lunedì 12 maggio 2014

E' morto Armando. Lo ricorda MARIO NOTO




di MARIO NOTO

Era Sabato pomeriggio.
Arriva nel telefonino un sms di un mio amico, che mi dice che Armando era in condizioni gravi in ospedale. Io leggendo l' sms stentavo a crederci.
Due giorni prima lo vidi in Piazza Garibaldi, seduto nei gradini della Chiesa di Fundrò, mi chiese se avevo il classico euro che di consuetudine domandava a tutte le persone che incontrava. Gli dissi che non ne avevo, gli diedi qualche centesimo che avevo in tasca. Mi chiese una sigaretta. Lo guardai in faccia e lui guardò me, con quegli occhi grandi e intensi . Gli dissi che non potevo dargli la sigaretta, in quanto la sua salute non glielo permetteva. Mi mandò a quel paese. Ieri pomeriggio ho fatto un giro in macchina e in uno spazio dedito agli avvisi mortuari ho visto l'annuncio funebre con il suo nome. Mi ha preso un forte senso di rammarico leggendo il suo nome in quel manifesto appiccicato di fresco. Armando era come un personaggio uscito fuori da una canzone di De Andrè. Per la società in cui viveva era considerato un vinto, un ultimo, a volte oggetto di scherno e ripudio per le persone cosidette "civilizzate". Ricordo gli appuntamenti che ci davamo fuori dalla Casa di Riposo, dove alloggiava. Ci eravamo dati un patto. Io lo fotografavo in cambio di sigarette, soldi o di cibo. Ogni Domenica alle ore 14:00 usciva dall'ospizio dove alloggiava, io lo aspettavo, lui mi vedeva e con la sua voce rauca e un sorriso malconcio (ma come se avesse trovato uno che lo capiva) mi diceva sempre le testuali parole "Passarottu, nent m'hai purtatu?". Io uscivo una busta con dentro dei tranci di pizza (ne era ghiotto), comprata in qualche rosticceria. dopo che fumavamo una sigaretta insieme cominciavo a fotografarlo. Era bello fotografare il suo sorriso, il suo sguardo, la sua espressione sempre triste che racchiudeva dentro mille emozioni, che purtroppo non erano mai uscite. Spesso mi raccontava le sue storie. Di quello che aveva mangiato all'ospizio, di quello che succedeva nella sua camera. Per salutarci spesso mi chiedeva 5 o 6 sigarette. Io gliele davo e lui scendeva la scalinata parlando da solo e incamminandosi per la Città. Stamane in Piazza Garibaldi era come se mancasse qualcosa, la gente parla della sua scomparsa, tra un mi dispiace e un cinico sentir dire "Finalmente ha smesso di soffrire". Che si voglia o no, Armando fa parte della storia di questa Città, lasciando indelebile la sua memoria. R.I.P. Armando.

Chi sono

Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com


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"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"

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