la Rete — Piazza Armerina
Gruppo Consiliare
OGGETTO: Testo dell'intervento sulla Istituzione della provincia del Golfo letto dal consigliere Sella a nome dei consiglieri Arena, Murella, Roccaverde.
Signor Presidente, Colleghi Consiglieri,
quando iniziammo questa avventura che è la nostra presenza in Consiglio Comunale, non avremo mai pensato di dovere trovarci a discutere di una questione così importante, che implica un incommensurabile senso di responsabilità e i cui effetti, qualunque sarà la decisione che prenderemo, si misureranno nei tempi lunghi della storia.
Purtuttavia questa, come altre, fa parte delle responsabilità che ci siamo assunte al momento del giuramento e, pertanto, non ci tireremo indietro rispetto al nostro dovere, sebbene concordiamo con quanto ha detto egregiamente il vicepresidente Venezia, sulla precipitazione con la quale stiamo dovendo affrontare la questione dell'adesione o no ad un nuovo ente intermedio, la Provincia del Golfo.
Sarebbe stato giusto che a questo dibattito e alla votazione che ci sarà questa sera, si giungesse dopo un lunghissimo confronto, un serrato approfondimento al quale avrebbero dovuto partecipare tutte le forze sane di questa città, dalle forze imprenditoriali, ai rappresentanti dei lavoratori, ai semplici cittadini. Sarebbe stato giusto, inoltre, che tutto questo dibattito, questo confronto avvenisse con il massimo di pubblicità possibile, in modo da potere raggiungere la maggior parte dei nostri 22.000 concittadini.
Così non è stato, purtroppo, per una serie di motivi che, a questo punto, è superfluo ricercare: vi sono state resistenze, omissioni al limite dell'ostruzionismo, leggerezze, distrazioni. Tutto questo, però, è solo acqua passata. Oggi e nella prossima seduta, noi Consiglieri Comunali di Piazza Armerina dovremo cercare di interpretare la volontà dei nostri concittadini una volta di più.
Il ragionamento che vorremmo sviluppare sulla questione della istituzione della Provincia del Golfo presenta tre aspetti che intendiamo approfondire:
- i rapporti con il nostro attuale capoluogo;
- le prospettive per Piazza in un nuovo ente intermedio;
- la titolarità della scelta ultima.
Partirò dalla prima questione.
Tutti noi sappiamo che è diffuso, tra le nostre genti, un sentimento di concorrenza campanilistica con la città di Enna che ha profonde radici storiche le quali risalgono al quel lontano 1926 in cui Enna venne scelta da Mussolini quale capoluogo di una nuova provincia, penalizzando città allora più importanti tra cui proprio la nostra. Si tratta di un sentimento che è, pertanto, anche di rivalsa il quale si è concretizzato diverse volte nel corso dei cinquant'anni seguiti alla Guerra: spesso ci hanno raccontato i miei parenti, delle manifestazioni organizzate dall'avv. Italo Scarpa al grido di Abbasso Enna fascista; abbasso Enna provincia.
Più recentemente, nel 1987, allorquando si presentò per la prima volta la possibilità di concorrere a formare la nuova provincia del Golfo, il Consiglio Comunale, sebbene di strettissima misura, votò l'adesione al nuovo ente territoriale, sancendo il desiderio di lasciare la provincia di Enna.
Voglio essere chiaro: noi non condividiamo questo senso di rivalsa, di campanilismo, di ostilità nei confronti di Enna che è diffuso tra i nostri concittadini; soprattutto non ne condividiamo le motivazioni (una presunta umiliazione che Enna eserciterebbe costantemente su Piazza) mentre ne constatiamo le conseguenze (un reale isolamento politico che è dipeso esclusivamente dalla incapacità della nostra classe politica di intessere rapporti con i comuni più vicini).
E, a maggior ragione, riteniamo che sia meschino proporre di scegliere l'adesione alla provincia del Golfo per dare concretezza a questo consolidato sentire. Noi crediamo, invece, che la valutazione dei pro e dei contro debba avvenire sulla base di una attenta analisi dei reali interessi di questa città e delle concrete possibilità che potrebbero aprirsi per il futuro in conseguenza di una tale scelta.
Vengo così alla seconda questione.
Noi non abbiamo la capacità di leggere il futuro e quindi non sappiamo quale potrà essere il risultato della eventuale scelta dell'adesione alla Provincia del Golfo. Sappiamo solo che questo risultato si vedrà fra venti, trenta, cinquanta anni quando, probabilmente, molti di noi non ci saranno più. Noi tuttavia possiamo ragionare sui dati di quello che è successo nei 70 anni che sono trascorsi da quando venimmo d'ufficio tolti alla Provincia di Caltanissetta per essere inseriti in quella di Enna e possiamo ragionare su che cosa significhi istituire, questa volta dal basso, una nuova provincia alle soglie del Terzo Millennio.
Dal 1926 al 1996 gli abitanti di Piazza Armerina sono passati da 38.000 a 22.000, e molte strutture di interesse sovracomunale sono state trasferite o semplicemente cancellate. Non è il caso qui di farne l'elenco poiché tutti abbiamo letto le appassionate pagine scritte sulla storia recente della nostra città dal gen. Villari. Noi non crediamo — lo ribadisco — che questo progressivo impoverimento sia stato causato dal vampirismo di Enna nei confronti di Piazza, quanto piuttosto da due motivi ben più seri: il primo la incapacità di Piazza di darsi una classe politica seria, che avesse a cuore gli interessi cittadini e non quelli di parte, autorevole, a fronte di un'altra città, Enna, capace di selezionare la sua classe dirigente.
Il secondo motivo è la totale omogeneità dell'economia della provincia basata un tempo sull'agricoltura e le miniere, poi sui servizi e sulla chimera del turismo mai realmente decollato. Una omogeneità che ha prodotto un progressivo impoverimento (tutti i comuni attingevano alle medesime risorse), e una sostanziale impossibilità di riconnettersi con i flussi reali dell'economia che, sempre di più, sono decisi dalla differenziazione delle risorse, dalla loro implementazione e dalle sinergie che si riescono a costruire.
Noi crediamo che, stando così le cose, la provincia di Enna, e Piazza all'interno di essa, sono destinate ad una ulteriore, progressiva marginalizzazione, ad un crescente impoverimento.
Per converso: cosa può significare una Provincia che nasce nel 2000? Una provincia che nasce non per volontà di un re, o di un duce, ma per libera scelta di popolazioni residenti in diversi comuni che, sulla base di una condizione paritaria, decidono di costituire insieme questo ente intermedio. E soprattutto, cosa vuol dire oggi che anche la Sicilia si sta proiettando nel futuro dell'informatica diffusa, delle autostrade elettroniche, del lavoro terminalizzato svolto in casa propria, della circolazione di informazioni in tempo reale?
Queste sono le questioni. I nostri oggi devono essere pensieri lunghi, ragionamenti proiettati nel futuro che forse non vedremo, non nel banale, contingente, nel quotidiano o nell'immediato.
Una provincia che nasce nel 2000 — a maggior ragione se costituita da soli sei Comuni — non può che essere una provincia in rete, un ente che nasce quando già la rivoluzione delle reti telematiche è in atto non può che godere di questo privilegio: questo vuol dire che ogni ufficio di interesse provinciale può nascere con cinque sedi periferiche terminalizzate (una in ogni comune) e che, pertanto, la necessità di spostamenti fisici dei cittadini, si riduce drasticamente. Sarà necessario andare negli uffici di interesse provinciale solo quando sarà indispensabile il contatto diretto con i dirigenti o risolvere qualche particolarissima questione.
Tutto ciò significa anche che non sarà più necessario che tutte le sedi centrali degli uffici di interesse provinciale siano concentrati nel comune capoluogo, ma potranno essere distribuiti, secondo gli accordi tra i Comuni contraenti, nei sei comuni, creando negli altri gli uffici periferici terminalizzati. Questo significa, in qualche modo, che sebbene un solo comune sarà ufficialmente capoluogo, ognuno dei sei comuni sarà centro di interessi dell'intera provincia, cioé sarà un piccolo capoluogo.
Infine la possibilità di creare sinergie con settori dell'economia estremamente differenziati: l'industria con gli enormi investimenti di riconversione e recupero ambientale che sono già stati stanziati e assegnati all'area gelese; l'economia legata al mare; quella legata all'agricoltura di Niscemi e Licata; quella delle specificità delle aree interne con le quali contribuirebbero Piazza e Mazzarino. Pensate cosa potrebbe significare riuscire a creare sinergie tra un turismo di costa, un turismo della salute che potrebbero essere realizzati nei 30 km di spiagge tra Gela e Licata e il turismo culturale e ambientale del nostro territorio.
Vi sarebbe da discutere per lungo tempo delle prospettive che possono aprirsi costituendo una provincia regionale nuova con le caratteristiche di quella che viene proposta.
Purtroppo, però, devo contenere il mio intervento nei tempi consentiti e passo, dunque, ad affrontare la terza ed ultima questione:
- la titolarità della scelta.
Noi crediamo profondamente alla democrazia della rappresentanza, quella per cui i cittadini delegano altri cittadini a gestire la cosa pubblica e ad amministrare la comunità, la regione, lo stato. Crediamo pertanto che chi ha l'onore e l'onere di essere scelto quale rappresentante dei cittadini abbia il dovere di assumersi in pieno le responsabilità attinenti con il suo mandato.
Tuttavia concordiamo con quanti hanno posto la necessità di sentire i cittadini su un tema così importante. Se vi fosse stato il tempo, come dicevo all'inizio, di coinvolgere la cittadinanza, non vene sarebbe stata necessità: la questione sarebbe giunta in Consiglio dopo un importante approfondimento e tutti avremmo interpretato una o l'altra posizione con la coscienza di rappresentare una parte dei nostri concittadini o l'altra. Invece occorre decidere subito.
Se noi consiglieri comunali decideremo di votare contro la proposta di delibera che ci verrà sottoposta, ci saremmo ugualmente accollati una responsabilità storica, quella di chiudere la possibilità a questa città di scegliere il proprio futuro. Si tratterebbe, inoltre, di una scelta senza ritorno perché il termine ultimo per la votazione positiva è il 31 dicembre 1995.
Se invece, voteremo positivamente, al di là — in questo momento — di quanto è contenuto nelle delibere, al di là delle posizioni di ognuno, noi potremo dare i cittadini tutti la opportunità di esprimersi mediante referendum consultivo sulla eventuale adesione alla nuova provincia. Così, se venisse confermata la decisione favorevole, essa sarebbe suffragata dalla maggioranza popolare, mentre, se dovessero prevalere i no, il Consiglio Comunale potrebbe immediatamente revocare la delibera annullandone gli effetti nel rispetto, ancora una volta, della volontà popolare.
Questa è la forza delle cose giuste; questa è la forza che ci spinge a decidere di votare favorevolmente alla proposta di delibera, senza animosità con i cugini di Enna, senza volere imporre scelte ai nostri concittadini, ma con la certezza di stare compiendo un servizio a Piazza e ai suoi abitanti che, soli, hanno il diritto di sceglierne il futuro.
Gruppo Consiliare
OGGETTO: Testo dell'intervento sulla Istituzione della provincia del Golfo letto dal consigliere Sella a nome dei consiglieri Arena, Murella, Roccaverde.
Signor Presidente, Colleghi Consiglieri,
quando iniziammo questa avventura che è la nostra presenza in Consiglio Comunale, non avremo mai pensato di dovere trovarci a discutere di una questione così importante, che implica un incommensurabile senso di responsabilità e i cui effetti, qualunque sarà la decisione che prenderemo, si misureranno nei tempi lunghi della storia.
Purtuttavia questa, come altre, fa parte delle responsabilità che ci siamo assunte al momento del giuramento e, pertanto, non ci tireremo indietro rispetto al nostro dovere, sebbene concordiamo con quanto ha detto egregiamente il vicepresidente Venezia, sulla precipitazione con la quale stiamo dovendo affrontare la questione dell'adesione o no ad un nuovo ente intermedio, la Provincia del Golfo.
Sarebbe stato giusto che a questo dibattito e alla votazione che ci sarà questa sera, si giungesse dopo un lunghissimo confronto, un serrato approfondimento al quale avrebbero dovuto partecipare tutte le forze sane di questa città, dalle forze imprenditoriali, ai rappresentanti dei lavoratori, ai semplici cittadini. Sarebbe stato giusto, inoltre, che tutto questo dibattito, questo confronto avvenisse con il massimo di pubblicità possibile, in modo da potere raggiungere la maggior parte dei nostri 22.000 concittadini.
Così non è stato, purtroppo, per una serie di motivi che, a questo punto, è superfluo ricercare: vi sono state resistenze, omissioni al limite dell'ostruzionismo, leggerezze, distrazioni. Tutto questo, però, è solo acqua passata. Oggi e nella prossima seduta, noi Consiglieri Comunali di Piazza Armerina dovremo cercare di interpretare la volontà dei nostri concittadini una volta di più.
Il ragionamento che vorremmo sviluppare sulla questione della istituzione della Provincia del Golfo presenta tre aspetti che intendiamo approfondire:
- i rapporti con il nostro attuale capoluogo;
- le prospettive per Piazza in un nuovo ente intermedio;
- la titolarità della scelta ultima.
Partirò dalla prima questione.
Tutti noi sappiamo che è diffuso, tra le nostre genti, un sentimento di concorrenza campanilistica con la città di Enna che ha profonde radici storiche le quali risalgono al quel lontano 1926 in cui Enna venne scelta da Mussolini quale capoluogo di una nuova provincia, penalizzando città allora più importanti tra cui proprio la nostra. Si tratta di un sentimento che è, pertanto, anche di rivalsa il quale si è concretizzato diverse volte nel corso dei cinquant'anni seguiti alla Guerra: spesso ci hanno raccontato i miei parenti, delle manifestazioni organizzate dall'avv. Italo Scarpa al grido di Abbasso Enna fascista; abbasso Enna provincia.
Più recentemente, nel 1987, allorquando si presentò per la prima volta la possibilità di concorrere a formare la nuova provincia del Golfo, il Consiglio Comunale, sebbene di strettissima misura, votò l'adesione al nuovo ente territoriale, sancendo il desiderio di lasciare la provincia di Enna.
Voglio essere chiaro: noi non condividiamo questo senso di rivalsa, di campanilismo, di ostilità nei confronti di Enna che è diffuso tra i nostri concittadini; soprattutto non ne condividiamo le motivazioni (una presunta umiliazione che Enna eserciterebbe costantemente su Piazza) mentre ne constatiamo le conseguenze (un reale isolamento politico che è dipeso esclusivamente dalla incapacità della nostra classe politica di intessere rapporti con i comuni più vicini).
E, a maggior ragione, riteniamo che sia meschino proporre di scegliere l'adesione alla provincia del Golfo per dare concretezza a questo consolidato sentire. Noi crediamo, invece, che la valutazione dei pro e dei contro debba avvenire sulla base di una attenta analisi dei reali interessi di questa città e delle concrete possibilità che potrebbero aprirsi per il futuro in conseguenza di una tale scelta.
Vengo così alla seconda questione.
Noi non abbiamo la capacità di leggere il futuro e quindi non sappiamo quale potrà essere il risultato della eventuale scelta dell'adesione alla Provincia del Golfo. Sappiamo solo che questo risultato si vedrà fra venti, trenta, cinquanta anni quando, probabilmente, molti di noi non ci saranno più. Noi tuttavia possiamo ragionare sui dati di quello che è successo nei 70 anni che sono trascorsi da quando venimmo d'ufficio tolti alla Provincia di Caltanissetta per essere inseriti in quella di Enna e possiamo ragionare su che cosa significhi istituire, questa volta dal basso, una nuova provincia alle soglie del Terzo Millennio.
Dal 1926 al 1996 gli abitanti di Piazza Armerina sono passati da 38.000 a 22.000, e molte strutture di interesse sovracomunale sono state trasferite o semplicemente cancellate. Non è il caso qui di farne l'elenco poiché tutti abbiamo letto le appassionate pagine scritte sulla storia recente della nostra città dal gen. Villari. Noi non crediamo — lo ribadisco — che questo progressivo impoverimento sia stato causato dal vampirismo di Enna nei confronti di Piazza, quanto piuttosto da due motivi ben più seri: il primo la incapacità di Piazza di darsi una classe politica seria, che avesse a cuore gli interessi cittadini e non quelli di parte, autorevole, a fronte di un'altra città, Enna, capace di selezionare la sua classe dirigente.
Il secondo motivo è la totale omogeneità dell'economia della provincia basata un tempo sull'agricoltura e le miniere, poi sui servizi e sulla chimera del turismo mai realmente decollato. Una omogeneità che ha prodotto un progressivo impoverimento (tutti i comuni attingevano alle medesime risorse), e una sostanziale impossibilità di riconnettersi con i flussi reali dell'economia che, sempre di più, sono decisi dalla differenziazione delle risorse, dalla loro implementazione e dalle sinergie che si riescono a costruire.
Noi crediamo che, stando così le cose, la provincia di Enna, e Piazza all'interno di essa, sono destinate ad una ulteriore, progressiva marginalizzazione, ad un crescente impoverimento.
Per converso: cosa può significare una Provincia che nasce nel 2000? Una provincia che nasce non per volontà di un re, o di un duce, ma per libera scelta di popolazioni residenti in diversi comuni che, sulla base di una condizione paritaria, decidono di costituire insieme questo ente intermedio. E soprattutto, cosa vuol dire oggi che anche la Sicilia si sta proiettando nel futuro dell'informatica diffusa, delle autostrade elettroniche, del lavoro terminalizzato svolto in casa propria, della circolazione di informazioni in tempo reale?
Queste sono le questioni. I nostri oggi devono essere pensieri lunghi, ragionamenti proiettati nel futuro che forse non vedremo, non nel banale, contingente, nel quotidiano o nell'immediato.
Una provincia che nasce nel 2000 — a maggior ragione se costituita da soli sei Comuni — non può che essere una provincia in rete, un ente che nasce quando già la rivoluzione delle reti telematiche è in atto non può che godere di questo privilegio: questo vuol dire che ogni ufficio di interesse provinciale può nascere con cinque sedi periferiche terminalizzate (una in ogni comune) e che, pertanto, la necessità di spostamenti fisici dei cittadini, si riduce drasticamente. Sarà necessario andare negli uffici di interesse provinciale solo quando sarà indispensabile il contatto diretto con i dirigenti o risolvere qualche particolarissima questione.
Tutto ciò significa anche che non sarà più necessario che tutte le sedi centrali degli uffici di interesse provinciale siano concentrati nel comune capoluogo, ma potranno essere distribuiti, secondo gli accordi tra i Comuni contraenti, nei sei comuni, creando negli altri gli uffici periferici terminalizzati. Questo significa, in qualche modo, che sebbene un solo comune sarà ufficialmente capoluogo, ognuno dei sei comuni sarà centro di interessi dell'intera provincia, cioé sarà un piccolo capoluogo.
Infine la possibilità di creare sinergie con settori dell'economia estremamente differenziati: l'industria con gli enormi investimenti di riconversione e recupero ambientale che sono già stati stanziati e assegnati all'area gelese; l'economia legata al mare; quella legata all'agricoltura di Niscemi e Licata; quella delle specificità delle aree interne con le quali contribuirebbero Piazza e Mazzarino. Pensate cosa potrebbe significare riuscire a creare sinergie tra un turismo di costa, un turismo della salute che potrebbero essere realizzati nei 30 km di spiagge tra Gela e Licata e il turismo culturale e ambientale del nostro territorio.
Vi sarebbe da discutere per lungo tempo delle prospettive che possono aprirsi costituendo una provincia regionale nuova con le caratteristiche di quella che viene proposta.
Purtroppo, però, devo contenere il mio intervento nei tempi consentiti e passo, dunque, ad affrontare la terza ed ultima questione:
- la titolarità della scelta.
Noi crediamo profondamente alla democrazia della rappresentanza, quella per cui i cittadini delegano altri cittadini a gestire la cosa pubblica e ad amministrare la comunità, la regione, lo stato. Crediamo pertanto che chi ha l'onore e l'onere di essere scelto quale rappresentante dei cittadini abbia il dovere di assumersi in pieno le responsabilità attinenti con il suo mandato.
Tuttavia concordiamo con quanti hanno posto la necessità di sentire i cittadini su un tema così importante. Se vi fosse stato il tempo, come dicevo all'inizio, di coinvolgere la cittadinanza, non vene sarebbe stata necessità: la questione sarebbe giunta in Consiglio dopo un importante approfondimento e tutti avremmo interpretato una o l'altra posizione con la coscienza di rappresentare una parte dei nostri concittadini o l'altra. Invece occorre decidere subito.
Se noi consiglieri comunali decideremo di votare contro la proposta di delibera che ci verrà sottoposta, ci saremmo ugualmente accollati una responsabilità storica, quella di chiudere la possibilità a questa città di scegliere il proprio futuro. Si tratterebbe, inoltre, di una scelta senza ritorno perché il termine ultimo per la votazione positiva è il 31 dicembre 1995.
Se invece, voteremo positivamente, al di là — in questo momento — di quanto è contenuto nelle delibere, al di là delle posizioni di ognuno, noi potremo dare i cittadini tutti la opportunità di esprimersi mediante referendum consultivo sulla eventuale adesione alla nuova provincia. Così, se venisse confermata la decisione favorevole, essa sarebbe suffragata dalla maggioranza popolare, mentre, se dovessero prevalere i no, il Consiglio Comunale potrebbe immediatamente revocare la delibera annullandone gli effetti nel rispetto, ancora una volta, della volontà popolare.
Questa è la forza delle cose giuste; questa è la forza che ci spinge a decidere di votare favorevolmente alla proposta di delibera, senza animosità con i cugini di Enna, senza volere imporre scelte ai nostri concittadini, ma con la certezza di stare compiendo un servizio a Piazza e ai suoi abitanti che, soli, hanno il diritto di sceglierne il futuro.
Piazza Armerina 16/12/1995