EREI di Giovanni Monasteri
Il paesaggio ritorna, nella produzione di Cateno Sanalitro, zampillando copiosamente da un gesto ormai automatico, ripetitivo, quasi rituale. Immagino l’artista e amico nell’atto di tracciare – col pennello, con la spatola – una linea d’orizzonte, di confine tra terra e cielo; una linea ora dritta e netta, ora ondulata e sfumata. Lo rivedo nel gesto lento e sapiente di mesticare gli ocra, i verdi, gli
azzurri, il bianco e il nero, per riprodurre non solo nelle tinte, ma persino nella loro consistenza, nella loro matericità, le terre calcinate, le terre arate, le terre bruciate dal sole, le terre verdi d’aprile, le maggesi e le sterpaglie. Terre e ancora terre.
E poi il cielo, azzurro e intenso o percosso da nuvole bianche come vele: un cielo che non sovrasta i luoghi rappresentati, ma pare allontanarsene, simmetricamente, come lo sguardo al di qua della tela.
Lo sguardo dell’artista si allontana il più possibile per abbracciare spazi sempre più vasti, ritraendosi verso un primo piano talvolta fatto di zolle, talaltra di botri profondi, linee diagonali che danno il senso della prospettiva, della distanza.