Testo integrale dell'intervista rilasciata da Mons. Michele Pennisi a Giuseppe Di Fazio e pubblicata parzialmente su “La Sicilia” di Domenica 28 giugno,p.2
1.La questione morale irrompe di nuovo nella scena politica italiana. Dobbiamo esser contenti, o insospettirci?
Che la questione morale venga messa al centro dell'attenzione della politica italiana astrattamente è un bene in quanto mette in discussione la pregiudiziale separazione tra etica e politica. Sostenuta da chi teorizza che tutte le esperienze della vita umana (politica, scienza, economia, diritto...) sono autonome dalla morale. Nella comprensione cristiana della vita il bene e il giusto sono dimensioni irrinunciabili dell'agire per cui la vita è sottoposta a criteri di ordine morale. La moralità degli uomini politici è un fatto essenziale per restituire valore ideale all'impegno politico e trasformarlo in vera e propria “carità politica”.
In concreto bisogna pero chiedersi , se la “questione morale” sollevata da improvvisati Catoni non sia usata come una clava per distruggere o delegittimare i propri avversari politici e se dietro campagne moralistiche non ci nascondano ipocritamente interessi economici e strumentalizzazioni elettorali di basso profilo. L'ipocrisia – come ricordava Chesterton è l'omaggio che il vizio rende alla virtù.
2. Negli anni di Tangentopoli l'unico precetto morale sembrava essere: non rubare e fai ciò che vuoi. Oggi i riflettori sono puntati solo sul decoro pubblico, su alcuni palazzi della politica ridotti a una suburra. Ma la morale può essere lottizzata?
La morale non si può lottizzare. I dieci comandamenti o stanno assieme o cadono assieme a partire dal primo che mette Dio al primo posto. Durante tangentopoli si insisteva solo sul settimo comandamento, oggi dopo aver predicato la libertà sessuale come segno di emancipazione si riscoprono non so con quanta convinzione il sesto e il nono. Il fariseismo moralistico può reggersi sulla lottizzazione dei principi morali in base alla quale si dichiara bene solo ciò che uno mostra di poter osservare e male ciò che fanno gli altri filtrando i moscerini e ingoiando i cammelli come dice Gesù nel Vangelo. Il teologo evangelico tedesco Dietrich Bonoeffer afferma che il fanatismo etico “perde di vista la totalità del male e si precipita come il toro contro il drappo rosso anziché contro colui che lo agita” mancando il vero bersaglio.
3. Che effetto le fa vedere i sostenitori a oltranza del capriccio individuale, diventare difensori del buoncostume?
Mi chiedo da che pulpito viene la predica quando coloro che esaltano il libertinaggio morale del singolo individuo e sostengono campagne di legittimazione della soppressione di esseri umani innocenti o in favore della selezione eugenetica degli esseri umani in stato embrionale o dell'eutanasia come progetto di estensione del suicidio assistito, si ergono a difensori della morale altrui. I casi sono due : o sono diventati di botto bacchettoni o sono rimasti farisei.
4. La morale è una coerenza?
La moralità non consiste in uno sforzo improbo di coerenza con principi astratti, ma è desiderio e tensione continua verso il bene che non si scandalizza della propria e altrui fragilità perché scaturisce dalla riconoscenza per l’esperienza di un amore gratuito. A partire dalla presenza di Gesù Cristo nella propria esistenza si deve tendere alla coerenza fra fede e vita, ricordando che il santo non è colui che non cade mai ma colui che dopo essere caduto si rialza perché Qualcuno gli tende misericordiosamente la mano.
Il moralismo è invece osservare delle regole astratte per sé stesse e può degenerare nel fariseismo nella misura in cui è la persona a stabilire il criterio del bene e del male con il quale generalmente assolve sé stessa e condanna gli altri,dimenticando il monito evangelico di togliere prima la trave dei propri occhi prima di pretendere di togliere la pagliuzza da quelli altrui. E’ l’atteggiamento di chi pensa di avere le mani pulite, ma non si accorge di avere il cuore sporco.
5. Qual'è la risposta della Chiesa all'emergenza della questione morale
Oggi, in un'epoca dominata dal relativismo nichilistico, l'emergenza sta nella difficoltà ad una educazione a valori morali assoluti , che possono conservarsi solo a partire dall'esperienza della compagnia di Gesù che ci accoglie e ci perdona.
La missione della Chiesa non è quella di una agenzia umanitaria che distribuisce patenti di moralità, ma quella di denunciare profeticamente il male ma anche di essere evangelicamente misericordiosa con i peccatori ai quali chiedere continuamente la conversione del cuore e dei comportamenti. A questo proposito mi sembra emblematico l'atteggiamento di Gesù che ai farisei che gli avevano condotta una donna adultera dice”chi è senza peccato scagli la prima pietra” e alla donna dice “va e d'ora in poi non peccare più”.
6. Cosa chiede la Chiesa a un politico?
La Chiesa chiede alle persone impegnate in politica che il loro agire sia sempre al servizio della promozione integrale della persona e del bene comune, superando il dualismo fra fede e vita . Si tratta di vivere in conformità della propria coscienza illuminata dalla fede che porta a concepire l'impegno politico come un atto di amore gratuito a servizio della comunità. Bisogna ricordare quanto Benedetto XVI disse nel settembre 2008 a Cagliari sulla necessità di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile per evangelizzare il mondo del lavoro, dell’economia e della politica.
7. Quali sono le principali virtù di un politico secondo don Luigi Sturzo?
Don Luigi Sturzo afferma che la politica è un arte che riescono ad esercitare solo poco artisti , mentre altri si accontentano di esserne artigiani e molti si riducono ad essere mestieranti della politica. Egli che fu impegnato in prima persona in campo politico non mancò di dare anche dei suggerimenti di natura pratica a chi vuole apprenderne l'arte ed evitarne il mestiere. Egli sostenne che il perseguimento del bene pubblico non può che essere separato dalle virtù individuali.
Tra le virtù dei politici egli cita la franchezza, la sincerità, la fermezza nel sapere dire anche i no, l'umiltà da cui scaturisce il senso del limite, il non attaccamento al denaro e alla fama, la competenza, la progettualità politica .
La moralizzazione della vita pubblica è legata per Sturzo soprattutto ad una concezione religiosa della vita da cui deriva il senso della responsabilità morale e della solidarietà sociale.