Piazza Amerina. Arriva al pronto soccorso e rimane per 24 ore in attesa di essere destinata al suo reparto. E' il triste destino toccato ad una suora del “Boccone del Povero” rimasta "parcheggiata" nelle corsie del pronto soccorso in attesa che i medici si mettessero d'accordo a quale reparto destinarla. La suora, qualche giorno prima, aveva sbattuto la testa sul pavimento per una caduta. Quel pomeriggio aveva perso conoscenza. La sua superiora la accompagnava al pronto soccorso dove gli diagnosticavano una sorta di coma diabetico. I medici del reparto, dopo essersi consultati con quelli di neurologia, emettevano il verdetto: "deve andare in medicina". Ma dalla medicina arriva l’aut aut. "No, no deve venire da noi, il nostro reparto non è per queste cose". Il "tira e molla" dura per un pò. "Non tocca al nostro reparto, tocca al vostro" dicono tutti, esponendo i loro motivi. Ragioni però, esposte con urla e grida. “Uno spettacolo indecente – dicono – almeno potevano chiudersi in una stanza e non fare teatrino nei corridoi. Hanno messo in evidenza come i medici erano tutti armati l’un contro l’altro. Che delusione questa sanità”! La suora intanto aspetta, comoda, parcheggiata dentro la stanza del pronto soccorso. In attesa dell’accordo tra i medici, che però non arriva. Passa la notte e l’indomani i medici si riuniscono in “summit”. Nulla di fatto, però, e niente accordo perché in medicina dicono che non “tocca a loro”. L’unica soluzione è Caltanissetta. Finalmente la suora alle 5 del pomeriggio, dopo cioè ben 24 ore dall’arrivo al pronto soccorso piazzese, arriva a destinazione. Ventiquattro ore, solo per trovargli un reparto. Ospedale di Caltanissetta, reparto medicina. Guarda caso lo stesso reparto che a Piazza diceva di non essere competente per la diagnosi. Forse nella “repubblica sanitaria di Caltanissetta” le competenze dei reparti sono diverse? "E si trattava di una suora – dicono – accompagnata da una superiora ed un prete conosciuto da tutti i medici?! Chissà cosa sarebbe accaduto ad un poveretto senza "santi in paradiso". Magari rimaneva parcheggiato per qualche mese". Insomma, l'ospedale Chiello, ormai da un po’ è lasciato al suo triste destino. Pure quelli del bar hanno chiuso. Non si vede più un’anima viva durante le giornate e non si può rimanere aperti per 4 caffè. Eppure, qualche anno addietro quando hanno attivato il servizio si faceva a gara per gestire il bar dell’ospedale. Adesso è fallito. Lo stato di smantellamento è stato denunziato dai medici stesso. Nelle scorse settimane hanno inviato una lettera di protesta al direttore generale per denunziare il progressivo degrado. Si è pure formato un comitato cittadino per protestare. Qualche lettera, qualche volantino, ma adesso di nuovo silenzio. Mentre l’ospedale continua ad essere smantellato. I politici a parte qualche sussulto sono tornati nei ranghi. Consiglio comunale ed amministrazione non ne parlano più. Sanità e politica vanno a braccetto, come politica e sprechi. “Si sono “appattati” - dicono i cittadini – tanto a pagare siamo sempre noi”. Pare che adesso il Chiello dovrebbe essere trasformato in un “week surgery”, un ospedale cioè dove non si trattano le emergenze, infarti, traumi, ictus, ecc., ma soltanto interventi programmabili e tutto quanto possa essere trattato entro una settimana. Insomma, una parola inglese per non dire chiaramente che l’ospedale si chiude. Dicono che col Week surgery” si riducono le spese di gestione. Non si abbassano però quelle dei cittadini, che come la suora, finiranno a Enna, Caltanissetta o Caltagirone. Sorge una domanda: perché al posto di tagliare i servizi non si tagliano gli stipendi e non riducono i consulenti ed i manager della sanità? Forse perché in Sicilia, come in nessuna altra parte del mondo, la sanità è il settore principe dove i partiti fanno clientela. Alle spalle dei malati e dei loro “inconsapevoli” elettori. Inconsapevole certamente, “utili idioti” forse.
Agostino Sella
Agostino Sella