al Chiello la dignità di ospedale, ne vogliono fare proprio un cronicario!
A Palermo lunedì 10 novembre la popolazione di Piazza Armerina farà sentire la sua voce con un consiglio comunale celebrato sotto le finestre dell’Assessorato regionale alla Sanità. Chiederà conto della mannaia che sta per abbattersi sulla provincia di Enna, un bacino di povertà e di disoccupazione, perennemente depresso e abbandonato da sempre dalle istituzioni. Chiederà conto dell’ennesima iniquità contro la comunità di Piazza Armerina a cui sono solidali tutti i comuni viciniori e cioè Aidone, Barrafranca, Pietraperzia e Valguarnera. Speriamo che l’assessore e il suo direttore vogliano passare alla storia come i salvatori dell’ospedale piuttosto che come i suoi demolitori.
Non crediamo di meritarlo. Fra poche ore capiremo di più.
Se le cose stanno così, qualcuno può dirci perché ci chiudono l’ospedale? Qualcuno può dirci perché l’ospedale deve soccombere, se esso ha dato risposte adeguate, comprese urgenza ed emergenza, in tutti i lunghi anni della sua esistenza e ci sarà necessità di darne ancora?
Ovviamente vorremmo risposte serie e non le generiche e banali risposte che finora sono giunte, tipo: dobbiamo risparmiare, dobbiamo tagliare gli sprechi, dobbiamo risanare i bilanci. Qualcuno, come il Direttore generale dell’Asl 4 si è spinto oltre: dice che i posti-letto sono un mezzo e non un fine; dice di voler creare una sanità più giusta e più adeguata ai bisogni; dice che vuole assicurare a tutti i cittadini il meglio e con più sicurezza; esprime considerazioni incaute e un po’ terrificanti ai cittadini (“Lei non farebbe partorire sua moglie in un reparto dove non c’è la rianimazione”.); dice pure che è stato pronto al dialogo e non gli è giunta alcuna proposta alternativa alla sua.
Ovviamente rigettiamo in tronco queste considerazioni perché sono il prodotto della giustificazione, il frutto amaro della contiguità con la politica del governo, lui che è stato creato direttore dell’Usl 4 da questo governo e dunque ama porsi come un commissario zelante. Le proposte le ha avute, ma non ne ha tenuto conto: gli abbiamo proposto di essere trattati in questa provincia esattamente come in tutta la Sicilia e dunque con un indice di posti-letto ospedalieri del 3,5 o almeno del 3 per mille abitanti. Picche! La risposta è che non si tocca il piano regionale. Gli abbiamo detto che, se è ineluttabile l’accorpamento con l’ospedale di Enna, almeno che non chiuda i reparti per acuti di Piazza Armerina, dimodoché al nostro nosocomio sia mantenuta la sua caratteristica di ospedale. Picche! Ha risposto che i reparti per acuti dovranno chiudere. Gli abbiamo chiesto di mantenere i reparti di emergenza. Picche! La cardiologia dovrà andare a Enna e così pure l’anestesia, inoltre dovrà eliminare la pronta disponibilità medica di laboratorio e radiologia. Ci ha proposto, la cosiddetta week surgery, ma non ne ha voluto sapere quando abbiamo fatto notare che tale modalità chirurgica non è fattibile se non è presente pure la chirurgia generale e il servizio di anestesia. E tutto questo diniego a senso unico lo chiama dialogo.
Ma il dialogo, non spetta a me chiarirne l’autentico significato, è (dalla conversazione socratica in poi) una modalità antichissima di procedere nei rapporti umani essendo fatto di tesi, antitesi e poi sintesi. Ma come si può ottenere la sintesi, se chi pone la tesi rifiuta l’antitesi? Se l’interlocutore viene convocato solo per comunicargli la propria tesi? Allora si tratta di un finto dialogo, un soliloquio, un monologo condotto da parte di chi ha dentro di sé la dogmatica certezza della gestione delle cose.
Ma andiamo allo stato dell’arte. La sanità siciliana si trova ad un bivio: o andrà come l’Assessore regionale Russo ha ipotizzato e allora molti ospedali chiuderanno per mancanza di posti-letto per acuti. Secondo questo percorso si andrà a risparmiare un sacco di soldi pubblici, si accederà ai contributi statali e al mutuo, aumenteranno però le spese per l’utenza, si farà una cattiva sanità in quanto si precluderà l’uso degli ospedali ad una larga fetta di popolazione, la quale, a causa di una pessima offerta sanitaria da parte del territorio, è riuscita finora a risolvere i suoi problemi proprio accedendo all’ospedale.
Un’alternativa a questa strada è quella della bocciatura del decreto da parte dell’ARS poiché da più parti e quasi quotidianamente si avvertono segnali di contrarietà nella maggioranza oltre che, beninteso, nell’opposizione. In questo caso il panorama diventerà ancora più fosco in quanto lo scontro politico potrà portare perfino alla caduta del governo con le prevedibili ed imprevedibili conseguenze.
In questi giorni ho avuto l’opportunità di parlare con esponenti della “commissione dei 51” e, quando ho domandato perché alla provincia di Enna è stato assegnato un indice di p.l. di 2,1 x 1000, si sono meravigliati quasi non credendo che fosse andata davvero così. Evidentemente non conoscono bene lo schema di decreto di rimodulazione della rete ospedaliera e non conoscono neppure gli allegati (!). Infatti, i 718 posti-letto ospedalieri sono stati portati a 365. Ma la cosa più sconcertante è stata quella di apprendere della chiusura certa di tanti ospedali per acuti che saranno trasformati in presidi territoriali, luoghi a metà strada tra l’ambulatorio e il cronicario. E quando ho fatto notare che a Piazza il direttore dell’Asl avrebbe lasciato la Medicina e la Lungodegenza, mi sono sentito rispondere che la Medicina, in quanto reparto per acuti, non può sussistere e resterà in piedi solo la Lungodegenza che, tra l’altro non ha bisogno della figura primariale. Mi sono cadute le braccia! Altro che mantenere al Chiello la dignità di ospedale, ne vogliono fare proprio un cronicario!
A Palermo lunedì 10 novembre la popolazione di Piazza Armerina farà sentire la sua voce con un consiglio comunale celebrato sotto le finestre dell’Assessorato regionale alla Sanità. Chiederà conto della mannaia che sta per abbattersi sulla provincia di Enna, un bacino di povertà e di disoccupazione, perennemente depresso e abbandonato da sempre dalle istituzioni. Chiederà conto dell’ennesima iniquità contro la comunità di Piazza Armerina a cui sono solidali tutti i comuni viciniori e cioè Aidone, Barrafranca, Pietraperzia e Valguarnera. Speriamo che l’assessore e il suo direttore vogliano passare alla storia come i salvatori dell’ospedale piuttosto che come i suoi demolitori.
Non crediamo di meritarlo. Fra poche ore capiremo di più.