Festa di San Tommaso 2009 VII
Carissimi confratelli, Gentili Autorità, carissimi fratelli e sorelle, che oggi siete venuti per ringraziare con me il Signore in occasione del settimo anniversario della mia ordinazione episcopale, Vi saluto con tanto affetto e riconoscenza.
In questa Chiesa Cattedrale, nella quale sono stato consacrato vescovo oggi realizziamo ancora una volta la principale manifestazione della nostra Diocesi di cui ricorre il 192° anniversario dell'erezione.
La festa di San Tommaso apostolo ci richiama soprattutto al fondamento trinitario, cristologico, pneumatologico ed apostolico della nostra Chiesa nella quale è presente la Chiesa Una, santa, cattolica ed apostolica.
Nel ricordare con riconoscenza i vescovi che mi hanno preceduto in questa cattedra ed in modo particolare S.E. Mons. Vincenzo Cirrincione, sento vivo il desiderio di rivolgere come Maria SS., un inno di ringraziamento al Padre di ogni dono per suo Figlio Gesù Cristo sposo e pastore della Chiesa, nello Spirito Santo.
Il mio pensiero pieno d'affetto e di riconoscenza va al Santo Padre Giovanni Paolo II che mi ha nominato vescovo e a Papa Benedetto XVI° .
Oggi sperimentiamo come vero per noi quello che l’apostolo Paolo nella lettera agli Efesini scrive sulla Chiesa come famiglia di Dio dove nessuno è straniero e ospite ma tutti siamo concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti.
Vogliamo dare il benvenuto a tre sorelle provenienti dalla Arcidiocesi di Ernakulam-Angamaly nella regione del Kerala in India : Suor Salamma, Suor Jincy, Suor Anice che svolgeranno il loro servizio nella casa di accoglienza “Zingale-Acquino” di Aidone affidata alla Fondazione “Istituto di Promozione umana “”Mons. Francesco Di Vincenzo”.
In questa celebrazione vogliamo rendere grazie al Signore per l'opera della sua grazia e vogliamo prepararci al nuovo anno pastorale.
L'anniversario della mia consacrazione episcopale è innanzitutto l'occasione per rivolgere il nostro sguardo a Gesù Cristo il “pastore e vescovo delle … anime” (I Pt 2, 25). Gesù Buon Pastore, che ha preso sulle sue spalle la pecorella smarrita per riportarla a casa, è il prototipo di ogni ministero episcopale e sacerdotale. Essere vescovo, essere sacerdote significa pensare, vedere ed agire a partire da Cristo ed essere a servizio degli uomini, affinché essi trovino il cibo che conduce alla vita eterna.
La Parola di Dio è il nutrimento di cui abbiamo sempre bisogno. Dal Convegno ecclesiale diocesano dello scorso settembre , che ha avuto come tema “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”, siamo sicuri la nostra Comunità diocesana attingerà sempre la linfa vitale per una nuova primavera di santità e un rinnovato dinamismo per la sua missione di evangelizzazione e di promozione umana nella nostra società.
In occasione dell'Anno paolino sono state molte le iniziative che ci hanno aiutato a conoscere meglio la personalità e il messaggio dell'apostolo delle genti e di apprendere nuovamente l’alfabeto della fede.
Anche se l'anno Paolino si è concluso essere in cammino di fede insieme con Paolo ed essere illuminati e trasformati dal Vangelo farà sempre parte della nostra esistenza cristiana e della nostra vita ecclesiale. San Paolo interceda per noi perchè Cristo abiti nei nostri cuori e ci renda persone nuove, che agiscono secondo verità nella carità.
Lasciarsi conquistare pienamente da Cristo è stato lo scopo di tutta la vita di san Paolo e deve essere anche anche l'obiettivo principale di ognuno di noi.
Lo scorso 19 giugno solennità del Sacro Cuore di Gesù è iniziato l'Anno Sacerdotale in occasione del 150° anniversario della morte del Santo Curato d'Ars.
Il Santo Padre Benedetto XVI nella Lettera indirizzata a tutti i sacerdoti per questo speciale anno giubilare ha inteso porre in luce alcuni aspetti qualificanti del nostro ministero, facendo riferimento all'esempio e all'insegnamento del Santo Curato di Ars, modello e protettore di tutti noi sacerdoti, e in particolare dei parroci.
Siamo invitati a lasciarci conquistare dall'amore di Gesù Cristo che ci possiede e ci spinge per crescere nell'intimità con Gesù ed d essere messaggeri di speranza, di riconciliazione, di pace.
Il curato d’Ars ha scritto “Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il buon Dio possa accordare ad una parrocchia e uno dei doni più preziosi della misericordia divina”.
Mons. Mario Sturzo si impegnò per far conoscere questo santo. In una lettera del 7 marzo 1938 indirizzata al parroco Francesco Galesi Vicario Foraneo di Niscemi mentre si compiaceva che nella chiesa di San Giuseppe era stato dedicato un altare dove era stato collocato un quadro rappresentante San Giovanni Maria Vianney diceva che era sua “vivissimo desiderio che in tutte le chiese parrocchiali ci sia un altare dedicato al grande Santo o almeno un sottoquadro “ e ricordava che nelle sue lettere pastorali ne aveva “raccomandato la devozione a tutte le parrocchie della Diocesi”.
Il curato d'Ars ha una bella e commovente affermazione del sacerdozio, riportata nel Catechismo della Chiesa Cattolica: "Il sacerdozio è l'amore del Cuore di Gesù" (n. 1589).
Noi ministri ordinati dobbiamo sempre ricordare con commozione che il dono del nostro ministero sacerdotale è scaturito dall'amore del Cuore di Cristo , che ci ha consacrati per servire, umilmente e autorevolmente, il sacerdozio comune dei fedeli.
Per essere ministri al servizio del Vangelo, è necessaria la "scienza dell'amore" che si apprende solo vivendo "cuore a cuore" con Cristo, che ci ha chiamati per spezzare il pane del suo amore, per rimettere i peccati e per guidare il popolo di Dio in nome suo. Proprio per questo non dobbiamo mai allontanarci dalla sorgente dell'Amore che è il suo Cuore trafitto sulla croce.
San Tommaso volendo toccare il costato di Cristo dal quale sgorgarono sangue ed acqua, volle attingere la fede piena nella resurrezione alla fonte stessa dell'amore e volle toccare i segni della grazia.
Cristo risorto ora vive in noi, nel suo mistico corpo di cui siamo membra. I nostri limiti e le nostre sofferenze, rintracciabili nel nostro vissuto, sono le cicatrici gloriose del Risorto.
Dove è il limite umano è anche operante la grazia di Dio . San Paolo ci ricorda “Quando sono debole è allora che sono forte!”, perché nella mia debolezza è operante la forza della resurrezione.
San Tommaso che vuole toccare Colui che hanno trafitto ci porge un invito che tutti possiamo raccogliere: guardare il crocifisso per scoprirvi il Risorto e per imprimere nel nostro cuore i germi fecondi della gratitudine della fede e dell'amore.
La proverbiale "incredulità" di Tommaso è paradossalmente un conforto a chi vive nella ricerca e nel dubbio e pretende delle risposte credibili da parte da Gesù.
Questo discepolo assenteista e incredulo con i suoi dubbi, mentre nel suo maestro toccava le ferite del corpo, guariva in noi le ferite dell'incredulità San Gregorio Magno dice “ A noi giova piú l'incredulità di Tommaso che non la fede dei discepoli credenti perché mentre egli, toccando con mano, ritorna alla fede, l'anima nostra, lasciando da parte ogni dubbio si consolida nella fede”.
Tommaso che pretende una conoscenza sperimentale del Cristo Risorto però di fronte al Signore che lo sfida si apre ad una fede adorante che gli fa esclamare: ”mio Signore e mio Dio.
La sua fede consiste nella relazione personale con Cristo e da questa deriva anche la sua relazione con gli altri apostoli della cui testimonianza prima non si era fidato.
L’anno sacerdotale deve suscitare in tutta la comunità cristiana una preghiera più intensa per le vocazioni sacerdotali e deve rimotivare la nostra vocazione sacerdotale per essere capaci di relazioni intense con Gesù Cristo e affettuose con i confratelli e i fedeli tutti.
È a partire dal rapporto con Cristo, nel quale è stabilita saldamente la nostra relazione filiale con il Padre nella forza della carità con cui lo Spirito ci unifica, che possiamo ridefinire il nostro rapporto con noi stessi, gli altri e il mondo. Per vocazione, i ministri dell’amore di Cristo sono costituiti affinché tessano relazioni autentiche e significative, che siano segno della salvezza che tutto riconduce nell’unità, superando le divisioni, le differenze e le discordie causate dal peccato.
La buona relazione dei credenti col Signore deve essere alimentata dalla centralità della Parola di Dio, dalla vita sacramentale, dalla carità pastorale che deve caratterizzare il ministero sacerdotale.
Una priorità pastorale è la cura delle relazioni vere e serene nella comunità ecclesiale tra il vescovo e il presbiterio, tra prete e prete, tra presbiteri e fedeli.
Nella prospettiva di valorizzare la condizione nuova in cui ci pone il mistero centrale della nostra fede, per il quale non siamo più chiamati servi ma amici e figli, fratelli con Cristo e tra di noi – mistero sublime, testimoniato dall’Incarnazione, con cui Dio è entrato nella nostra storia per tessere una relazione inattesa e sconvolgente con la nostra umanità fragile e mortale, e sigillato dal mistero pasquale, in cui il dono dello Spirito ci costituisce nella dialogia della pace, suscitando in noi la vocazione a partecipare alla vita divina – intendiamo progettare insieme a tutti voi il cammino pastorale per i prossimi anni della nostra Chiesa
Vi invito fin da adesso ad una Convocazione diocesana venerdì 18 settembre in preparazione al nostro Convegno ecclesiale che terremo nella seconda metà di novembre sul tema : “Chiesa, comunione di persone. Da «collaboratori» a «corresponsabili» : il dono della relazione filiale e fraterna”.
L'obiettivo che ci proponiamo è affermare l’identità della Chiesa come di un unico popolo che vive in profondità nella comunione con Cristo, con il duplice scopo di generare l’assunzione di una rinnovata consapevolezza dell’appartenenza ecclesiale, in forza della relazione con Dio e i fratelli generata dal battesimo e di stimolare a una migliore strategia della missione, quale via per estendere la partecipazione piena alla relazione filiale con Dio e i fratelli.
A partire dalla sua matrice trinitaria che ci fa comprendere l’identità della Chiesa come «comunione di persone», siamo invitati a superare una concezione restrittiva di comunione appiattita sull’esercizio dei ruoli.
Il passaggio dall’accentuazione delle funzioni all’assunzione della dimensione relazionale-personale come costitutiva della comunione ecclesiale permette di collocare la discussione sul rapporto ministero ordinato-ministero laicale su un piano più autenticamente teologale. Questo implicherà la necessità di parlare di corresponsabilità tra i membri della Chiesa ancor prima che di collaborazione. l alla Dalla categoria di “relazione” scaturisce la distinzione della persona nella comunione e la sua collocazione nella missione.
La puntualizzazione della corresponsabilità come fattore originante la propria appartenenza alla Chiesa e dunque come spinta determinante del proprio inserimento nella sua missione verso il mondo ci aiuterà a superare la categoria del servizio inteso come intervento sussidiario alle carenze di ordine temporale e stabilire con chiarezza il compito salvifico e ultimo della Chiesa verso l’unità del genere umano con Dio e degli uomini tra di loro (cf. LG, 1)
Le prospettive pastorali da perseguire saranno:
Rideterminare l'impostazione pastorale alla luce della categoria di “relazione” per favorire l’accoglienza e la promozione del dono dello Spirito della «comunione di persone», promuovendo gradualmente la corresponsabilità dell'insieme di tutti i membri del Popolo di Dio.
Esigere un cambiamento di mentalità riguardante particolarmente i laici, passando dal considerarli «collaboratori» del clero a riconoscerli realmente «corresponsabili» dell'essere e dell'agire della Chiesa, e favorendo il consolidarsi di un laicato maturo ed impegnato.
Ricomprendere il senso del ministero ordinato come servizio al sacerdozio comune, promuovendo la crescita spirituale e apostolica di quanti sono già assidui e impegnati nelle parrocchie e nei movimenti per animarli ad essere fermento per gli altri.
Programmare la vita pastorale diocesana e le scelte progettuali nei diversi settori e ai vari livelli sulla scorta dell’opzione pastorale della “relazione” intesa fondamentalmente come il nuovo e definitivo stato in cui pone il battesimo in relazione filiale a Dio e in relazione fraterna con le altre persone.
Il cammino di rinnovamento non rimane indenne da difficoltà, dovute a impostazioni culturali, spirituali e pastorali condizionate dall’ambiente circostante, a una non matura volontà di comunione e a una prassi pastorale disorganica, ma esso è ha potenzialità che certamente si esprimeranno nel prossimo futuro.
Nonostante le difficoltà la Chiesa di Dio pellegrina in Piazza Armerina, grata per i carismi suscitati in essa dallo Spirito, guarda con fiducia e speranza all’avvenire confidando nell’aiuto del Padre ricco di misericordia e nell' intercessione della Madonna Regina delle Vittorie, patrona della nostra Diocesi e a tutti i nostri santi e si impegna per una conversione continua al Vangelo e una testimonianza gioiosa di Gesù Cristo Risorto, unico salvatore del mondo.
Carissimi confratelli, Gentili Autorità, carissimi fratelli e sorelle, che oggi siete venuti per ringraziare con me il Signore in occasione del settimo anniversario della mia ordinazione episcopale, Vi saluto con tanto affetto e riconoscenza.
In questa Chiesa Cattedrale, nella quale sono stato consacrato vescovo oggi realizziamo ancora una volta la principale manifestazione della nostra Diocesi di cui ricorre il 192° anniversario dell'erezione.
La festa di San Tommaso apostolo ci richiama soprattutto al fondamento trinitario, cristologico, pneumatologico ed apostolico della nostra Chiesa nella quale è presente la Chiesa Una, santa, cattolica ed apostolica.
Nel ricordare con riconoscenza i vescovi che mi hanno preceduto in questa cattedra ed in modo particolare S.E. Mons. Vincenzo Cirrincione, sento vivo il desiderio di rivolgere come Maria SS., un inno di ringraziamento al Padre di ogni dono per suo Figlio Gesù Cristo sposo e pastore della Chiesa, nello Spirito Santo.
Il mio pensiero pieno d'affetto e di riconoscenza va al Santo Padre Giovanni Paolo II che mi ha nominato vescovo e a Papa Benedetto XVI° .
Oggi sperimentiamo come vero per noi quello che l’apostolo Paolo nella lettera agli Efesini scrive sulla Chiesa come famiglia di Dio dove nessuno è straniero e ospite ma tutti siamo concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti.
Vogliamo dare il benvenuto a tre sorelle provenienti dalla Arcidiocesi di Ernakulam-Angamaly nella regione del Kerala in India : Suor Salamma, Suor Jincy, Suor Anice che svolgeranno il loro servizio nella casa di accoglienza “Zingale-Acquino” di Aidone affidata alla Fondazione “Istituto di Promozione umana “”Mons. Francesco Di Vincenzo”.
In questa celebrazione vogliamo rendere grazie al Signore per l'opera della sua grazia e vogliamo prepararci al nuovo anno pastorale.
L'anniversario della mia consacrazione episcopale è innanzitutto l'occasione per rivolgere il nostro sguardo a Gesù Cristo il “pastore e vescovo delle … anime” (I Pt 2, 25). Gesù Buon Pastore, che ha preso sulle sue spalle la pecorella smarrita per riportarla a casa, è il prototipo di ogni ministero episcopale e sacerdotale. Essere vescovo, essere sacerdote significa pensare, vedere ed agire a partire da Cristo ed essere a servizio degli uomini, affinché essi trovino il cibo che conduce alla vita eterna.
La Parola di Dio è il nutrimento di cui abbiamo sempre bisogno. Dal Convegno ecclesiale diocesano dello scorso settembre , che ha avuto come tema “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”, siamo sicuri la nostra Comunità diocesana attingerà sempre la linfa vitale per una nuova primavera di santità e un rinnovato dinamismo per la sua missione di evangelizzazione e di promozione umana nella nostra società.
In occasione dell'Anno paolino sono state molte le iniziative che ci hanno aiutato a conoscere meglio la personalità e il messaggio dell'apostolo delle genti e di apprendere nuovamente l’alfabeto della fede.
Anche se l'anno Paolino si è concluso essere in cammino di fede insieme con Paolo ed essere illuminati e trasformati dal Vangelo farà sempre parte della nostra esistenza cristiana e della nostra vita ecclesiale. San Paolo interceda per noi perchè Cristo abiti nei nostri cuori e ci renda persone nuove, che agiscono secondo verità nella carità.
Lasciarsi conquistare pienamente da Cristo è stato lo scopo di tutta la vita di san Paolo e deve essere anche anche l'obiettivo principale di ognuno di noi.
Lo scorso 19 giugno solennità del Sacro Cuore di Gesù è iniziato l'Anno Sacerdotale in occasione del 150° anniversario della morte del Santo Curato d'Ars.
Il Santo Padre Benedetto XVI nella Lettera indirizzata a tutti i sacerdoti per questo speciale anno giubilare ha inteso porre in luce alcuni aspetti qualificanti del nostro ministero, facendo riferimento all'esempio e all'insegnamento del Santo Curato di Ars, modello e protettore di tutti noi sacerdoti, e in particolare dei parroci.
Siamo invitati a lasciarci conquistare dall'amore di Gesù Cristo che ci possiede e ci spinge per crescere nell'intimità con Gesù ed d essere messaggeri di speranza, di riconciliazione, di pace.
Il curato d’Ars ha scritto “Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il buon Dio possa accordare ad una parrocchia e uno dei doni più preziosi della misericordia divina”.
Mons. Mario Sturzo si impegnò per far conoscere questo santo. In una lettera del 7 marzo 1938 indirizzata al parroco Francesco Galesi Vicario Foraneo di Niscemi mentre si compiaceva che nella chiesa di San Giuseppe era stato dedicato un altare dove era stato collocato un quadro rappresentante San Giovanni Maria Vianney diceva che era sua “vivissimo desiderio che in tutte le chiese parrocchiali ci sia un altare dedicato al grande Santo o almeno un sottoquadro “ e ricordava che nelle sue lettere pastorali ne aveva “raccomandato la devozione a tutte le parrocchie della Diocesi”.
Il curato d'Ars ha una bella e commovente affermazione del sacerdozio, riportata nel Catechismo della Chiesa Cattolica: "Il sacerdozio è l'amore del Cuore di Gesù" (n. 1589).
Noi ministri ordinati dobbiamo sempre ricordare con commozione che il dono del nostro ministero sacerdotale è scaturito dall'amore del Cuore di Cristo , che ci ha consacrati per servire, umilmente e autorevolmente, il sacerdozio comune dei fedeli.
Per essere ministri al servizio del Vangelo, è necessaria la "scienza dell'amore" che si apprende solo vivendo "cuore a cuore" con Cristo, che ci ha chiamati per spezzare il pane del suo amore, per rimettere i peccati e per guidare il popolo di Dio in nome suo. Proprio per questo non dobbiamo mai allontanarci dalla sorgente dell'Amore che è il suo Cuore trafitto sulla croce.
San Tommaso volendo toccare il costato di Cristo dal quale sgorgarono sangue ed acqua, volle attingere la fede piena nella resurrezione alla fonte stessa dell'amore e volle toccare i segni della grazia.
Cristo risorto ora vive in noi, nel suo mistico corpo di cui siamo membra. I nostri limiti e le nostre sofferenze, rintracciabili nel nostro vissuto, sono le cicatrici gloriose del Risorto.
Dove è il limite umano è anche operante la grazia di Dio . San Paolo ci ricorda “Quando sono debole è allora che sono forte!”, perché nella mia debolezza è operante la forza della resurrezione.
San Tommaso che vuole toccare Colui che hanno trafitto ci porge un invito che tutti possiamo raccogliere: guardare il crocifisso per scoprirvi il Risorto e per imprimere nel nostro cuore i germi fecondi della gratitudine della fede e dell'amore.
La proverbiale "incredulità" di Tommaso è paradossalmente un conforto a chi vive nella ricerca e nel dubbio e pretende delle risposte credibili da parte da Gesù.
Questo discepolo assenteista e incredulo con i suoi dubbi, mentre nel suo maestro toccava le ferite del corpo, guariva in noi le ferite dell'incredulità San Gregorio Magno dice “ A noi giova piú l'incredulità di Tommaso che non la fede dei discepoli credenti perché mentre egli, toccando con mano, ritorna alla fede, l'anima nostra, lasciando da parte ogni dubbio si consolida nella fede”.
Tommaso che pretende una conoscenza sperimentale del Cristo Risorto però di fronte al Signore che lo sfida si apre ad una fede adorante che gli fa esclamare: ”mio Signore e mio Dio.
La sua fede consiste nella relazione personale con Cristo e da questa deriva anche la sua relazione con gli altri apostoli della cui testimonianza prima non si era fidato.
L’anno sacerdotale deve suscitare in tutta la comunità cristiana una preghiera più intensa per le vocazioni sacerdotali e deve rimotivare la nostra vocazione sacerdotale per essere capaci di relazioni intense con Gesù Cristo e affettuose con i confratelli e i fedeli tutti.
È a partire dal rapporto con Cristo, nel quale è stabilita saldamente la nostra relazione filiale con il Padre nella forza della carità con cui lo Spirito ci unifica, che possiamo ridefinire il nostro rapporto con noi stessi, gli altri e il mondo. Per vocazione, i ministri dell’amore di Cristo sono costituiti affinché tessano relazioni autentiche e significative, che siano segno della salvezza che tutto riconduce nell’unità, superando le divisioni, le differenze e le discordie causate dal peccato.
La buona relazione dei credenti col Signore deve essere alimentata dalla centralità della Parola di Dio, dalla vita sacramentale, dalla carità pastorale che deve caratterizzare il ministero sacerdotale.
Una priorità pastorale è la cura delle relazioni vere e serene nella comunità ecclesiale tra il vescovo e il presbiterio, tra prete e prete, tra presbiteri e fedeli.
Nella prospettiva di valorizzare la condizione nuova in cui ci pone il mistero centrale della nostra fede, per il quale non siamo più chiamati servi ma amici e figli, fratelli con Cristo e tra di noi – mistero sublime, testimoniato dall’Incarnazione, con cui Dio è entrato nella nostra storia per tessere una relazione inattesa e sconvolgente con la nostra umanità fragile e mortale, e sigillato dal mistero pasquale, in cui il dono dello Spirito ci costituisce nella dialogia della pace, suscitando in noi la vocazione a partecipare alla vita divina – intendiamo progettare insieme a tutti voi il cammino pastorale per i prossimi anni della nostra Chiesa
Vi invito fin da adesso ad una Convocazione diocesana venerdì 18 settembre in preparazione al nostro Convegno ecclesiale che terremo nella seconda metà di novembre sul tema : “Chiesa, comunione di persone. Da «collaboratori» a «corresponsabili» : il dono della relazione filiale e fraterna”.
L'obiettivo che ci proponiamo è affermare l’identità della Chiesa come di un unico popolo che vive in profondità nella comunione con Cristo, con il duplice scopo di generare l’assunzione di una rinnovata consapevolezza dell’appartenenza ecclesiale, in forza della relazione con Dio e i fratelli generata dal battesimo e di stimolare a una migliore strategia della missione, quale via per estendere la partecipazione piena alla relazione filiale con Dio e i fratelli.
A partire dalla sua matrice trinitaria che ci fa comprendere l’identità della Chiesa come «comunione di persone», siamo invitati a superare una concezione restrittiva di comunione appiattita sull’esercizio dei ruoli.
Il passaggio dall’accentuazione delle funzioni all’assunzione della dimensione relazionale-personale come costitutiva della comunione ecclesiale permette di collocare la discussione sul rapporto ministero ordinato-ministero laicale su un piano più autenticamente teologale. Questo implicherà la necessità di parlare di corresponsabilità tra i membri della Chiesa ancor prima che di collaborazione. l alla Dalla categoria di “relazione” scaturisce la distinzione della persona nella comunione e la sua collocazione nella missione.
La puntualizzazione della corresponsabilità come fattore originante la propria appartenenza alla Chiesa e dunque come spinta determinante del proprio inserimento nella sua missione verso il mondo ci aiuterà a superare la categoria del servizio inteso come intervento sussidiario alle carenze di ordine temporale e stabilire con chiarezza il compito salvifico e ultimo della Chiesa verso l’unità del genere umano con Dio e degli uomini tra di loro (cf. LG, 1)
Le prospettive pastorali da perseguire saranno:
Rideterminare l'impostazione pastorale alla luce della categoria di “relazione” per favorire l’accoglienza e la promozione del dono dello Spirito della «comunione di persone», promuovendo gradualmente la corresponsabilità dell'insieme di tutti i membri del Popolo di Dio.
Esigere un cambiamento di mentalità riguardante particolarmente i laici, passando dal considerarli «collaboratori» del clero a riconoscerli realmente «corresponsabili» dell'essere e dell'agire della Chiesa, e favorendo il consolidarsi di un laicato maturo ed impegnato.
Ricomprendere il senso del ministero ordinato come servizio al sacerdozio comune, promuovendo la crescita spirituale e apostolica di quanti sono già assidui e impegnati nelle parrocchie e nei movimenti per animarli ad essere fermento per gli altri.
Programmare la vita pastorale diocesana e le scelte progettuali nei diversi settori e ai vari livelli sulla scorta dell’opzione pastorale della “relazione” intesa fondamentalmente come il nuovo e definitivo stato in cui pone il battesimo in relazione filiale a Dio e in relazione fraterna con le altre persone.
Il cammino di rinnovamento non rimane indenne da difficoltà, dovute a impostazioni culturali, spirituali e pastorali condizionate dall’ambiente circostante, a una non matura volontà di comunione e a una prassi pastorale disorganica, ma esso è ha potenzialità che certamente si esprimeranno nel prossimo futuro.
Nonostante le difficoltà la Chiesa di Dio pellegrina in Piazza Armerina, grata per i carismi suscitati in essa dallo Spirito, guarda con fiducia e speranza all’avvenire confidando nell’aiuto del Padre ricco di misericordia e nell' intercessione della Madonna Regina delle Vittorie, patrona della nostra Diocesi e a tutti i nostri santi e si impegna per una conversione continua al Vangelo e una testimonianza gioiosa di Gesù Cristo Risorto, unico salvatore del mondo.