Sig. Presidente del Consiglio, colleghi consiglieri,
dopo un’attesa interminabile, e dopo un lungo dibattito pubblico, finalmente la problematica relativa al concorso per il profilo di Funzionario Direttivo contabile approda in questo civico consesso.
Prima di esporre le nostre censure a questa procedura selettiva, mi sia consentito di ribadire il mio dissenso rispetto alla decisione, assunta dalla conferenza dei capigruppo, che ha impedito ad un rappresentante dell’Associazione Notarbartolo di partecipare a questa seduta.
Con questa decisione non soltanto si è fatto un torto a chi per primo aveva individuato i vizi di questa procedura, ma si è anche impoverito questo dibattito, il cui livello di approfondimento poteva essere assai più incisivo.
Un simile atteggiamento contrasta non solo con la lettera e lo spirito dell’art. 52, allegato D), dello Statuto comunale, ma anche con il principio di partecipazione del privato al procedimento amministrativo, tutelato e promosso tanto dalla l. 241/90, quanto dal D. lgs. 267/2000.
Esaurita questa breve precisazione, mi pare necessario, al fine di far comprendere le nostre censure alla procedura selettiva, esporre brevemente i fatti che sono all’origine del nostro dissenso.
Vi darò talmente tanti argomenti per convincervi che questo concorso è una colossale ingiustizia che se qualcuno di voi sosterrà il contrario, al termine di quello che avrò detto, lo farà perchè vittima del pregiudizio o della malafede.
Questa vicenda trova la sua genesi nel bando di concorso che venne pubblicato, in copia non integrale, nella Gazzetta Ufficiale della Regione Sicilia n. 18 del 28/11/2008.
Il predetto bando, come è noto, nell’individuare i requisiti di accesso, prevedeva accanto al possesso della Laurea in Economia e dell’Abilitazione all’esercizio della professione di dottore commercialista, un altro elemento di accesso.
Questo ulteriore requisito era costituito da una non meglio precisata “….esperienza, adeguatamente documentata, di direzione del Servizio Economico e Finanziario per un periodo non inferiore a 3 anni, cumulabili, in Amministrazioni Pubbliche…..”.
Questa clausola, ad onore del vero, non era presente nella delibera di Giunta Municipale n. 110 del 17/10/2005, con la quale la precedente amministrazione, nel definire i requisiti di partecipazione allo stesso concorso, aveva indicato soltanto la Laurea in Economia e Commercio nonché l’abilitazione professionale.
La necessità di questo elemento, secondo quanto affermato dalla responsabile del servizio di gestione delle risorse umane con la nota prot. 2522 del 27/01/2009, sarebbe derivata da una nuova delibera di Giunta, la n. 132 del 18/11/2008.
Con la delibera da ultimo richiamata l’Amministrazione Nigrelli, in modifica della delibera 110/05, approvata dalla Giunta Prestifilippo, riteneva possibile inserire all’interno del bando di concorso un ulteriore elemento necessario per l’accesso.
Peculiari sono anche le modalità di introduzione di questo requisito, nel momento in cui, in sede di emendamento, la Giunta Nigrelli afferma, cito testualmente, che “Per i profili professionali ascrivibili alla categoria “D” posizione giuridica “D3” il relativo bando di selezione potrà prevedere specifiche esperienze professionali”.
Come illustrerò fra poco, questa clausola non è altro che la rozza e comica delega di un potere che in realtà è indelegabile.
In ogni caso, fu proprio questo requisito che attirò le attenzioni dei membri dell’Associazione Notarbartolo, i quali rilevarono, già in prima battuta, un profilo di incoerenza interna nel rapporto fra questa clausola capestro e i criteri selettivi previsti nello stesso bando.
Per essere più chiari, la preventiva certificazione di una competenza professionale appare del tutto superflua, per non dire del tutto assurda, in un sistema selettivo congegnato con un esame che non solo in astratto, ma anche in concreto, può permettere alla commissione di verificare l’attitudine professionale dei candidati.
Se infatti la causa del potere esercitato con le procedure selettive è l’accertamento della professionalità per mezzo delle prove d’esame, ci sembra non rispondente ai principi di razionalità amministrativa il dover certificare a priori tale competenza.
In questo senso, in una vicenda analoga, dove un requisito di accesso speciale era stato stabilito addirittura da un atto normativo, il TAR del Lazio ha censurato tale disposizione, accogliendo il ricorso della parte attrice (si veda TAR Lazio, sentenza n. 20062150 del 29/03/2006).
A quanto sopra detto occorre aggiungere che non si rinviene, nel nostro ordinamento, una disciplina legislativa che imponga un requisito del genere in capo al profilo professionale di Funzionario direttivo contabile.
A dire il vero, per la figura del Dirigente – e si sottolinea per la figura del Dirigente, che è cosa ben diversa da quella del funzionario – l’art. 28 del D. Lgs. 165/2001 prevede che, in aggiunta alla laurea, il candidato debba possedere anche ulteriori requisiti per la partecipazione al concorso.
Ma le prescrizioni di quel caso non sono estendibili analogicamente alla fattispecie in questione, in primo luogo perché non esiste nessuna legge, statale o regionale, che imponga ulteriori requisiti specifici o specializzanti in capo alla diversa figura del funzionario.
Ma se anche, per assurda ipotesi, si ritenesse di estendere per analogia al funzionario i requisiti previsti per il dirigente, ci si renderebbe conto che rimarrebbe comunque un profilo di grave anomalia.
Infatti, nella procedura concorsuale per l’accesso alla dirigenza, gli elementi speciali che permettono la partecipazione al concorso sono parecchi e diversificati, a tutela di diversi percorsi professionali.
Nella fattispecie, invece, il requisito speciale previsto dal bando è uno solo, e non è prevista una alternatività di altri elementi di accesso, per tutelare i titolari di altre esperienze professionali.
Ma oltre alla stranezza di questo singolare ed unico requisito speciale, quello che più ci ha lasciato perplessi è il processo di maturazione amministrativa di questo elemento.
Per essere ancora più espliciti, il requisito dell’esperienza triennale contenuto nel bando è tale che, per le sue stesse caratteristiche intrinseche, può derivare anche da un incarico discrezionale di nomina politica.
In altre parole, si premia il laureato ed abilitato che abbia delle buone amicizie rispetto a quello che invece di queste amicizie sia privo.
Questo perché, sia detto per inciso, incarichi del genere non sono quasi mai affidati ai più capaci e meritevoli, quanto piuttosto ai più fortunati e raccomandati.
Ed è questo l’aspetto più pesante ed inquietante di tale procedimento amministrativo: il fatto che il privilegio di un incarico di nomina politica possa tradursi in un requisito indispensabile, ancorché non esclusivo, di accesso ad una procedura selettiva.
Questo bando, in tal modo, ha platealmente violato l’art. 35, comma 3, lettera b), del D. Lgs. 165/2001, nella parte in cui impone alle pubbliche amministrazioni dei meccanismi di selezioni che assicurino, cito testualmente “…adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire…..”.
Tanto più che la norma sopra richiamata è idonea a fondare anche sul piano logico la censura di un requisito congegnato in tal modo.
Infatti, nell’inserire questa clausola, sembra quasi che l’Amministrazione abbia ritenuto che il possesso di una esperienza professionale sia l’equivalente della competenza professionale.
I due termini, però, non mi sembra che siano perfettamente fungibili.
Volendo semplificare questa riflessione, mi preme dirvi che conosco decine di persone le quali, pur essendo titolari di patente di guida da molti anni, sono tuttavia molto meno brave di neopatentati che hanno superato l’esame da pochi giorni.
Sotto questo profilo, si può tranquillamente dire che quei soggetti possiedono quella che questo bando avrebbe definito esperienza, ma sono privi di quel requisito che io vorrei definire competenza, il quale rappresenta, a mio avviso, il solo elemento che deve differenziare i candidati di un concorso.
Per questa, e per tante altre ragioni che non voglio illustrare per non appesantire questo dibattito, esistono in questo bando degli indici sintomatici di un eccesso di potere nell’apposizione di questa clausola capestro.
Ma se questo vizio potrebbe anche non ritenersi esistente, in ragione di una diversa valutazione sull’esercizio del potere discrezionale dell’Ente, molto più marcato, e del tutto indiscutibile, si presenta invece il vizio attinente alla incompetenza funzionale dell’organo che ha introdotto questo requisito speciale.
Per rendere più chiara questa affermazione, crediamo sia utile partire dai dati normativi che gettano un’ombra sinistra in capo a questa Giunta comunale.
A tal proposito, il punto di partenza per acclarare l’illiceità del concorso “de quo” non può che essere rappresentato dall’art. 35, comma 7, del D. Lgs. 165/2001, il quale dispone, cito testualmente, che: “Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi degli enti locali disciplina le dotazioni organiche, le modalita' di assunzione agli impieghi, i requisiti di accesso e le procedure concorsuali, nel rispetto dei principi fissati dai commi precedenti.”.
Questa disposizione introduce una riserva di regolamento in capo alla Giunta, prevedendo che sia disciplinato non con il bando, bensì con un regolamento deliberato dalla Giunta, ogni requisito di accesso ai concorsi.
Come è noto, ai sensi dell’art. 48, comma 3, del D. Lgs. 267/2000, la disciplina del regolamento di organizzazione degli uffici e servizi è un atto di competenza esclusiva della Giunta, nel rispetto dei criteri definiti dal civico consesso.
Come insegna la dottrina amministrativa, ogni volta che il legislatore ha introdotto una riserva, sia di legge che di regolamento, ha automaticamente evitato che altre fonti normative o attuative possano incidere sulla stessa materia oggetto di riserva.
Invece, come si evince dalla disamina della delibera di Giunta n. 132 del 18/11/2008, l’Amministrazione Nigrelli, innovando tutto il diritto amministrativo, ha delegato l’indelegabile, cioè ha demandato alla responsabile del servizio il potere di approvare discrezionalmente un requisito di concorso.
In altri termini, la Giunta si è spogliata di un potere proprio, e lo ha messo nelle mani di un organo burocratico!!!
Tale è infatti il senso della prescrizione della delibera di Giunta n. 132/08 secondo cui “Per i profili professionali ascrivibili alla categoria “D” posizione giuridica “D3” il relativo bando di selezione potrà prevedere specifiche esperienze professionali.”.
Per rendersi conto della gravità di quanto è successo, sarebbe come se questo civico consesso rimettesse al ragioniere Scimone l’approvazione delle norme regolamentari sull’ICI, con palese violazione del dettato normativo di cui all’art. 42, comma 2, lett. f) del D. lgs. 267/2000, che riserva quella competenza al Consiglio comunale.
A dire il vero, noi speriamo che non sia lontano il giorno nel quale la responsabile del servizio potrà esercitare legittimamente la potestà normativa, perché vorrà dire allora che sarà diventata Sindaco di questa città, e sarà sicuramente migliore di tutti i suoi predecessori, compreso l’attuale primo cittadino.
Ma fino ad allora, ci sia consentito, vorremmo chiedere alla responsabile del servizio di non seguire le indicazioni errate che provengono da questa Giunta, anche perché in questo modo rischia di farsi coinvolgere in operazioni di dubbia moralità politica, alle quali è sicuramente estranea, e che in ogni caso non le competono.
Vale in questa sede la pena, per essere più espliciti, di richiamare l’art. 107, commi 1 2 e 3, lett. b) del D. Lgs. 267/2000, il quale stabilisce che “Spetta ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti. Questi si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica e' attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo.
Spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell'ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale, di cui rispettivamente agli articoli 97 e 108.
Sono attribuiti ai dirigenti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dai medesimi organi tra i quali in particolare, secondo le modalita' stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell'ente:
b) la responsabilità delle procedure d'appalto e di concorso.”.
Dunque, come si evince dalla norma, è di competenza dei dirigenti, ovvero dei responsabili di servizi, ai sensi dell’art. 109 del D. lgs. 267/2000, solo l’attuazione delle procedure di appalto e di concorso, e non certo l’esercizio della potestà normativa.
La Giurisprudenza amministrativa ha sempre fortemente disapprovato l’esercizio della potestà normativa da parte di organi diversi da quelli di direzione politica; in questo senso, per una vicenda che presenta dei profili di analogia con la nostra, si veda TAR Campania, Sez. I, 6 Febbraio 2008, n. 580.
A noi sembra che norme come quelle prima richiamate cadano come macigni in capo a chi ha fortemente difeso questo concorso.
Come si evince da tutto quanto detto, pertanto, ci si è trovati di fronte a quello che la dottrina chiama INCOMPETENZA RELATIVA, cioè di fronte al caso in cui l’atto, che doveva essere compiuto da un organo dell’ente, viene posto in essere da un diverso organo dello stesso ente.
Di solito, però, le figure della incompetenza relativa sono assai più sfumate, perché difficilmente capitano dei casi come questo, di impatto così sfacciato.
Alla luce di queste considerazioni, non riusciamo a capire, e vorremmo che ci fosse spiegato, per quale ragione la responsabile del personale è stata costretta ad esercitare un potere a lei non spettante.
Forse perché qualcuno doveva prendere il fuoco con le mani degli altri, ed in questo caso con la mani di una persona per bene. Forse perché aveva troppa vergogna di esporsi direttamente.
Perché è così che si fa la politica, con la negligenza.
Perché è così che si fa la politica, con la menzogna.
Perché è così che si fa la politica, con l’inganno.
Questa vicenda è di una gravità senza precedenti, e sarà certamente una macchia pesante nella storia personale di tutte le persone coinvolte.
Ma oltre a questo profilo, vi è un altro aspetto di questo concorso che mi ha lasciato perplesso, e che riguarda la composizione stessa della commissione giudicatrice.
Infatti, esaminando il bando di concorso, si evince che la commissione d’esame è composta dal Segretario generale, che la presiede, nonché da due esperti di provata competenza, scelti sulla base del regolamento di organizzazione degli uffici e servizi.
E guarda caso, ancora una volta è intervenuta la solerte Giunta Nigrelli a modificare la delibera n. 110/05, con la già citata delibera n. 132 del 18/11/2008, per stabilire che gli esperti di comprovata competenza sono scelti con delibera della stessa Giunta Municipale.
In questo modo mi sembra che la Commissione sia sufficientemente blindata, con un segretario che è organo fiduciario del Sindaco, e con due componenti nominati discrezionalmente dalla stessa Giunta comunale.
E dire che il legislatore regionale, spesso attaccato ipocritamente da Nigrelli, in tempi non lontani aveva emanato la prescrizione di cui all’art. 3, comma 5, della legge regionale n. 12 del 30/04/1991, la quale sanciva che “I componenti delle commissioni sono scelti mediante sorteggio pubblico, a cura della competente amministrazione, tra gli iscritti in apposti elenchi predisposti dall’Assessore regionale per gli enti locali……….”.
A questa disposizione il nostro Comune avrebbe dovuto rifarsi, anziché abusare della sua autonomia per redigere degli atti amministrativi connotati da tanta ingiustizia.
Complimenti per le scelte compiute!
Se questa vicenda venisse a conoscenza di Antonio Ricci, io credo che vi dedicherebbe almeno una decina di puntate del suo TG satirico.
A questo punto, ritenendo sufficientemente chiare le ragioni del mio dissenso, non mi resta che rivolgermi ai colleghi del civico consesso con il cuore in mano.
Questa vicenda è stata l’oggetto di una forte partecipazione popolare, come dimostrano i tanti quesiti posti sui vari blog locali.
Sono stati in molti ad interrogarsi sulla correttezza delle scelte compiute dall’Amministrazione, mai come in questi giorni nell’occhio del ciclone.
Finora l’atteggiamento tenuto dal Sindaco e dalla sua Giunta è stato irritante, assumendo le forme di un silenzio che non sappiamo se definire colpevole ovvero strategico, probabilmente attuativo di un incompiuto “disegno deficiente”, cioè di un progetto nel quale è presente un deficit di legalità, di giustizia e di razionalità.
Ci saremmo aspettati che il Sindaco avesse compiuto marcia indietro, revocando questo bando già nei primi giorni della sua pubblicazione, invece di mantenere il profilo basso su tutta questa vicenda.
Ed invece nulla di tutto questo.
Ci siamo interrogati a lungo, ed in maniera tormentata, nel tentativo di capire quale fosse la cosa giusta da fare.
La risposta è venuta dai cuori e dalle coscienze di quei tanti ragazzi che oggi gridano a gran voce una sola parola: vergogna!!!
La risposta è nei sacrifici di quei ragazzi e dei loro genitori, privi di coperture politiche, e che certamente rifiutano il compromesso e la meschinità di certi faccendieri.
Questa risposta ci impone di proporre un atto di indirizzo per mezzo del quale chiedere alla Giunta la revoca in autotutela di questo concorso schifoso, ingiusto e illegittimo.
Ai colleghi consiglieri io allora vorrei chiedere, aldilà delle appartenenze di partito, di compiere la sola scelta che possa fare sentire i nostri elettori orgogliosi di averci votato.
Al Sindaco Nigrelli, che ha vinto affermando di essere il più corretto fra i candidati, vorrei dire di stare attento alla strada che percorre, poiché è chiaro che oramai in questa, così come in tante altre vicende, egli si trova di fronte ad un bivio.
Da un lato c’è la via del rigore e dell’equità, che impone di compiere scelte difficili e coraggiose, quando le stesse siano rese necessarie al fine di salvaguardare la legalità e la democrazia, così come sarebbe la revoca di questa procedura selettiva.
Dall’altro lato c’è la tentazione del potere, del cinismo politico, che nella nostra realtà locale ha conosciuto la sua massima espressione nella occupazione usurpativa delle amministrazioni.
Nigrelli deve scegliere da che parte stare.
Se sceglierà di difendere questo bando, vorrà dire che avrà rinnegato quei principi di giustizia ed equità per i quali ha spesso affermato di essersi impegnato.
Dovremmo allora concludere, ribadendo un pensiero già espresso, che se un uomo non combatte per le idee in cui crede, o quelle idee non valgono niente, o non vale niente lui.
Piazza Armerina, 20/03/2009.
____________________
Giuseppe Falcone
venerdì 24 marzo 2006
L'intervento integrale di Falcone in aula sul caso Centonze
Chi sono
Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com
___________
"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"
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