lunedì 30 aprile 2012

I maschi che uccidono le donne...

NATALIA ASPESI
EVA bene, aderiamo all'appello; e poi? Siamo d'accordo, lo sono tutti, chissà, anche quell'uomo sconosciuto e adesso certo del suo equilibrio che magari tra mesi o anni strangolerà furibondo una moglie disubbidiente e in fuga. Ascoltate le donne di "Se non ora quando".
Ecosa dicono su Twitter una valanga di femmine e maschi: il femminicidio riguarda la politica, è la politica che deve intervenire. Per impedire che in Italia le donne continuino a crepare per il solo fatto di essere donne: nel 2006 gli uomini ne hanno uccise 101, nel 2007 107, nel 2008 112, nel 2009 119, nel 2010 120, nel 2011 137; e nel 2012 le donne ammazzate sono già 54. Ammazzate soprattutto da mariti o ex mariti, da conviventi o ex conviventi, da innamorati respinti: il 70 % delle assassinate erano italiane, il 76 % degli assassini sono italiani.

Ma quanti articoli arrabbiati abbiamo scritto, quanti appelli sdegnati abbiamo firmato, ad ogni efferata, cieca, mortale vendetta di un uomo che ammazza la sua donna "per troppo amore", negli ultimi decenni? Quante volte il cronista, preso dall'idea che la passione giustifica tutto, ammanta le coltellate, le randellate, come sì certo era meglio che no, ma si sa, un uomo innamorato poverino, si acceca e chissà quanto era stato provocato. E giù il passato della morta, a scovarne, storie e possibili deviazioni, in più, meticolosa descrizione del povero cadavere, possibilmente con foto dei poveri resti. C'è una misteriosa, segreta abitudine italiana di considerare le donne come gran brave persone certo, con gli stessi diritti certo, ma diverse, nel senso di un po' ambigue, e sempre un po' colpevoli: dall'aver lasciato scuocere la pasta a volersene andare, sfuggendo, meglio tentando di sfuggirea un ordine, a una consuetudine,a una sudditanza, in qualche modo disubbidendoa un uomo che, proprio perché sempre più fragile e insicuro, spaventato da quella persona che lo giudica e gli si oppone o addirittura non ne vuole più sapere, sente il bisogno di prevaricare, di essere riconosciuto come maschio, quindi come padrone.

Guai a dirlo, ma è così: del resto il famoso delitto d'onore, pare impossibile, è stato cancellato dalla nostra legislazione solo nel 1981. E la legge che condannava alla galera la traditrice (ma non il traditore), è stata abrogata del tutto nel 1969. Quando, alla fine degli anni '60, cominciarono i processi per stupro, perché finalmente le ragazze superando la vergogna personale e il disprezzo popolare, osavano denunciare il loro stupratore, bisognava sentire gli avvocati in difesa del ragazzone stupratore, come infierivano sulla "colpevole", chiedendo conto del passato della sua verginità, e che mutande portava, e perché non si era comportata come Maria Goretti, per non parlare delle mamme dei maschi "vittime" di quella sporcacciona, a lacrimare,a raccontarne l'indole pia e innocente. Certo il paese è cambiato, la giustizia pure, ma gli uominie la loro idea di potere legata al sesso, meno: in guerra lo stupro di massa fa parte del conflitto, in pace la donna continua ad essere una preda: la ventenne rapita e torturata da omacci l'altra sera a Voghera, gli episodi milanesi di una madre violentata in un parco in pieno giorno, di ragazze palpeggiate in metropolitana, continuano la storia del corpo della donna disponibile al desiderio di qualunque maschio, come un oggetto tra l'altro senza valore, usabile, deteriorabile. Anche qui, siamo nella tradizione: da ragazze, noi vecchiette di oggi, sapevamo che in tram saremmo state palpate, pizzicate, che una mano, ed altro, si sarebbero appiccicati al nostro sedere. Si diventava rosse e si stava zitte, e ci si rassegnava all'odiosa imposizione. E quando adolescenti tornando in pieno giorno da scuola, c'era sempre in un angolo un signore con la patta aperta, tanto così per mostrare con orgoglio le sue virtù virili? Anche lì zitte, come se in qualche modo fosse colpa nostra.

Sono storie lontane, ormai ridicole, e fortunatamente oggi una palpata non richiesta viene denunciata, suscita l'indignazione di massa e uno stupratore rischia anni e anni di galera. A beccarlo naturalmente. Perché ciò che indigna di più della violenza misogina, e ovviamente ancor più della vita strappata a tante donne, è che troppo spesso non si trova il colpevole: il fidanzato? Forse. Il compagno? Potrebbe essere. L'ex marito? Chissà. Ci sono ammazzamenti di donne che rendono furibonda la televisione che mette in piedi a ogni ora dibattiti infuocati, presente anche il sospettato autore del delitto. Poi ci si stufa e non se ne parla più, né interessa sapere se poi il delinquente è stato trovato o se invece si è condannato un innocente.

Ai processi qualche volta ci si arriva, ma poi, come nel "delitto di via Poma", la condanna era ingiusta, il condannato innocente viene giustamente liberato, e intanto, ancora una volta resta impunito l'omicidio di una povera giovane bella ragazza di cui a fatica ormai ci ricordiamo il nome. Le donne ammazzate, diventando una notizia troppo frequente, finiscono col meritarsi ormai poche righe frettolose, oppure ne scrivono solo i giornali di provincia, a meno che la storia sia particolarmente efferata o se appunto qualcuno, donne, si stufa e si ribella. E propone un appello: certo che in tanti si aderisce all'appello affinché la strage finisca.

Ma la domanda che per ora non ha risposta è: perché questa strage? Perché ancora è così difficile per un uomo, non necessariamente un criminale, sarebbero troppi, accettare la libertà della donna, l'integrità del suo corpo, la sua volontà, le sue scelte? Perché la sua difesa troppo spesso è solo la violenza? Perché? Ma se lo chiedono gli uomini, tutti quanti, anche i più irreprensibili, e generosi, e ahi! innamorati?

Chi sono

Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com


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"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"

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