di Catania.
"LE COMUNITÀ DI GELA, PIAZZA ARMERINA, NISCEMI E LICODIA EUBEA, SUBISCONO:
LA VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI LEGALITÀ;
LA VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DEMOCRATICO;
LA VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO AUTONOMIE LOCALI.
L'attuale
suddivisione geografico-amministrativa degli Enti territoriali di secondo
livello siciliani è frutto di scelte che, nel tempo, mai hanno tenuto in
considerazione le identità territoriali ed i legami storico-culturali dei
comuni in essi ricompresi.
Ciò, invero, ha comportato nel tempo un uso
irrazionale delle risorse pubbliche destinate ai servizi la cui gestione era
demandata a detti Enti e la irrazionalità delle scelte di pianificazione
strategica operate (specie in ambito infrastrutturale) in ambito sovracomunale,
più orientate al mantenimento economico di centri urbani assurti al ruolo di
capoluogo (per scelte politiche) che alle reali esigenze dei territori
economicamente produttivi.
In questo quadro, le città di Gela, Piazza Armerina e Niscemi, situate nell’area centro-meridionale della
Sicilia e facenti storicamente parte del Val di Noto, con la suddivisione
amministrativa voluta dal Governo borbonico del Regno delle due Sicilie,
vennero ricomprese all’interno della allora Provincia di Caltanissetta
(comprendente i distretti di Caltanissetta, Gela chiamata allora Terranova e
Piazza fra i 23 distretti Siciliani).
Nel 1927 il regime Fascista
modificò ulteriormente la geografia politica e l'assetto amministrativo della
Sicilia, mutando funzioni e compiti delle Province e creando ex novo la Provincia di Enna
(sostanzialmente scorporando dalla Provincia borbonica di Caltanissetta il
territorio grossomodo corrispondente al distretto di Piazza e mutandone
arbitrariamente il capoluogo), creando ulteriore frammentazione amministrativa
e separando Gela e Niscemi da Piazza Armerina (che, peraltro, è pure sede della
Diocesi a cui appartengono).
Da allora queste comunità hanno sempre provato a ricongiungersi
amministrativamente tra loro, tentando
più volte, in armonia con le prerogative Statutarie della Regione Siciliana e
della legislazione regionale di volta in volta vigente, la costituzione di un
nuovo Ente territoriale di secondo livello i cui confini ricalcassero le
effettive identità territoriali, consentendo anche di realizzare risparmi
derivanti da economie di scala nella gestione dei servizi.
Questi tentativi, tuttavia, sono sempre stati ostacolati da un'Assemblea
Regionale Siciliana i cui membri si sono sempre mostrati più attenti a
difendere i propri interessi elettorali che a rispondere alla volontà dei
cittadini.
Emblematico il caso dell'ultimo tentativo per la costituzione della
Provincia Regionale di Gela (sarebbe
stata la decima ex l.r. Siciliana n.9/86) risalente al 2010.
Primo caso di proposta di Legge regionale popolare della Sicilia, fu
anche la prima in Italia per l’istituzione
di una nuova Provincia (o Ente intermedio ad essa assimilabile).
18.655 (diciottomilaseicentocinquantacinque) cittadini sottoscrittori
del progetto di legge regionale espressero la loro volontà su schede
appositamente prodotte all’Assessorato delle Autonomie Locali e dallo stesso
vidimate.
Ma anche in quella occasione, l'Assemblea Regionale Siciliana decise,
con argomentazioni risibili ed ai limiti del lecito, di non tener conto delle
legittime aspirazioni dei cittadini di questo territorio.
*****
In tempi più recenti è stato
avviato in Italia un processo di riforma costituzionale che include anche la
revisione del Titolo V della parte II della Costituzione, con particolare
riguardo al riparto di competenza legislativa tra Stato e regioni e alla
soppressione dal testo costituzionale del riferimento alle province, tenendo
conto, altresì, del processo di riforma degli enti territoriali in atto;
In
questo quadro, con la l.r. 7/2013, la Regione Siciliana provvedeva, visto
l’art. 15 del proprio Statuto, a sopprimere le “provincie regionali” istituite
entro i propri confini con la l.r. 9/1986 rinviando ad altro atto legislativo
l’istituzione di nuovi Enti territoriali intermedi sostitutivi dei precedenti.
(doc. 1)
Conseguentemente
la regione Siciliana - con legge regionale 24 marzo 2014, n. 8 – ha
disciplinato l’istituzione di nove liberi consorzi comunali, coincidenti in
sede di prima applicazione della legge con le Province regionali di Agrigento,
Caltanissetta, Catania, Enna, Messina, Palermo, Ragusa, Siracusa e Trapani, e
delle Città metropolitane di Palermo, Catania e Messina e quindi di un totale
di dodici Enti intermedi; (doc.2)
Successivamente
all’entrata in vigore della citata legge regionale n. 8 del 2014, i comuni di
Gela, Niscemi (appartenenti alla ex provincia regionale di Caltanissetta) e
Piazza Armerina (appartenente alla ex
provincia regionale di Enna) hanno avviato la procedura di adesione al
libero consorzio di Catania, mentre il
comune di Licodia Eubea (appartenente alla ex provincia regionale di Catania)
ha avviato la procedura per l’adesione al libero consorzio comunale di Ragusa;
(doc. 3, 4, 5, 6)
I
comuni citati hanno avviato e concluso la procedura di adesione così come
previsto dagli articoli 2 e 9 della citata legge regionale n. 8 del 2014 ossia
l’approvazione di una delibera del consiglio comunale adottata con maggioranza
dei due terzi dei componenti e la sottoposizione della stessa ad un referendum
confermativo; (doc. 7, 8, 9, 10)
Accertata
la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge regionale n. 8 del 2014 (ex
articolo 2, comma 5), l’Assessorato Regionale delle Autonomie Locali e della
Funzione Pubblica ha pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Regione
siciliana le delibere e i risultati dei referendum che hanno visto circa 36.000
cittadini recarsi alle urne con risultati schiaccianti a conferma delle
rispettive delibere consiliari; (doc. 11, 12, 13, 14)
La
legge regionale n. 8 del 2014 prevedeva a questo punto la presentazione (ex
comma 7, articolo 2) da parte del Governo della Regione di un disegno di legge
che contestualmente all’individuazione dei territori dei liberi consorzi
prevedesse, altresì, le modifiche conseguenti all’eventuale adesione o distacco
di comuni ad altro o da altro Ente intermedio ai sensi dell’articolo 9 della
stessa legge regionale n. 8 del 2014;
Tuttavia
a livello centrale lo Stato interveniva con la legge 7 aprile 2014, n. 56, (cd.
‘legge Delrio') a dettare un'ampia riforma in materia di Enti Locali,
prevedendo, nelle more dell'approvazione della riforma costituzionale del
titolo V, l'istituzione e la
disciplina delle città metropolitane e
la ridefinizione del sistema delle
province, oltre ad una nuova disciplina in materia di unioni e fusioni
di comuni, volta in particolare ad incentivare la loro istituzione e alla
realizzazione della gestione associata delle funzioni e dei servizi comunali, e
questo – come esplicitato al comma 1 dell’articolo 1 della citata legge n. 56
del 2014 – al fine di adeguare l’ordinamento di tali enti territoriali e locali
ai princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza;
Di
pari passo al riordino istituzionale si è proceduto anche alla riforma della
pubblica amministrazione con l’obiettivo non solo di generare un risparmio in
termini di spesa pubblica ma anche di ridurre le sovrapposizioni dei livelli
istituzionali di decisione e di gestione, di semplificare ed accelerare la
capacità di risposta dello Stato e della p.a. al fine di migliorare
l’efficienza, l’efficacia e l’economicità dell’azione amministrativa, a
vantaggio dei cittadini e delle imprese;
La
Regione Siciliana, quindi, visti anche i rilievi fatti dal Governo centrale
sulla normativa regionale, per tramite del Sottosegretario all’uopo delegato,
decideva di legiferare nuovamente sulla materia e con legge 4 agosto 2015,
n.15, recante disposizioni in materia di liberi consorzi comunali e Città
metropolitane, ha modificato il precedente assetto, mutando i confini degli
enti territoriali, istituendo sei liberi consorzi e le tre Città metropolitane
per un totale di nove Enti intermedi; (doc. 15, 16, 17)
Ciò
ha comportato un mutamento, in corso d’opera, delle regole poste ai comuni che
avevano già correttamente espletato il procedimento di variazione territoriale
e, al fine di salvaguardare la volontà già espressa dai comuni e dalle loro
cittadinanze chiamate a votare i referendum confermativi, per Gela, Niscemi, Piazza Armerina e Licodia
Eubea la necessità – ai sensi dell’articolo 44, della citata legge regionale n.
15 del 2015 - di approvare, come unico adempimento a loro carico, una nuova
delibera consiliare di adesione ad altro Ente intermedio. (doc. 18, 19,20,21)
Tali
delibere sono state approvate e immediatamente comunicate all’Assessorato
Regionale delle Autonomie Locali.
Il Governo regionale, che nel
rispetto del dettato normativo legge, avrebbe dovuto presentare,
tempestivamente, i DDL contenenti le variazioni territoriali, soltanto mesi
dopo ed a seguito della notifica di un primo atto stragiudiziale di diffida da
parte dei comitati promotori provvedeva ad elaborare i quattro disegni di legge
relativi alle variazioni territoriali presentandoli all’Assemblea Regionale
Siciliana(ARS). (doc., 22, 23)
Questi ddl, corredati della
relazione Governativa e dei pareri degli Organi tecnici, venivano
trasmessi per l’esame alla I Commissione permanete - affari istituzionali – perché emettesse
parere finalizzato all’approvazione da parte del plenum dell’Assemblea; (doc., 24,
25, 26, 27)
L’esame dei ddl in I^
Commissione si è concluso, come si evince nell’atto di
diffida che i comuni di Gela, Piazza Armerina e Licodia Eubea hanno notificato
in data 26 maggio 2016 al Presidente della Regione Sicilia, al Presidente
dell’ARS, all’Assessore regionale delle Autonomie Locali e della Funzione
Pubblica e al Sindaco di Catania, con la
proposta di respingimento da parte dell’Assemblea dei disegni di legge senza
che il loro contenuto fosse stato effettivamente esaminato; (doc. 28,
29)
Questo
nonostante che, la I^ Commissione - come
si evince dai resoconti dei lavori preparatori relativi all’approvazione della
citata legge regionale n. 15 del 2015, citati nei predetti atti di diffida -
avesse ritenuto diritto acquisito dei soli comuni di Gela, Niscemi, Piazza
Armerina e Licodia Eubea di rinnovare la scelta operata tramite delibera
consiliare confermata da referendum;
risulta
palese, dunque, l’irragionevolezza del comportamento tenuto dalla I^
Commissione – affari istituzionali - dell’Assemblea Regionale Siciliana, la
quale tra l’altro imputa ai citati comuni omissioni di adempimenti neppure
previsti dalla legge regionale n. 8 del 2014 e certamente non previsti dal procedimento speciale e vincolato dettato
dalla vigente legge regionale 4 agosto 2015, n. 15 che, in ogni caso, neppure
avrebbero dovuto essere oggetto d’esame;
quanto
sopra esposto si configura come una
preclara violazione dei principi della legalità, secondo il quale lo Stato – in
questo caso la Regione Siciliana – deve essere il primo a rispettare le sue
leggi, della democrazia, che riconosce la sovranità popolare esercitata nelle
forme legalmente previste e del principio delle autonomie locali;
la
mancata approvazione da parte dell’Assemblea Regionale Siciliana dei citati disegni
di legge di variazione territoriale, comportando la non conclusione del
procedimento speciale e vincolato di cui all’articolo 44 della legge n. 15 del
2015 e, di conseguenza, la mancata
attuazione della stessa comporta come ulteriore aggravio anche una situazione
di persistente ambiguità relativa all’organizzazione dei servizi e alla
programmazione dei territori di area vasta, il cui riverbero negativo sui
cittadini interessati è evidente;
Oltre
che il rischio attuale e concreto che la già minacciata impugnazione dei
provvedimenti amministrativi in esecuzione della predetta l.r. 15/15 innanzi al
competente Tribunale Amministrativo Regionale, vista anche la illegittima
composizione del corpo elettorale degli Enti intermedi di cui si discute fin
quando non venga dato seguito alla completa attuazione della normativa vigente,
possa dare lo spunto perché vengano sollevate incidentalmente questioni di
illegittimità costituzionale anche alla luce del nascente conflitto
istituzionale fra Regione Siciliana e Comuni su questa vicenda, facendo correre
anche il rischio di un blocco delle elezioni degli Organi di ben 4 Enti
intermedi su 9 (fra cui spicca la Città metropolitana di Catania).
(doc. 30, 31, 32)
Tutto ciò in cui i cittadini hanno creduto e credono sembra svanire: la
democrazia, l’osservanza delle regole,
il rispetto reciproco, la libertà dei popoli e delle comunità, le leggi.
Tutto, ad oggi, è vano. In Sicilia, piccola porzione dell’evoluta
Europa, è avvenuto quello che noi europei contestiamo ai paesi più arretrati e
violenti in ogni parte del mondo. La violazione del principio di legalità;
la violazione del principio democratico; la violazione del principio delle
autonomie locali.
Permane, ad oggi, un silenzio preoccupante che, portato alle estreme
conseguenze, potrebbe perfino minare il rispetto dei cittadini nelle
Istituzioni democratiche della nostra Repubblica.
Ci rivolgiamo a Voi, come
ultimo atto interlocutorio nella consapevolezza che un silenzio del Governo
nazionale su questa vicenda sarebbe assordante e mostrerebbe quanti rischi
corre la democrazia nelle periferie dell’Europa e quanta poca libertà e
garanzia dei diritti e dei principi
fondamentali di una democrazia compiuta caratterizzi la Sicilia, con la
complicità dello Stato."