martedì 30 luglio 2013

Davvero gli uomini devono tutto alle donne?

I maschi più sinceri lo dichiarano ad alta voce: "Devo tutto alle donne della mia vita ". Che si tratti poi di mogli, madri, fidanzate, figlie o sorelle poco importa, ciò che conta è il tributo all'universo femminile, anzi femminile-familiare. Quella parte del cielo che (è noto) farebbe diventare gli uomini migliori. Più generosi. Più attenti. Più solidali. Contaminati da quell'intelligenza emotiva che nelle donne rende lo sguardo più grande e più acuto. Si chiama "effetto D", affonda le sue radici nella storia dei sessi, ma oggi, addirittura, qualcuno ha deciso di quantificarlo, sezionarlo, studiarlo. Valore D. Effetto D. Vedi Bill Gates e il suo reiterato "grazie" a Melinda. O i tanti di Barack Obama a Michelle.
Ma anche la battuta del radioso principe William all'uscita del St. Mary's hospital con George Alexander Louis, il  futuro re d'Inghilterra, in braccio: "Per fortuna assomiglia a Kate". Un grazie, comunque. Così, cimentandosi nella scivolosa arte di razionalizzare le relazioni sentimentali e parentali, tre studiosi americani, Michael Dahl, Cristian Dezso e David Gaddis Ross, rispettivamente professori di economia e management in tre diverse università degli States, hanno provato a calcolare cosa voglia dire in concreto questa influenza del genere femminile sul maschile. Quanto cioè avere una compagna o una figlia femmina, unasorella o una madre di un certo tipo, possa cambiare (in meglio) la vita di un uomo. Importanti, ricchi, famosi e non. Lo studio, ardito e controverso, è stato pubblicato nei giorni scorsi sul New York Times, ed è già popolarissimo sul web, ma altrettanto criticato da molte associazioni femministe, per quella velata posizione ancillare e conservatrice in cui comunque la donna, anche se plurititolata e affermata, viene comunque collocata. (Nonostante la solita frase "dietro un grande uomo c'è sempre una grande donna", venga qui trasformata in "accanto ad un grande uomo...."). Partendo dall'analisi delcomportamento lavorativo di alcuni top manager prima e dopo la paternità, Dahl, Dezso e Ross dimostrano quanto il loro tasso di generosità e dunque gli stipendi dei loro sottoposti si trasformino a seconda del sesso del figlio appena nato. E la tesi, basata su dati rilevati con sondaggi interni all'interno di una decina di aziende, dimostra che se il baby è maschio, beh, c'è poco da fare il capo diventa ancora più tirchio, se invece però il fiocco è rosa, qualcosa cambia, e i neo-padri top manager sembrano più disposti a concedere aumenti e premi di produzione... Come se la nascita di una femmina rendesse il cuore di un maschio più sensibile e attento ai bisogni altrui. Più propenso a capire i problemi femminili, addirittura "più liberal e democratico nelle scelte politiche". Forse. Opinabile. Di sicuro c'è dell'eccesso in tutto questo, però c'èancheunapartediverità. Molto sta cambiando infatti nella grammatica dei sessi, e sempre più maschi, quando le relazioni sono equilibrate e sane, sembrano disposti ad accogliere la vita in modo più globale ed affettivo, esattamente come fanno le donne. Barbara Mapelli insegna Pedagogia di genere all'università Bicocca di Milano. E racconta: "Ho vissuto un'esperienza diretta su quanto il crescere e vivere inun ambiente con un certo tipo di donne possa influenzare i maschi. Mio figlio aveva sempre mostrato indifferenza, anzi quasi una vera e propria ostilità al mio percorso di madre femminista. Rispetto reciproco ma strade diverse. Poi è diventato padre e ha preso cinque mesi di congedo dal lavoro. Come se appunto non volesse perdersi l'esperienza straordinaria dell'accudimento di un neonato". Empatia. Sensibilità. Tutti elementi che spesso, avverte Mapel-li, "sono stati esaltati ad arte nelle donne per relegarle nel cosiddetto ambito delle virtù minori, il sacrificio di sé per il successo del partner e della famiglia". Condizione ancora persistente per gran parte della popolazione femminile, ma che sta cambiando invece nelle giovani coppie, dove c'è ormai un mescolamento di ruoli e una "contaminazione di modi di essere e di sentire che può portare a nuove armonie". Aggiunge Barbara Mapelli: "La mia facoltà, Scienza della Formazione, è frequentata in gran parte da ragazze. Così per capire come si sentivano i pochi studenti maschi presenti abbiamo fatto una ricerca interna, chiedendogli di raccontare la loro esperienza. Ed è venuto fuori che il valore aggiunto del corso di studi era stato proprio il vivere in una sorta di famiglia tutta al femminile...". Certo, "gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere", da ambiti cioè sideralmente opposti, rubando il titolo ad un fortunatissimo libro di qualche anno fa, ma in questo percorso planetario le passeggiate di avvicinamento sono sempre di più. E parlando per una volta non di violenza ma di storie d'amore e di relazioni (sane) di coppia, si vede che la tesi dello studio americano è vera sì, ma nella reciprocità. Dice infatti Alessandro Rosina, demografo e docente all'università Cattolica di Milano: "Sono le giovani coppie che stanno sperimentando per la prima volta il sostegno paritario. I maschi scoprono la ricchezza del prendersi cura non solo dei figli ma della famiglia nel complesso, le donne sono più libere nel realizzare se stesse. Sono cadute quelle barriere culturali per cui le emozioni dovevano restare in un ambito femminile. Per il nostro paese è una rivoluzione culturale". Non solo. È la vitaquotidiana a spingere per una geografia diversa delle relazioni. "Oggi i lavori sono precari, ci può essere un periodo in cui è lei a doversi impegnare di più, e allora tocca al padre dedicarsi maggiormente al lavoro di cura. E di certo in un maschio questo impegno affettivo cambia il modo di vedere e di pensare. E sicuramente rende migliori". Da poco è uscito per le edizioni XL un libro curioso, che racconta seppure da un'altra angolazione proprio quanto sostiene lo studio pubblicato dal New York Times. Si chiama "Madri (femministe) e figli (maschi)", e le due autrici sono Patrizia Romito e Caterina Grego. Un viaggio di interviste e racconti a doppia voce, da una parte le madri, che hanno fatto parte del movimento delle donne, e su quei valori di parità e rispetto hanno allevato figli. Dall'altra i figli appunto, maschi. Le loro difficoltà a capire quelle madri, amorevoli certo, ma ingombranti, forti, anche scomode. Sottolinea Patrizia Romito, professore di Psicologia sociale all'università di Trieste: "Abbiamo incontrato giovani uomini, alcuni già padri, altamente rispettosi del mondo femminile, impegnati contro la violenza sulle donne. Dimostrazione che una educazione di questo tipo, se supportata da un padre che ne condivide il senso, trasmette ai maschi dei valori positivi". In uno scambio, fusione e contaminazione, aggiunge Patrizia Romito, "in cui generi si assomigliano sempre di più, come dimostrano molti saggi di psicologia contemporanea". Anche se il messaggio è come se avesse saltato una generazione. "Tra gli adolescenti le relazioni sono invece sessiste e dure. Dalle nostre ricerche emerge che una ragazza su 10 al di sotto dei diciotto anni ha già avuto una storia con un partner violento. C'è da chiedersi allora in che tipo di contesto questi maschi sono stati allevati, e quale messaggio abbiano appreso dalla famiglia". Avanti per tornare indietro. Accade nei grandi mutamenti sociali, bisogna aspettarselo. "Del resto gli attacchi alle conquiste delle donne nel nostro paese sono ancora continui  -  ragiona Maria Rita Parsi, psicoterapeuta di lungo corso  -  ma per fortuna nelle relazioni ilcambiamentoc'è. I maschi sistematizzano, le donne dialogano, hanno un rapporto globale, olistico con il mondo, e gli uomini oggi lo apprezzano, si sentono sostenuti, ringraziano. E non solo nei rapporti madre-figlio o uomodonna, ma penso anche al rapporto fratello-sorella, così presente nella fiabe, a cominciare da Hansel e Gretel. Non dimentichiamo che la parità nasce nell'infanzia: il maschio allevato in una casa dove fratelli e sorelle hanno gli stessi compiti, avrà poi relazioni di coppia basate sull'eguaglianza e sarà capace di guardare la vita anche con la sensibilità di una donna".


INVIATO DA REPUBBLICA MOBILE
Visita m.repubblica.it dal tuo telefonino o se hai un iPhone scarica gratis da iTunes l'applicazione di Repubblica Mobile.


Un abbraccio e tanta serenità.
Agostino Sella

Chi sono

Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com


___________


"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"

TUTTI GLI ARTICOLI