di Gianfranco La Porta
Se si volesse individuare una parola chiave per rappresentare i risultati delle elezioni regionali e delle primarie del centro sinistra appena svolte, questa parola non potrebbe essere che “CAMBIAMENTO”. Nelle recenti elezioni per il rinnovo dell’assemblea regionale, dopo più di sei decenni di immutabile continuità del sistema politico siciliano, gli elettori hanno deciso finalmente di cambiare scegliendo alla guida della regione siciliana un uomo della sinistra, un comunista proveniente addirittura da rifondazione e che in più rappresenta una chiara opzione antimafia.
Questa volontà di cambiamento che il voto siciliano ha documentato in modo incontestabile si è espressa non soltanto con l’elezione di Crocetta alla presidenza, ma ancor di più con il risultato assolutamente straordinario ottenuto dal M5S.
Quasi 1 elettore su 5 che si è recato alle urne ha votato non per un candidato del M5S ma per il M5S, cioè voglio dire che la qualità dei singoli candidati non è stata assolutamente presa in considerazione dagli elettori, il voto è andato al movimento.
Tale voto è da interpretare come un voto teso a scardinare il sistema dei partiti e della politica tradizionale, infatti paradossalmente laddove più radicato era il controllo politico del territorio e del voto, più forte è stato il consenso verso il movimento anti-partiti.
Quindi i risultati delle elezioni regionali siciliane, valutate nel loro complesso, esprimono in modo inequivocabile una domanda inarrestabile di cambiamento vero.
L’analisi dei flussi elettorali smentisce l’affermazione che il M5S abbia portato alle urna la gente che non aveva intenzione di votare. Non è così non solo per l’evidenza schiacciante dell’aumento generale dell’astensionismo, ma anche perché questa analisi dimostra come il partito anti-partiti abbia costruito il suo successo solo portando via elettori dal carniere degli altri partiti e non chiamando a votare gli astenuti storici e recidivi.
In estrema sintesi emerge che i 5Stelle mettono insieme i lori consensi scippandoli soprattutto a sinistra; infatti il PDL cede a Cancilleri solo il 7% dei sui elettori, mentre ha votato 5S un elettore su tre che precedentemente aveva votato per l’estrema sinistra, un elettore su 4 che aveva votato PD, un centrista su cinque e un dipietrista su sei.
Questa analisi ci indica che Grillo conquista i disillusi nei partiti, ma non ancora i nauseati dai partiti.
Questo ci paventa un quadro tutt’altro che rassicurante in cui il successo dei grillini avviene inglobando la delusione di chi aveva sempre votato, soprattutto a sinistra, ma rimane ancora non sfruttato dai grillini quell’enorme serbatoio del non-voto di protesta che anzi si è nel contempo accresciuto. Viene da chiedersi dove potrà arrivare il movimento se riuscirà a fare breccia in questo diga che contiene più del 50% degli elettori?
Le primarie del centro sinistra del 25 novembre sono state un grande successo della politica perché sono riusciti a mobilitare oltre agli attivisti dei partiti anche tanti cittadini e giovani che si sono lasciati coinvolgere dalla sfida.
Queste primarie, a mio avviso, sono state le prime vere primarie che il PD ha celebrato finora; nel senso che questa è la prima volta in cui l’esito della consultazione non è scontato e in cui anche il candidato outsider è realmente in grado di competere per la vittoria; probabilmente proprio questo è stato il vero motore della grande partecipazione democratica alle primarie del centro sinistra, che ha visto più di tre milioni di elettori mettersi in fila per recarsi alle urne. C’è da sperare che tale metodologia di selezione dei candidati, che vede arbitro l’elettore, diventi una prassi consueta oltreché a livello nazionale anche a livello regionale e locale.
In queste primarie è accaduto che l’outsider Renzi, pur avendo dalla sua una piccolissima parte dell’apparato del partito, ottiene più del 35% dei consensi e va al ballottaggio con Bersani.
Ebbene è chiaro a tutti che il successo di Renzi, al di là delle differenze programmatiche con Bersani, sia stato legato in gran parte all’uso della parola chiave “rottamazione” con tutte le sue implicazioni, che più di altre parole chiave è stata introiettata dagli elettori e che rappresenta uno dei tanti modi in cui si può declinare il concetto di rinnovamento della politica e di cambiamento.
Quindi anche questo voto, cosi come il voto siciliano per le elezioni regionali, rappresenta una non equivocabile domanda di cambiamento della politica e soprattutto dei politici; richiesta, che in questa ultima competizione, è ascrivibile in modo assolutamente specifico all’elettorato di centro sinistra.
Io ritengo che da queste riflessioni, che il voto alle regionali e alle primarie ci propone, il PD di Piazza Armerina non possa prescindere nell’effettuare le scelte che andranno fatte per affrontare la prossima campagna per le elezioni amministrative del 2013.
A mio avviso questo partito dovrà manifestare la volontà di interpretare, in modo chiaro e con scelte coerenti, l’esigenza ormai inderogabile di rinnovamento della politica e di cambiamento.
Scelte che nello specifico sono relative ai criteri che sottendono alla formazione delle liste elettorali, alle alleanze, alla proposizione della squadra assessoriale e finanche alla selezione del candidato sindaco.