sabato 18 agosto 2018

La riflessione di Agostino Sella al ritorno dalla nona missione in Senegal


Torno dal Senegal per la nona volta in un anno e mezzo. 
Lascio dei pezzi del mio cuore.
Mia figlia, mia moglie, mio fratello, Seny ed Aly sono ancora a Tambacounda e torneranno tra un paio di settimane. 
Lascio a malincuore i 14 volontari con noi che stanno facendo animazione nei villaggi guidati da don Enrico. 
Lascio i 4 operatori autoctoni che lavorano negli orti.
Torno in Italia insieme a Fadiga - un ragazzo che è ritornato in Africa - dopo essere arrivato nel 2014 col barcone in Sicilia ed ospitato nel nostro centro di Villarosa. 
Fadiga ha deciso di ritornare nel suo villaggio per fare sviluppo nella sua terra. 
Fadiga torna in Italia insieme a me per perfezionare i documenti. 
Rimarrà qualche mese e poi ripartirà definitivamente per l’Africa.
Torno in Italia e, lo ammetto, un po’ mi pesa. 
Torno in un paese dove lavorare per accogliere ed integrare migranti in questo momento equivale ad essere considerato un malfattore. 
Molto più facile fare l’operatore di sviluppo in Senegal e stare a contatto con coloro i quali vogliono partite cercando di convincerli che il viaggio in questo periodo è un vero e proprio calvario, e spesso significa morte. 
Presentando agli abitanti dei villaggi le esperienze di Fadiga e Seny che sono tornati ed hanno realizzato insieme a noi delle microimprese agricole che possono aiutare l' implementazione dello sviluppo locale. 
Mi sento molto utile in Africa.
In Italia si vive un clima crescente di odio contro i neri e chi li accoglie. 
Tornare mi pesa ma devo farlo. 
Perché mi mancano gli altri due figli che ho. 
Agostino Sella e Fadiga
Per dovere nei confronti di chi lavora con la grande famiglia di Don Bosco 2000 nel difficile compito dell’accoglienza nei centri siciliani che gestiamo.
Subiamo attacchi da ogni dove e pochi sono quelli che comprendono il nostro lavoro. 
Pochi ma buoni e per fortuna che ci sono.
Negli ultimi due anni le fake news sui migranti hanno devastato il cervello a milioni di italiani. 
Una realtà virtuale è stata percepita come reale grazie ad una comunicazione che ricorda i tempi del fascismo: priva di contenuto, di complessità e di verità. Una comunicazione fatta da esperti dello slogan privi di responsabilità collettiva ed istituzionale. 
Gli avvoltoi della politica dell’odio si sono concentrati non su come risolvere i problemi ma su come farli diventare una risorsa per le loro fortune elettorali. 
Piuttosto che chiudere i centri che fanno bussiness hanno continuato a farli esistere per continuare a criticarli ed a gettare fango su tutto e tutti. Piuttosto che regolare la politica degli sbarchi si sono concentrati sulla chiusura dei porti.
Ma la migrazione è un fatto strutturale dell’umanità. C’è, c’è stata e ci sarà per sempre, fino alla fine dei tempi. 
Non si può bloccare; si può solo governare.
Torno in Italia anche se mi pesa. 
Ormai mi sento mezzo africano. 
Epperó torno. 
Perché - forse - l’istinto di combattere non mi abbandona mai. 
Ed oggi è più importante combattere in Italia contro taluni italiani che non vivere in Africa con gli africani.

Chi sono

Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com


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"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"

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