lunedì 7 febbraio 2011

Fuardo, il piazzese che poteva cambiare l’economia mondiale. II PARTE

Le navi petroliere non avrebbero avuto ragione di esistere, dal momento che la benzina solida si sarebbe potuta impacchettare in balle come il cotone

Nunzio Lauretta
Gaetano Fuardo ha come primo maestro il padre e l’élite culturale che ne frequentava la farmacia. Ne gode comunque per pochi anni, perché resta orfano in giovane età. Di conseguenza, la famiglia piomba nella miseria. La farmacia paterna viene venduta e Gaetano rischiò di non potere continuare gli studi. La morte, «in odore di santità», di frate Ignazio Fuardo, parente del padre, si incaricò di cambiare il destino del giovane Gaetano. Frate Ignazio, infatti, nel suo testamento istituì, a beneficio degli eredi maschi, «meritevoli negli studi», un legato di lire sessanta al mese.
Tanto provvidenziale quanto inaspettato, il lascito consentì al giovane orfano di frequentare le scuole superiori a Palermo e, successivamente, il Politecnico di Milano, dove si laureò, con il massimo dei voti in ingegneria. Sposò una ragazza di nobile casato. Non ebbe mai figli.
Rimase vedovo pochi anni dopo. Dopo, si tuffò con tutta la sua determinazione, fino all’ossessione, presso il laboratorio chimico del Politecnico di Milano, negli studi per rendere ininfiammabile la benzina.

La caparbia determinazione del giovane piazzese ebbe la meglio nei confronti della formula di sintesi (idrogeno ed ossido di carbonio) e così Gaetano creò la benzina «solida ed ininfiammabile». Secondo il geniale procedimento, la comune benzina veniva trasformata in una sostanza solida, spugnosa e friabile. La cosa più strana, poi, era la facile convertibilità allo stato liquido di prima e, quindi, la rapidità per l’utilizzo come carburante. Tutto senza che si modificassero la struttura molecolare della benzina, né le sue proprietà chimiche. Il suo peso specifico era lo stesso che allo stato liquido e il prodotto ottenuto era, quindi, in condizione di galleggiare sull’acqua. Fuardo dichiarò: «Non è solubile. La riconversione avviene per pressione fisica. Sottoponendo, infatti, la nuova sostanza ad una spirale in camera conica tipo pesta patate, viene fuori la benzina allo stato liquido». All’esperimento assistettero centinaia di persone. La scoperta fu portata a conoscenza di giornalisti, di amici, di parenti, di industriali, seminando lo sbalordimento, soprattutto, a proposito delle ipotesi di utilizzazioni possibili derivanti dalla scoperta. A cominciare dalle petroliere che non avrebbero più avuto motivo di esistere, dal momento che la benzina solida di sarebbe potuto impacchettarla in balle come il cotone. Per continuare con il prezzo dei carburanti, che sarebbe stato costretto a scendere, anche per via della possibilità di far raggiungere le mete più isolate della terra molto rapidamente. Ed ancora, le compagnie di assicurazioni e riassicurazioni sarebbero state costrette a perdere miliardi di affari. Infine, ogni mezzo di locomozione avrebbe potuto portare la scorta di carburante occorrente al proprio fabbisogno. La scoperta di Fuardo avrebbe risolto anche il drammatico problema degli inquinamenti dei mari.

All’ingegnere siciliano, intanto, occorrevano soldi per condurre le ricerche ed effettuare gli esperimenti necessari. Con la fine della prima guerra mondiale, Fuardo decise di emigrare nella vicina Francia, in quella Parigi che a quel tempo era la capitale europea della scienza e dell’arte.

E’ solo nel 1935 che si tornò ad avere notizie dell’inventore siciliano. La stampa francese annunziò ufficialmente la scoperta del Fuardo, dandole ampio risalto. Un industriale di dichiarò disposto a finanziare le ricerche. La rivista specializzata Aerophile diede ampio resoconto degli esperimenti attuati, illustrando i pregi e l’importanza della benzina solida. Gaetano Fuardo finalmente aveva vinto, la sua scoperta era diventata di pubblico dominio, a livello mondiale. Del segreto della formula e del relativo procedimento non si faceva menzione alcuna. La scoperta minacciava seriamente consolidati interessi del settore petrolifero. Fuardo riceveva giornalmente proposte, ma tutte miravano a togliere dalla circolazione la scoperta e con essa il suo autore.

Qualcuno suggerì a Fuardo di recarsi a Londra, dove trovò ad attenderlo una «persona molto vicina» al primo ministro Churchill. Contestualmente l’Italia viveva il periodo di massima euforia del fascismo. Le spie operavano attivamente, in entrambe le realtà, quella inglese dell’Intelligence Service e quella delle spie che operavano a Londra sotto la copertura dell’ambasciata italiana.

Bruno Brivolesi, addetto dell’ambasciata d’Italia, venne così a conoscenza della presenza di Fuardo a Londra e ne informò Roma. «La benzina solida la voglio io perché mi spetta», fu la risposta di Mussolini, accompagnata da un invito a Fuardo di rientrare in patria «perché è suo dovere mettersi al servizio della sacra causa che l’Italia conduce». Intanto la cosiddetta «Benzina F» (F. come Fuardo) era diventata nota a Londra, dove il dipartimento militare, servendosi della collaborazione degli industriali interpellati dal Fuardo, dava corda lunga, pur non sganciando i rapporti con il diffidente inventore, restio a rivelare il segreto di fabbricazione.



Fuardo viveva sotto stretta sorveglianza da parte dei servizi inglesi. Mussolini, intanto, non si dava pace e feceva entrare in azione i servizi segreti italiani, con l’ordine preciso e perentorio di liberare a qualunque costo lo scienziato e condurlo in Italia.



E così in una di quelle serate tipicamente londinesi, umide e fredde, angosciato per l’indigenza in cui la caparbia determinazione di non svendere la scoperta lo costringeva, si ricordò di una donna oriundo italiana che aveva conosciuto in un postribolo. Riuscì a trovarla dopo un lungo percorso per le vie di Londra. La donna (della quale non rivelò mai il nome) fu accogliente ed amorevole, gli preparò la cena e gli asciugò gli abiti. Invano. Due agenti italiani lo rintracciarono e gli offrirono la possibilità immediata di lasciare la Gran Bretagna per raggiungere l’Italia. Quella stessa sera Fuardo raggiunse la costa inglese, poi l’Olanda e la Danimarca. Per arrivare in patria non gli restava che attraversare la «grande amica» dell’Italia: la Germania.

La presenza di Fuardo in Germania non poteva certo sfuggire al servizio segreto tedesco e c’è da pensare non fosse rimasto completamente estraneo anche alla sua evasione dalla Gran Bretagna, fin da quando Brivolesi aveva mandato un campione di benziana solida a Roma per le opportune analisi.

Intanto Hitler voleva per sé la prodigiosa scoperta e promise a Mussolini che, a produzione avanzata, gli avrebbe consegnato un congruo quantitativo di carburante solido.

Fuardo, pur avendo fino ad allora resistito a tutte le lusinghe, determinato com’era a destinare la scoperta a fini umanitari, finì per rassegnarsi ad accettare le proposte di Hitler, il quale gli mise a disposizione ogni mezzo. Fece allestire subito uno stabilimento in Westfalia per la produzione della benzina solida, dotandolo di collaboratori, tecnici, esperti e risorse finanziarie.

Cambiò, così, anche la situazione economica del nostro scienziato, che diventò assai fiorente. Un consistente deposito a suo nome venne sequestrato dagli Alleati presso la Deutsche Bank.

Nonostante le difficoltà dovute alla mancanza di alcuni additivi per il procedimento di fabbricazione, un’industria tedesca riuscì a produrre sinteticamente quanto serviva a Fuardo. Nel 1944 fu così presentata ufficialmente ad Hitler la «benzina F», che diventava, da quel momento, un’arma in più nelle mani del dittatore tedesco. Si trattava infatti di una delle grandi scoperte che «avrebbero sbalordito il mondo», di cui tanto, fino a quel momento, aveva millantato Hitler.

Lo spionaggio americano, però, non era rimasto inattivo, aveva percepito qualcosa ed era riuscito ad identificare lo stabilimento della Westfalia, che venne bombardato in maniera scientifica, fino a distruggere tutto, compreso il quantitativo di benzina solida fin lì prodotta e pronta per essere spedita sui fronti di guerra.

La sconfitta della Germania consente a Fuardo di scappare, varcare il Brennero e tentare di arrivare nella sua Sicilia, da dove mancava da molti, troppi decenni. Era comunque oggetto di attenzione da parte dei servizi segreti delle maggiori potenze mondiali. Durante la sua permanenza nella sua tenuta di Aliano ritrovò un po’ di pace con sé stesso ed ogni tanto si recava a Piazza Armerina e a Mirabella Imbaccari, per incontrare i parenti e qualche amico.

Un certo giorno, dopo alcuni mesi di permanenza, fece perdere le tracce di sé. Siamo nel 1946, Fuardo era partito per Roma, dove decise di vivere e riuscì ad incontrare il maresciallo d’Italia Messe. Da quell’incontro prendono le mosse gli esperimenti fatti alla scuola di fanteria di Cesano in presenza delle più alte autorità militari.

Fuardo ebbe modo di incontrare anche esponenti della Fiat, i quali gli chiusero le porte di una possibile introduzione della benzina solida nel mondo della produzione di automobili, il quanto per adattare il nuovo carburante alle automobili, sarebbe stato necessario rivoluzionare i criteri ed i sistemi produttivi delle automobili.

In Italia, pertanto, dato il numero e la consistenza degli interessi che avrebbe toccato l’introduzione della benzina solida, non c’era alcuna speranza di riuscita per Fuardo e la sua scoperta. Fu così che decise di ritornare in Francia. Nella Francia degli anni Cinquanta che viveva drammatici momenti di lotte interne e di guerre esterne, nel tentativo, vano, di conservare gli ultimi brandelli di un impero.

A Parigi incontrò il ministro della Difesa Pleven, con quale sottoscrisse un vantaggioso accordo. Gli venne commissionata una fornitura del prezioso nuovo carburante dietro lauta retribuzione. Il ministero si incaricò di trovare un’azienda disponibile e le attrezzature necessarie per la fabbricazione della benzina. L’inventore si mise subito al lavoro. La produzione consente di dar vita ad una scorta notevole di benzina solida, stoccata a balle in un magazzino. La Francia la utilizza subito, spedendola per via aerea in Indocina dove era impegnata in una disperata guerra. Infatti, Die Bien Fu era circondata dai guerriglieri e tagliata fuori dai rifornimenti francesi, soprattutto di carburante. Fu così che la benzina solida di Gaetano Fuardo fu lanciata con i paracadute ed il successo fu incredibile.

Tutti vogliono la formula di Fuardo, ma egli è irremovibile, è disposto a produrre la benzina, non già a cedere la formula e i procedimenti. Infine, dopo vari ripensamenti dichiarò che era disposto a cedere tutto a condizione che la formula venisse resa di pubblico dominio e che tutti gli Stati potessero fabbricare liberamente la benzina solida.

A quel punto accadde uno strano incidente. All’uscita dal ministero Fuardo venne urtato da uno sconosciuto che gli strappò la borsa che aveva in mano e lo lasciò a terra con una serie di fratture agli arti inferiori. Da quel momento il ministero francese ruppe arbitrariamente l’accordo di produzione con Fuardo e non gli pagò più neanche quanto fin lì dovuto.

Dopo una lunga degenza in ospedale, Fuardo intentò causa al ministero. Causa che rischiava di diventare interminabile e che seguì, attraverso l’avvocato parigino Rossignol, da Parigi finché gli fu possibile; quando la stanchezza e l’esasperazione ebbero il sopravvento continuò a seguirla da Roma.

Intanto si ammalò e il quotidiano romano Il Messaggero titolava un servizio su di lui così: «L’inventore della benzina solida muore di fame». Fuardo nel 1959 trovò una discreta sistemazione in una pensione di via Arcione, gestita dalla signora Lucilla Feliziani, che l’accudiva amorevolmente. Quando decise di fare testamento, lo fece in favore della signora Lucilla, in cambio dell’assistenza e dell’ospitalità ricevuta.



Il 29 ottobre 1962 morì nell’ospedale dei cronici, in Ciociaria, dove era stato ricoverato qualche giorno prima. Poco tempo dopo la sua morte giunse la notizia della causa, vinta da Fuardo, contro il governo francese. Un miliardo di lire fu il risarcimento stabilito dai giudici francesi in favore di Gaetano Fuardo o di chi potesse dimostrare di esserne il legittimo erede.

Giuseppe Suffanti

Chi sono

Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com


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"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"

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