Ho scritto alcune inchieste, tra cui la biografia del nuovo capo di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro (L’invisibile, Editori Riuniti, 2010) e un viaggio nella mafia che cambia (Cosa Grigia, Il Saggiatore, 2012). Il mio lavoro mi piace. E mi faccio anche un mazzo tanto. Raccontare le cose, sfuggendo alla dittatura delle veline, ha le sue controindicazioni: minacce, intimidazioni. Cose normali, dalle mie parti. Ma a me è successa anche una cosa inedita. Il Comune di Marsala, tramite il suo rappresentante legale, il Sindaco Giulia Adamo (ex Forza Italia, ex Pdl, oggi Udc, ma sostenuta dal Pd...), mi ha notificato una citazione a giudizio, in sede civile, dove mi chiede un risarcimento di 50.000 euro per la mia attività giornalistica, considerata, “lesiva del Comune di Marsala”, la mia città. Viene anche citato che il mio comportamento è ancora più grave perché agisco (sic!) “in un contesto storico di grande difficoltà per tutte le istituzioni a causa della crisi economica e della crisi di credibilità”. Credo che sia un caso unico in Italia che un Amministrazione Comunale chieda i danni ad un giornalista che fa inchieste su quello che accade in città. Per la serie: mi dai fastidio anche solo se esisti. Se volete, una specie di bullismo istituzionale. Sono convocato davanti al Tribunale di Marsala il 15 Ottobre 2013. ll Comune di Marsala ritiene che io sia lesivo per la sua immagine. Non per una cosa che ho scritto, ma per le cose che scrivo. Il Comune di Marsala si sente danneggiato da me. Il Comune di Marsala mi chiede i danni. Il Sindaco mi sta dicendo chiaramente - a nome di tutti - che io non sono cittadino marsalese gradito. 50.000 euro non è una richiesta di risarcimento danni. E’ un cazzotto nei denti. Coscienze meno pelose si sarebbero tutelate in sede penale, con un processo, delle prove, dei giudici. 50.000 euro è una richiesta è destinata a gambizzare me, il mio lavoro, 50.000 euro è il prezzo che si paga per scrivere notizie anzichè fare fusa, in questo pezzo di Sicilia. Ecco cosa succede a chi decide di non essere un giornalista schierato. Gli altri hanno incarichi: uffici stampa di nascosto, pubblicità alle loro testate, servizi vari senza gara, inviti a pranzi e cene. Vedo giornalisti vendersi per tutto. Un giornalista senza onore ma con un buon tariffario dalle mie parti può tirare su tra servizi (e servizietti) vari anche 30 - 35.000 euro l’anno di prebende per se e il suo gruppo. E se questo vale a livello locale, di cosa vi stupite se in Italia l’informazione è così incancrenita? Non abbiamo bisogno solo di pentiti. Abbiamo bisogno soprattutto di professionisti liberi, che diano un valore alla loro dignità." Giacomo Di Girolamo, giornalista
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