lunedì 20 febbraio 2012

La guerra di Francesco

dedicato a Francesco La Delia
di Angela Malvina L'Episcopo
C’era una volta un uomo, un “piccolo uomo”. Reso piccolo dagli strali della vita, dai colpi ricevuti quando era solo un ragazzo, dalle schegge che gli hanno portato via pezzi di corpo e di anima. I suoi occhi feriti non gli hanno impedito di udire i lamenti dell’amico colpito a morte. I suoi occhi accecati non gli hanno impedito di sentire il peso dell’abbandono. I suoi occhi hanno pianto lacrime e lacrime: per i compagni d’armi, per gli avversari, poveri uomini come lui. “O spari o muori”. Questo era il suo cruccio, questo è rimasto il suo rimorso. Poi, le cure, la famiglia, i figli. Poi uno scopo. Quella Associazione, che qualcuno gli ha sottratto. E con lui, ha sottratto la memoria a una città. Senza che la città se ne accorgesse. Senza che la Città muovesse un dito per impedire che la propria MEMORIA venisse offesa, umiliata, defraudata! Adesso quel “piccolo uomo” se ne è andato. E con lui se ne è andato un pezzo della nostra STORIA. Restituiamogli dignità, restituiamoci verità: riprendiamoci l’Associazione. Piazza Armerina, riprenditi la tua memoria: che non siano solo proclami! Per Francesco La Delia, per tutti quelli come lui, che hanno combattuto per le generazioni a venire, che hanno dato la vita, che hanno creduto in un futuro che avesse cura del proprio passato!

P.S.: Il titolo di questo “ricordo” si riferisce esplicitamente alle note parole di Fabrizio De André, alla sua Guerra di Piero. Nell’ultima intervista, rilasciata a “Memorie in cammino”, sabato 11 febbraio 2012, Francesco La Delia non avrebbe voluto smettere di ricordare. Anche se quei ricordi gli riaprivano ferite indicibili. “Ho ucciso persone forse migliori di me, ma non potevo fare altrimenti: o loro o me!”. Le sue lacrime hanno commosso tutti i presenti. La vita gli ha insegnato a non giudicare, la morte gli ha insegnato a vivere. La bandiera dell’Associazione invalidi era sulla sua bara, nell’ultimo abbraccio contro tutte le guerre. Durante l’intervista, un particolare catalizzava l’attenzione: la mani. Le mani ferite e nodose di quell’uomo. Mobili, vivacissime, le dita sembravano disegnare nell’aria ogni singolo tratto degli esseri incontrati lungo il “percorso”, sembravano voler carezzare i volti di tutti, da qualunque parte della barricata combattessero, sembravano tracciare il dramma e la bellezza di una vita, della vita intera.



ANGELA MALVINA L’EPISCOPO

Chi sono

Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com


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"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"

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