Mogherini incinta: «Ho pensatoal cesareo. In quell'Aula ci sarò»
«Il 14 sarà una data storica e mi farebbe una rabbia bestiale non esserci»
ROMA - «Il 14 sarà una data storica e mi farebbe una rabbia bestiale non esserci...». La bella foto del pancione che apre la sua pagina di Facebook racconta felicità e ansia di Federica Mogherini, 37 anni. Impegnata in politica dal 1988, quando si iscrisse alla Fgci nella sezione romana che fu di Berlinguer, la deputata del Pd rischia di non poter votare la mozione di sfiducia. Aspetta una bambina e la data presunta del parto è il 13 dicembre, vigilia del giorno cruciale della legislatura. «La priorità è mia figlia, ma farò di tutto per esserci», racconta. E confida che, da quando Napolitano ha fissato la data del voto, non fa che rimuginare: «Mi sforzo di fare più scale possibile, con la speranza di accelerare il parto. E passo in rassegna tutte le variabili. Mi bastano tre giorni di anticipo o tre ore di ritardo». E se invece le doglie cominciano proprio il 13? «Non voglio immaginarlo e accetto consigli su come anticipare l'evento».
Le ha pensate tutte e ammette che sì, per un momento l'ipotesi del taglio cesareo ha fatto capolino: «Il mio medico rifiuterebbe, ma poi non esiste... La mia prima figlia è venuta al mondo con il parto naturale e anche la seconda ha il diritto di nascere normalmente». Davvero nessuno dei suoi colleghi glielo ha suggerito? «Nessuno si è azzardato. E meno male, perché me lo sarei mangiato», ride la deputata romana, che Veltroni volle nella sua segreteria. Certo, battute ne fanno in tanti, alla Camera: «Le colleghe del Pdl si preoccupano per la mia salute, mi consigliano di prendermela comoda». E altri, scherzando sulla compravendita di deputati, le suggeriscono di chiamare il premier e ricordargli quanto interessante sia il suo stato, ai fini della fiducia.
La storia della Mogherini ha un altro risvolto politico, che riguarda la tutela della maternità rispetto al voto parlamentare e quindi al mandato degli elettori. Un problema che a giugno l'onorevole sottopose al presidente della Camera con una lettera, in cui spiegava come per le parlamentari non esista l'istituto del congedo di maternità. «Noi deputate siamo delle privilegiate - ammette -. Ma il fatto che la gravidanza sia assimilata alla malattia è una distorsione, simbolica e politica». Nella lettera segnalava come, nel luogo dove si fanno le leggi, una deputata che non partecipa al voto perché è in sala parto «è formalmente malata» e contribuisce ad abbassare il quorum.
Se il 14 la Mogherini non voterà, il suo nome sui tabulati della Camera finirà nella colonna degli assenti, mentre ci vorrebbe una colonna apposita, come avviene per chi è in missione. Giorni fa, incrociandola alla Camera, Fini le ha detto di ritenere «giustissima» la sua lettera e l'ha salutata con una battuta: «Non accolgo ora la tua richiesta perché desterebbe sospetti, ma puoi metterti in missione...». Fini scherzava. Ma la battaglia solitaria della Mogherini è serissima e inizia nel 2008, quando alcuni lettori del suo blog la accusano di godere dei privilegi della «casta» a causa delle assenze per una precedente maternità a rischio, poi finita con «l'enorme dolore» dell'aborto: «Per l'opinione pubblica se una deputata non vota per una gravidanza difficile è considerata assente nelle statistiche di voto e non è giusto». Giorni di ansia, giorni di gioia. Come la chiamerete? «Con mio marito abbiamo scherzato sull'idea di battezzarla Libera, dal berlusconismo...». E invece? «La chiameremo Marta».
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