Alla Messa, oltre al Comandante Provinciale dei Carabinieri, Ten. Col. Baldassare Daidone, era presente un nutrito numero di militari dell’Arma in servizio ed in congedo ed i loro familiari.
Ogni anno, il 21 novembre, i Carabinieri celebrano la ricorrenza della loro Patrona Virgo Fidelis in memoria del Battaglione Carabinieri che tra i mesi di agosto e novembre 1941 venne massacrato fino all’ultimo uomo nella località di Culqualber in Africa Orientale, mentre divampava l’ultima guerra. La fedeltà verso la Patrona è molto sentita perché a Lei i militari dell’Arma rivolgono le loro preghiere soprattutto nei momenti più difficili ed alla stessa si rivolgono per ottenere protezione e per essere illuminati nella loro costante azione.
Fedeltà, come ha avuto modo di sottolineare il Comandante Provinciale Ten. Col. Daidone, vuol dire mantenere la parola ed onorare il giuramento prestato di fedeltà alla Patria ed alle Istituzioni.
Tutti i Carabinieri avvertono l’importanza di tenere fede ai propri doveri e sentono che il prestigio dell’Arma dovrà alimentarsi della loro fatica, dei loro sacrifici, del loro coraggio e della loro fedeltà.
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E N N A
CELEBRAZIONE DELLA “VIRGO FIDELIS”
Un sincero ringraziamento a Sua
Eccellenza il Vescovo di Piazza Armerina, Mons. Michele PENNISI che ci ha
donato il privilegio di celebrare oggi la solenne Liturgia della “Virgo
Fidelis”.
Desidero rivolgere un sentito grazie
a Sua Eccellenza il Prefetto dott.ssa Clara MINERVA, al Sindaco dott. Paolo
GAROFALO, ai Procuratori della Repubblica di Enna e Nicosia dott. Calogero
FERROTTI e dott. Fabio SCAVONE nonché ai loro Sostituti.
Un deferente saluto anche alla
magistratura giudicante di Enna e Nicosia, presiedute dal dott. Giuseppe
FERRERI e dalla dott.ssa Anna Maria CASERTA, nonché al Questore dott. Ferdinando
GUARINO, al Comandante della Guardia di Finanza Colonnello Giovanni Carlo
LIISTRO e a tutte le altre Autorità di questa Provincia oggi intervenute.
Saluto i nostri familiari, soprattutto
quelli dei Caduti nell’adempimento del dovere, gli amici dell’Associazione
Nazionale Carabinieri in congedo e a quanti, con la loro presenza, hanno voluto
testimoniare, ancora una volta, i loro sentimenti di stima, affetto e
considerazione nei confronti dell’Arma.
Un benvenuto al delegato della
Rappresentanza Militare al quale va il mio ringraziamento per la continua
attenzione alle problematiche del personale.
Da oltre 60 anni la Vergine Maria,
con l’appellativo di “Virgo Fidelis”, è divenuta la Patrona dell’Arma dei
Carabinieri, da quell’11 novembre 1949 quando Sua Santità Pio XII stabilì che
la Beatissima Vergine sarebbe stata la “Patrona dei Carabinieri”, fissandone la
celebrazione al 21 novembre, giorno in cui ricorre l’anniversario dell’eroica
battaglia di Culqualber con la quale i Carabinieri scrissero una delle pagine
più fulgide e dolorose della storia dell’Arma.
Il conflitto combattuto dal 6 agosto
al 21 novembre 1941 in Abissinia, l’odierna Etiopia, nella “sella di
Culqualber”, territorio questo individuato dagli italiani al fine di bloccare
l’unica via di transito utilizzabile dall’artiglieria e reparti corazzati
inglesi per raggiungere ed occupare la città di Gondar ultimo baluardo
dell’Africa Orientale su cui sventolasse ancora la bandiera italiana, ha visto i
carabinieri sacrificarsi con tale valore che gli avversari, colpiti dal
coraggio dei pochi sopravvissuti, tributarono loro l’onore delle armi.
Quel 21 novembre 1941, infatti, dopo
una lunga serie di attacchi britannici, il 1° Battaglione Carabinieri
Mobilitato, costituito da due Compagnie, si immolò per la difesa del caposaldo
Culqualber.
Tre mesi di tenace resistenza,
passati sotto il martellante fuoco degli aerei e delle artiglierie nemiche,
vissuti in condizione di stenti, con i morsi della fame e della sete a
tormentare quei pochi rimasti a difesa del baluardo, tra i lamenti dei feriti e
con accanto i tanti caduti.
Il laconico bollettino dell’epoca, così riportava:
“. . . gli indomiti reparti
assestati sull’altopiano di Culqualber – Fercaber, nell’Africa Orientale,
furono sopraffatti dalla schiacciante superiorità numerica avversaria.
Nell’epica difesa del baluardo si distinse gloriosamente, simbolo del valore
dei Reparti Nazionali, il Battaglione Carabinieri che, esaurite le munizioni,
rinnovava fino all’ultimo i suoi travolgenti contrattacchi all’arma bianca.
Quasi tutti i Carabinieri caddero in battaglia”.
Il valoroso episodio, che ha fregiato
la bandiera di Guerra dell’Arma della seconda medaglia d’oro al Valor Militare,
per noi carabinieri è un monito a mantenere vivo il senso di fedeltà al
giuramento prestato, finanche a sacrificare per esso il bene a noi più caro: la
nostra stessa vita.
Nell’attuale contesto storico, alla
luce della critica situazione in cui versa la nostra Nazione, penso che oggi
quegli eroi potrebbero chiedersi “MA A COSA E’ SERVITO IL NOSTRO
SACRIFICIO?? MA NE E’ VALSA EFFETTIVAMENTE LA PENA??
Ebbene, sommessamente ma allo stesso
modo fermamente, io credo proprio di SI, davvero credo che ne sia valsa la pena,
perché il sacrificio di quei caduti è “una lezione di vita”, è “un esempio. E
tutti noi sappiamo quanto, oggi più che mai, abbiamo bisogno di esempi, abbiamo
bisogno di ricordare chi, in ogni settore della vita pubblica e privata, è
rimasto coerente a se stesso, con i propri impegni fino all’estremo sacrificio,
abbiamo bisogno di ricordare chi ha
dato prova di serietà di intenti, non solo a parole, ma anche attraverso azioni
concrete che possano contribuire a rafforzare la fiducia nelle istituzioni.
Ecco perché ai tanti carabinieri
caduti in servizio dico GRAZIE, GRAZIE per averci lasciato quei beni
d’inestimabile valore che sono l’amore per la giustizia, l’ormai desueto senso
dell’onore, la coraggiosa volontà di condurre una vita non solamente fine a sé
stessa.
Ecco perché il mio commosso ricordo
va ai commilitoni della nostra Provincia, mai dimenticati.
Al Carabiniere Giuseppe DUCI, deceduto
nel 1914 a Sperlinga durante un conflitto a fuoco con banditi della zona, al
Carabiniere Fedele DI FRANCISCA, ucciso nel 1945 ad Agrigento da alcuni
malfattori, al Vice Brigadiere Iffrido Gabriele MANGIONE ed ai Carabinieri
Giovanni GOFFREDO e Francesco GIUFFRIDA, tutti deceduti nel 1946 a Centuripe
durante un violento conflitto a fuoco con alcuni malviventi appartenenti alla sanguinaria
cosca del bandito DOTTORE Giuseppe, al Carabiniere Gaspare FARULLA, ucciso nel
1963 a Monopoli (BA) da alcuni pericolosi latitanti, al Carabiniere Giuseppe
BARBARINO, deceduto nel 1971 a Novi Ligure (AL) a seguito di conflitto a fuoco avvenuto
durante la traduzione di alcuni detenuti che cercavano di tentare la fuga, al
Col. Emanuele TUTTOBENE, ucciso nel 1982 a Genova per mano delle Brigate Rosse,
all’Appuntato Salvatore CELESTE, venuto a mancare nel 1986 a seguito di
incidente stradale avvenuto nei pressi di Valguarnera per raggiungere la sede
di servizio, all’Appuntato Michele FIORE, ucciso nel 1991 a Caltanissetta da un
pregiudicato del luogo.
Inoltre, a trent’anni esatti dalla
loro scomparsa, come non dimenticare l’Appuntato Silvano FRANZOLIN, il Carabiniere
Luigi DI BARCA ed il Carabiniere Salvatore RAITI, vittime della efferata
“strage della circonvallazione” avvenuta a Palermo il 16 giugno 1982 ad opera
di cruenta organizzazione mafiosa.
Noi carabinieri crediamo nella
missione affidataci che è, e resta, quella di garantire la sicurezza ed il
quieto vivere delle popolazioni che ci vengono affidate.
Le difficoltà che quotidianamente incontriamo, non distolgano il nostro sguardo dai
grandi ideali ai quali abbiamo votato l’esistenza, ma accompagnino sempre il nostro
operato in favore dell’altrui benessere affinchè il nostro contributo sia utile
per costruire una società ispirata al pieno rispetto dei diritti umani ed alla
solidale fraternità.
Voglia, quindi,
la Virgo Fidelis rivolgere benevolmente su di noi il suo amorevole sguardo e
proteggerci nell’assolvimento della nostra missione.
Oggi,
inoltre, si celebra anche la “giornata dell’orfano”.
Siamo grati
all’impegno dell’ “Opera Nazionale
Assistenza Orfani Militari dell’Arma dei Carabinieri”, fondata nel 1948 e
nata da un progetto dell’allora Colonnello Romano Dalla Chiesa, padre del
Generale Carlo Alberto, che dedica tutte le sue energie a favore degli orfani
dell’Arma che vengono assistiti e confortati con amorevole attenzione.
Do ora
lettura alla motivazione con cui, per quel fatto d’armi, è stata conferita alla
Bandiera dell’Arma la seconda Medaglia d’Oro al Valor Militare:
“““Glorioso veterano di cruenti cimenti bellici, destinato a rinforzare
un caposaldo di vitale importanza, vi diventava artefice di epica resistenza.
Apprestato saldamente a difesa d’impervio settore affidatogli, per tre mesi
affrontava con indomito valore la violenta aggressività di preponderanti
agguerrite forze, che conteneva con audaci atti controffensivi, contribuendo
decisamente alla vigorosa resistenza dell’intero caposaldo, ed infine, dopo
aspre giornate di alterne vicende, a segnare, per ultima volta in terra
d’Africa, la vittoria delle nostre armi.
Delineatasi la crisi , deciso al sacrificio supremo, si saldava
graniticamente gli spalti difensivi e li contendeva al soverchiante avversario
in sanguinosa, impari lotta corpo a corpo, nella quale Comandante e
Carabinieri, fusi in un sol eroico blocco, simbolo delle virtù italiche,
immolavano la vita perpetuando le gloriose tradizioni dell’Arma. Culqualber –
Africa Orientale, agosto - novembre 1941”””.