venerdì 22 febbraio 2013
Sviluppo agricolo possibile e necessario.
di Carmelo Alfarini
Le proiezioni macroeconomiche c'informano che entro il 2030, altri tre miliardi di persone diventeranno "cittadini del benessere" (Cinesi, Indiani, Brasiliani, ecc.) e che oltre al piatto di riso o di pasta, cominceranno a consumare proteine nobili come il pesce e la carne. Per fornire questi prodotti bisognerà aumentare gli allevamenti e, di conseguenza, produrre più foraggi e più cereali (almeno per la carne). E' implicito, anche un maggior consumo di verdure, formaggi, vini, oli e tutto il necessario, per una corretta alimentazione.
Tenendo presente questo quadro, nonché la crescente diffusione della dieta mediterranea, che ha visto esplodere il nostro export agricolo, si pone una riflessione sull'agricoltura della nostra Città.
In tempi non molto remoti e fino al dopoguerra, l'economia di Piazza Armerina, si reggeva anche sull'agricoltura che comunque non era la sola voce di entrata.
Avevamo le miniere di zolfo che occupavano molti operai, scuole frequentate da studenti provenienti da buona parte della Sicilia, l'Ospedale, molti uffici pubblici quali il Catasto, la Pretura, cui si aggiungevano le forze militari e paramilitari. Insomma una economia cittadina ben articolata e portatrice di un benessere generale. L'avvento della riforma agraria e l'eccessivo frazionamento della proprietà agricola, resero non più convenienti gli investimenti nel settore. Il risultato fu l'abbandono delle campagne e il fenomeno sempre più crescente dell'emigrazione che tolse tante braccia operose all'attività produttiva, determinando l'inevitabile declino demografico della popolazione, aggravato, negli ultimi anni, dalla crisi economica.
Esercitata nel modo giusto, l'agricoltura può essere ancora una fonte di reddito. Si può produrre di tutto, ma è meglio seguire la vocazione storica e quella naturale del terreno. Ci sono per questo, agronomi che consigliano il modo migliore di coltivare i terreni e all'occasione istruire le pratiche per accedere ai finanziamenti previsti in materia.
Se ci guardiamo intorno, nei paesi limitrofi, esistono realtà agricole discretamente redditizie. A San Cono si producono fichidindia, pesche, ortaggi, vini, formaggi. A Barrafranca, pesche, agrumi, cipolle rosse, ortaggi, cereali, foraggi, allevamenti, vigneti. Lo stesso dicasi per Mazzarino, ma con particolare tendenza verso i vini.
Sono attività che possono assicurare un buon reddito a patto che ci si dedichi pienamente, come avviene, d'altra parte, per tutte le iniziative imprenditoriali.
Piazza Armerina ha una considerevole varietà di terreni e si presta a molteplici produzioni. I terreni però sono incolti. Perché? Ci sono varie spiegazioni: poca fiducia nel settore, poca propensione a lavorare sodo, l'erronea presunzione che il lavoro agricolo sia socialmente inferiore, mancanza di spirito di impresa.
Basterebbe fare qualche viaggio nelle zone a vocazione agricola, per rendersi conto che le cose possono andare diversamente. L'attività agricola con il suo indotto è certamente un'attività imprenditoriale seria. La produzione di formaggi quali il parmigiano, grana padano, mozzarelle, non é opera di un singolo industriale ma di migliaia di piccoli produttori, che conferiscono alle cooperative, di cui fanno parte, quote latte, foraggi, cereali, seguendo regole prestabilite. L'agricoltura dell'Italia settentrionale, che non è fatta solo di prodotti caseari, ma di pesche, ciliegie, mele, foraggi, allevamenti di ogni genere ecc. è stata il volano delle piccole industrie. Questo perché il settore richiedeva macchine agricole, attrezzature per lavorare i prodotti agricoli,celle frigorifere per la conservazione, mezzi di trasporto, magazzini di stoccaggio. Cosi, pian piano sorgevano piccole aziende meccaniche per produrre quello che serviva loro e al resto d'Italia. Appare subito evidente il grande impegno che le aziende del nord mettono nel loro lavoro. Sono infaticabili e sempre alla ricerca di nuove soluzioni per rendere più competitiva la produzione. Ne parlano nelle sedi delle cooperative, nei bar, con gli artigiani, con i responsabili delle piccole industrie e si fermano, ma solo per poco, fino a quando, non risolvono il problema. La soluzione diventa poi un bene per tutti, perché qualsiasi risparmio ottenuto dal singolo é un bene per la cooperazione.
Anche a Catania, Siracusa, Ragusa dove esiste un'agricoltura abbastanza sviluppata, sono sorte, in sincronia, piccole aziende meccaniche al servizio della stessa. Esistono aziende che realizzano macchinari per lavorare agrumi, fichidindia, pesche, pere, pomodori, carote, ortaggi vari e celle frigo per la conservazione. Se non c'è stato, un vero boom si deve alla cecità delle banche, all'incapacità dei sindacati che non hanno promosso, con forza, la cooperazione indispensabile per raggiungere quelle dimensioni, che da sola, la piccola proprietà non poteva avere e alla mancanza di ogni forma di collaborazione con le Università. Proprio così, al nord, le università hanno svolto una funzione importante nell'indicare gli obiettivi e mettendo a disposizione le loro ricerche a favore dello sviluppo. Il contrario delle nostre università, arroccate dietro i loro baronati e privilegi, irraggiungibili da chi non possedeva un livello culturale necessario (o presunto tale). Certamente é mancato il maestro del coro, cioè il politico lungimirante. Nel Nord il politico, ha operato e opera nell'interesse della Comunità, nel Sud nell'interesse della clientela politica. Tanto per fare un esempio, noi con la Cassa per il Mezzogiorno abbiamo sperperato una montagna di miliardi per non creare niente, ma solo per favorire aziende della clientela politica, destinate al fallimento o addirittura mai entrate in funzione. Loro che non potevano avere la Cassa per il Mezzogiorno, hanno operato con la c.s. legge Sabatini che ha finanziato tutta l'Italia onesta e operosa, senza fondi perduti, ma solo agevolazioni sugli interessi bancari che l'utilizzatore pagava sulle cambiali, rilasciate al momento dell'acquisto del bene. Insomma loro hanno capito che l'unione fa la forza e che da soli non si sta bene neppure in Paradiso, noi no!
Si può cambiare? Le nuove generazioni possono farlo se vedono il loro rappresentante politico non come il dispensatore di favori, ma come uno che lavora per la collettività. Personalmente sono molto ottimista e credo nei giovani.
Chi sono
Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com
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"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"
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