Gentile Ministro Gelmini,
l'altro giorno, leggendo la sua intervista sul Corriere della Sera,
in cui dichiarava che l'ASTENSIONE OBBLIGATORIA DOPO IL PARTO è un
privilegio, sono rimasta basita.
Per capire che Lei di educazione ne capisse poco, non era necessaria
la laurea in pedagogia, che io possiedo e Lei no, o i tre corsi post
laurea, che io possiedo e Lei no, visto quello che sta combinando alla
scuola statale.
Ma almeno speravo avesse competenze giuridiche, essendo Lei avvocato
ed io no.
Certo, dato che Lei, ora paladina della regionalizzazione, si è
abilitata in "zona franca" (quel di Reggio Calabria) perché più facile
(come da Lei con un'ingenuità e candore imbarazzante affermato), lo si
poteva supporre.
E allora, prima le faccio una piccola lezione di diritto, e poi
parliamo d'educazione.
L'astensione dopo il parto, sulla quale Lei oggi con tanta leggerezza
motteggia, è definita OBBLIGATORIA ed è un diritto inalienabile
previsto da quelle leggi per cui donne molto più in gamba di Lei e di
me hanno combattuto strenuamente, a tutela delle lavoratrici madri.
Discorso diverso è il congedo parentale, di cui si può fruire, dopo i
tre mesi di vita del bambino, per un totale di 180 giorni, solo in
parte retribuiti integralmente.
Ovviamente per persone come Lei, con un reddito di oltre 150.000 euro
l'anno, pari quasi a quello del governatore della California Arnold
Schwarzenegger, discutere di retribuzione in questo caso più che un
privilegio è un'eresia.
Ovviamente Lei non può immaginare, perché può permettersi tate,
tatine, nido "aziendale" al ministero, ma LA GENTE NORMALE , che Lei
dice di comprendere, ha a che fare con file d'attesa interminabili per
nidi insufficienti e costi per babysitter superiori a quelli della
propria retribuzione.
Voglio dirle una cosa però, consapevole che le mie affermazioni
susciteranno più clamore delle sue, DA PEDAGOGISTA E DA ESPERTA,
affermo che fruire dell'astensione OBBLIGATORIA oltre che un DIRITTO è
anche un DOVERE, prima di tutto morale e poi anche sociale.
Come vede ho più volte sottolineato la parola OBBLIGATORIA, che già
di per se dovrebbe suggerirle qualcosa. Ma preferisco spiegarmi meglio,
anche se è necessaria una piccola premessa doverosa.
Lei, come tante donne, crede che l'essere madre, anche se nel suo
caso da pochi giorni, Le dia la competenza per parlare e pontificare su
educazione e sviluppo del bambino, ai quali grandi studiosi hanno
dedicato anni e anni di studio.
In realtà, per dibattere sulla pedagogia, oggi chiamata più
propriamente SCIENZE DELL'EDUCAZIONE, bisogna avere competenze
specifiche, che dalle sue dichiarazione Lei non sembra possedere.
Le potrei parlare della teoria sull'attaccamento di Bowlby,
dell'imprinting, e di etologia, ma non voglio confonderle le idee e
quindi ricorro ad esempi più accessibili. Basta guardare il regno
animale per rendersi conto come le femmine di tutte le speci non si
allontanano dai cuccioli e dedicano loro attenzione massima e cura FINO
ALLO SVEZZAMENTO.
Non è una legge specifica relativa agli umani, ma della natura
tutta.
Procreare, infatti, implica delle responsabilità precise, è una
scelta di vita, CHE SE CAMBIA IL COMPORTAMENTO ANIMALE, A MAGGIOR
RAGIONE CAMBIA LA VITA DI UNA DONNA.
Sbaglia chi crede che l'arrivo di un figlio, non comporti cambiamenti
nella propria vita.
Un bambino non chiede di nascere, fare un figlio non è un capriccio
da togliersi, ma una scelta di servizio, di dono di se stessi e anche
del proprio tempo.
Non sono i figli che devono inserirsi nella nostra vita, siamo noi
che dobbiamo cambiarla per renderla a loro misura. Se non facciamo
questo, potremmo fare crescere bambini soli, senza autostima e con poca
sicurezza di sé.
Bambini affamati di attenzioni, perché non gliene è stata data
abbastanza nel momento in cui ne avevano massimo bisogno, cioè i primi
mesi di vita.
L'idea che non capiscono niente, che non percepiscono la differenza
ad esempio tra un seno materna e un biberon della tata, è solo nostra.
Ciò non vuol certo dire che tutti bambini allattati artificialmente o
che tutti bambini con genitori che tornano subito a lavoro, saranno dei
disadattati.
Ma bisogna fare del nostro meglio per farli crescere bene, come
quando in gravidanza assumevamo l'acido folico, per prevenire la "spina
bifida".
I bambini hanno nette percezioni, già nel grembo materno.
L'idea, che se piangono non si devono prendere in braccio "perché si
abituano alle braccia", è un luogo comune.
Le "abitudini" arrivano dopo i 6 mesi, fino ad allora è tutto amore.
Non è un caso che studi recenti, riabilitano il cosleeping, (dormire
nel lettone) e i migliori pediatri sostengono la scelta
dell'allattamento a richiesta. Il volere educare i bambini
inquadrandoli come soldati, già dai primi giorni di vita, non solo é
antisociale, perché una generazione cresciuta senza il rispetto dei
suoi ritmi di crescita può essere inevitabilmente compromessa, ma è un
comportamento al di fuori delle più elementari regole umane e
naturali.
Poi è anche vero che per molte donne, tornare a lavorare subito dopo
il parto sia una necessità assoluta.
Ma per questo problema dovrebbe intervenire adeguatamente lo Stato e
non certo con affermazioni come le sue.
Mi rendo conto che il suo lavoro le permette di lasciare la bambina,
rilasciare interviste di questo tipo (di cui noi non sentivamo la
necessità) e tornare con comodo da sua figlia.
Ma ci sono lavori che richiedono tempi e una fatica fisica e mentale
che Lei non conosce.
Tempo che sarebbe inevitabilmente tolto ad un neonato che ha bisogno
di una mamma "fresca", che gli dedichi la massima attenzione.
Noi donne infatti, se spesso per necessità ci comportiamo come Wonder
Woman, poi siamo colpite da sindrome di sovraffaticamento.
E non è vero che è importante la qualità e non la quantità: - perché
la qualità del tempo di una mamma da pochi giorni, che rientra nel
tritacarne della routine quotidiana, aggiungendo il carico della
gestione di un neonato, può essere compromessa. - perché un bambino non
dovrebbe scegliere tra qualità e quantità, almeno nei primi mesi,
dovrebbe disporre di entrambe le cose.
Per non parlare poi del fatto, che se un genitore non può
permettersi qualcuno che tenga il bambino nella propria casa, nel corso
degli spostamenti, lo espone, con un bagaglio immunologico ancora
carente, alle intemperie o alle inevitabili possibilità di contagio
presenti in un nido.
Infatti, è scientificamente provato che i bambini, che vanno al nido
troppo presto, o che non vengono allattati al seno, sono più soggetti
ad ammalarsi, con danno economico sia per le famiglie che per il
sistema sanitario.
Poi per carità, si può obiettare, che ci sono bambini che si ammalano
anche in casa, o come succede anche ai bambini allattati al seno, ma è
come dire ad un medico, che giacché si è avuto un nonno fumatore
campato 100 anni, non è vero che il fumo fa male.
Bisogna dunque incentivare i comportamenti da genitore virtuoso,
anche con la consapevolezza che i bambini non sono funzioni
matematiche, ma si può fare molto, per favorire una crescita armoniosa,
già dalla prima infanzia, se non addirittura durante la gravidanza.
E allora le domando Ministro, di svolgere il suo ruolo importante
istituzionale con maggiore serietà, cercando di evitare affermazioni
fuori luogo come questa, o come quella secondo cui "studiare non è poi
così importante", rendendo Renzo Bossi come esempio.
Si dovrebbe impegnare di più nell'analisi dei problemi, per evitare
valutazioni errate e posizioni dannose per lei, per gli altri e per il
paese.
Perché forse qualcuno potrebbe aver pensato che tutto sommato il suo
era un ministero poco importante, che se guidato da un giovane
ministro senza competenze specifiche, "non poteva arrecare grossi
danni", soprattutto obbedendo ciecamente ai dettami del Tesoro, ma Lei
con la sua presunzione di voler parlare di cose che non conosce, sta
contribuendo a minare il futuro di un'intera generazione.
Un'ultima cosa, Lei che di privilegi se ne intende bene, essendo un
politico, la usi con maggiore pudore questa parola.
05-05-10
Rosalinda Gianguzzi
Insegnante precaria della scuola primaria siciliana.
Mamma e docente per vocazione, scrittrice per diletto
giovedì 17 giugno 2010
Chi sono
Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com
___________
"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"
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