Piazza Armerina – Gli uomini della squadra mobile di Enna, diretti dal vicequestore aggiunto Giovanni Cuciti, quelli del commissariato di Piazza, diretti dal commissario capo, Gabriele Presti unitamente ai militari dell’Arma dei Carabinieri, diretti dal capitano Michele Cannizzaro, hanno notificato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere al pregiudicato Aldo Consoli, ritenuto responsabile anche dell’atto intimidatorio nei confronti di Giuseppe Avvenia prima della sua uccisione per la quale Aldo Consoli è stato condannato, in primo grado, come mandate dell’omicidio. A quanto riferiscono gli organi inquirenti l’arma utilizzata per uccidere Giuseppe Avvenia, pare, che sia stata utilizzata dallo stesso Consoli per minacciare il pregiudicato piazzese, ucciso nel marzo del 2008 in un piccola viuzza del quartiere Castellina, da Giuseppe La Rosa: secondo quanto risulta dalla sentenza di primo grado emessa dal giudice. Infatti, da quanto scrivono gli organi inquirenti <
L’episodio era da ricondurre alla rottura del rapporto d’amicizia tra Consoli e Avvenia. Rottura sfociata, prima nell’attentato intimidatorio dell’esplosioni di colpi di arma da fuoco ai danni dell’autovettura di Giuseppe Avveni a e poi nell’uccisione dello stesso pregiudicato dopo>>. Sulla scorta dei positivi risultati ottenuti dalle analisi di natura scientifica e merceologica, eseguite sull’arma utilizzata per l’omicidio e sulle vernici rinvenute e sequestrate all’interno dell’abitazione del Consoli, all’epoca dell’omicidio nonché degli ulteriori esami balistici, si è arrivata alla dichiarazione di piena responsabilità di Aldo Consoli, quale autore materiale, anche in ordine all’episodio intimidatorio.
Una bomboletta spray di vernice, un bicchiere di vetro con residui di vernice, un pennello di setola, intriso di vernice, un flacone in plastica contenete del liquido, pare che inchioderebbero il mandate dell’omicidio di Giuseppe Avvenia. Difatti gli accertamenti tecnici di natura merceologica eseguiti sui predetti materiali, sono risultati un ulteriore ed importantissimo tassello di prova da porre a carico del Consoli, in ordine al possesso dell’arma utilizzata per l’omicidio, costituendo altresì l’elemento principe di collegamento tra quest’ultimo e i fratelli La Rosa Giuseppe e Roberto condannati in primo grado per l’omicidio.
Da ciò gli organi investigativi che curano l’indagine hanno desunto, con un grado di probabilità prossimo alla certezza, che l’arma utilizzata era stata verniciata dal Aldo Consoli, all’interno della sua abitazione, in epoca non molto antecedente al delitto.
Con ciò si appurava <>, che l’arma, prima di essere stata ceduta al Giuseppe La Rosa per l’omicidio, era stata nella disponibilità del mandante Consoli. Anche le perizie balistiche condotte dalla polizia scientifica di Roma sulla pistola e i bossoli confermerebbero la tesi delle minacce rivolte al pregiudicato piazzese ucciso il 3 marzo del 2008.