giovedì 28 novembre 2013

Il Liceo di Piazza Armerina accoglie in auditorium 4 giovani rifugiati afghani


di Ilaria Catarrasa
Il viaggio della speranza raccontato agli studenti del Liceo.
Giorno 26 Novembre, alcune classi  del Liceo Scientifico “Vito Romano”, a conclusione di un percorso didattico che ha avuto come tema “la tragedia dei migranti”, hanno avuto l’opportunità di un incontro “speciale”  che si è svolto nell’auditorium della Scuola. Gli ospiti sono stati la dott.ssa Cinzia Vella, psicologa, e  quattro giovani immigrati, da pochi giorni in Sicilia, ospitati presso il centro di rifugiati che ha sede all’Ostello del Borgo.

La preside Lidia Di Gangi ha accolto con entusiasmo gli ospiti a nome dell’intera scuola, poi ha ceduto il microfono alla dott.ssa Vella, la quale ha esordito dicendo di essere rimasta molto contenta dell’invito, anche perché era il primo ricevuto da una scuola, che dimostrava grande sensibilità alle tematiche dell’immigrazione.   La dottoressa ha spiegato che l’accoglienza degli immigrati presso l’Ostello del Borgo si fonda sulla filosofia salesiana: accogliere ed aiutare l’altro come se fosse Gesù, superando le barriere della diversità di cultura e di religione. Ha chiesto, poi, molta delicatezza nel porgere le domande ai giovani immigrati presenti. “Sono ragazzi provenienti dall’Afghanistan, ha ricordato,  scappati da una situazione molto difficile, dove la presenza del gruppo politico-religioso dei Talebani impone un regime molto severo, e la morte e la guerra sono all’ordine del giorno. Questi giovani  hanno rifiutato tutto ciò, a costo di viaggiare per diversi giorni, nella speranza di trovare un futuro migliore”.
Il primo ad alzarsi per discutere con noi è stato il più grande, di trent’anni.
Non parla l’italiano, così come gli altri quattro ragazzi, ma è l’unico a conoscere la lingua inglese.
La professoressa Silvana Tigano ha fatto da interprete.
Il giovane, dopo aver ringraziato per l’ospitalità, ha iniziato a raccontare la sua storia. “Sono partito dall’Afghanistan verso l’Iran con l’aereo,  poi da Istanbul  ho camminato cinque giorni e  sono salito su un barcone per arrivare in Sicilia, a Siracusa.”   Ha pagato 8000 euro circa per il viaggio, e possiamo solo immaginare quale grande fatica ha dovuto affrontare per arrivare in Italia.  Quando gli è stato domandato se ha una famiglia, lui ha risposto “Sì, ho una moglie e una figlia, mi mancano molto”. Non può nemmeno sentirle per telefono. L’unico familiare con cui può rimanere in contatto è il fratello, che vive in Inghilterra.  Ha raccontato di aver avuto problemi in Afghanistan con i Talebani e di essere stato aiutato dagli Americani che gli avevano offerto un lavoro difficile e pericoloso. Si trattava di scortare gli Americani. 
La dott.ssa Vella ha aperto una parentesi riguardo il permesso di soggiorno. Non è così facile da ottenere, perché la procedura richiede da quattro a sei mesi. Molti dei migranti  vogliono poi andare in altri Paesi, e non vogliono farsi identificare in Italia. Il più delle volte ignorano  la legge italiana, scappano dai centri di accoglienza e, se scoperti, sono costretti al rimpatrio immediato. Purtroppo- ha affermato la psicologa, non esistono leggi  a livello internazionale. Al di fuori dell’Italia, infatti, gli altri paesi non accettano extra-comunitari, a meno che non provvisti di un contratto lavorativo.
Il secondo dei giovani ad alzarsi è stato il più piccolo, di quindici anni, compiuti qui in Italia due giorni prima dell’incontro. In seguito, anche gli altri ragazzi, di età compresa tra sedici e diciassette anni, hanno partecipato, in un certo senso, alla discussione. Non parlano, infatti, né italiano né inglese, ed è stata necessaria una doppia traduzione, dall’italiano all’inglese e dall’inglese all’arabo. Mohammed, Farin, Fardin, Kali sono i loro nomi, e dicono di essersi integrati bene, e hanno voglia di imparare l’italiano. Frequentano la scuola serale.
 Gli studenti hanno ascoltato con particolare attenzione e alla fine hanno proposto ai giovani afghani di partecipare ad alcune iniziative organizzate dalla Scuola, in particolare ai tornei di calcio a 5. L’incontro ha permesso di riflettere sul dramma dei migranti e sul loro desiderio di vivere una vita lontana dalle guerre e dalla povertà. Come dice la scrittrice Isabel Allende in “D’amore e ombra”
L'umanità deve vivere in un mondo unito, dove si mescolino le razze, le lingue, i costumi e i sogni di tutti gli uomini.

Ilaria Catarrasa
VA

Chi sono

Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com


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"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"

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