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Intervista a Massimo Introvigne
La messa è finita?
Pratica cattolica e minoranze religiose nella Sicilia centrale
di Alberto Maira
I dati della importantissima indagine del Centro Studi sulle Nuove Religioni (CESNUR), svoltasi nel territorio della diocesi di Piazza Armerina, sono oggi finalmente minuziosamente raccolti in un volume pubblicato da Salvatore Sciascia editore, analizzati e commentati da Massimo Introvigne e PierLuigi Zoccatelli, con una prefazione del vescovo mons. Michele Pennisi, ed un contributo di Augusto Gamuzza . Verranno presentati, alla presenza degli autori lunedì 7 giugno alle ore 17 presso l’Aula Magna del Rettorato dell’Università “Kore” di Enna. Abbiamo rivolto a Massimo Introvigne qualche domanda.
“La Messa è finita?” Perché questo titolo?
Il titolo è volutamente provocatorio. Anche se il libro tratta anche di altri temi, in particolare della presenza di minoranze religiose che nella Diocesi di Piazza Armerina è particolarmente rilevante (3,5%), il titolo si riferisce alla parte più innovativa della ricerca, che s’inserisce in un importante dibattito in corso nella sociologia delle religioni internazionale, quello sul cosidetto over-reporting.
Di che si tratta?
Leggiamo spesso sui giornali che la tal ricerca ci dice che il venti o il dieci per cento degli italiani o dei francesi va a Messa tutte le settimane. A chi legge i giornali non è chiaro che nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di un conto delle persone che dicono di andare a Messa, rispondendo a interviste. Già da molti anni si è sollevato il problema se queste persone dicano la verità e negli Stati Uniti e in Polonia sono state condotte indagini pluriennali, mettendo in luce il fenomeno dell’over-reporting, cioè il fatto che alcune delle persone che dicono di andare a Messa agli intervistatori di fatto non ci vanno. Queste indagini sono condotte rilevando minuziosamente le persone che entrano a tutte le Messe in un territorio in un week-end dato, sono complesse e costose e si espongono a critiche metodologiche com’è avvenuto anche per i pochi tentativi passati in Italia.
E a Piazza Armerina?
Senza entrare in dettagli molto tecnici, abbiamo tenuto conto delle critiche rivolte a indagini precedenti e abbiamo compiuto ogni sforzo sia per creare una metodologia credibile di interviste, sia soprattutto un conto dei partecipanti effettivi alle Messe nel week-end campione cui non sfuggissero neanche le più remote Messe semi-private. Abbiamo contato come partecipanti alle Messe perfino tutti i malati cui è stata portata la comunione a casa.
Risultati?
Il 33,6% dichiara nelle interviste una pratica religiosa settimanale, non solo cattolica. Togliendo il 3,5% di fedeli di altre religioni, i cattolici che dicono di andare a Messa tutte le settimane sono il 30,1%. Nella domenica tipo noi ne abbiamo contati presenti nelle chiese della diocesi il 18,3%.
Tanti bugiardi, dunque?
Assolutamente no. L’interpretazione dei risultati in termini di “verità” e “bugia” è quello che ha reso controverse le indagini condotte in passato sull’over-reporting. È un’interpretazione grossolana e fasulla. Chi dice di andare a Messa esprime già un’identità e un senso di appartenenza, anche se in quella data domenica non lo abbiamo visto in chiesa. Dobbiamo dunque parlare nella diocesi piuttosto di cerchi concentrici, ciascuno dei quali include i cerchi più piccoli. C’è dunque il “nucleo duro” del 18,3% di “dominicantes” che era in chiesa quella domenica – che tra l’altro non solo ha un tasso elevato di comunioni, ma dichiara anche di confessarsi abbastanza spesso –, seguito dalla cerchia dei praticanti dichiarati (30,1%), da quella di coloro che si dichiarano praticanti non regolari (51,4%) e infine dalla cerchia dei cattolici che si sentono tali, che pratichino o no (92,2%). Ridurre “i cattolici” di Piazza Armerina al 18,3% sarebbe dunque un abuso ben poco scientifico della nostra ricerca.