UFFICIO STAMPA
Comunicato stampa congiunto
del 18 ottobre 2013
E così la croce l’hanno buttata addosso ai commercianti della Villa romana del Casale.
Sono loro i colpevoli di tutto: i commercianti di souvenir hanno bloccato una pubblica via, hanno messo fil di ferro, hanno perfino minacciato fisicamente chi voleva gettare il cuore oltre l’ostacolo.
E l’hanno fatto in sette, tutti coscritti di una strana associazione, per qualcuno addirittura mafiosa, e saranno chiamati a pagare di persona a causa di un esposto pieno di falsità, che non ha svelato le magagne che da almeno cinque anni si consumano nei corridori di Soprintendenza, Provincia e Comune e che invece ha posto attenzione solo a ciò che avviene nei piazzali dell’importante sito archeologico.
Lo diciamo perché a nessun inquirente è venuto sinora in mente di guardare fitto attraverso le trame della spesa di oltre sei milioni di euro, per realizzare un’area commerciale che grida vendetta al cielo.
Non una carta è stata sequestrata per capire se ci fossero le condizioni per appaltare un parcheggio in quel piazzale, se è vero che al passaggio di un mezzo qualsiasi si solleva il Ghibli, vento di sabbia (e sabbia di cemento!), se fossero stati previsti gli impianti a norma, se siano mai stati realizzati i servizi e dove scaricano i reflui fognari; se siano in ordine: acqua potabile, impianto elettrico, pubblica illuminazione, superfici calpestabili e stand.
Nessun giudice si sta interrogando se le nuove spese disposte dal Comune per migliorare l’area, abbiano fondamento di legittimità o se, come dicono i commercianti incriminati, siano solo costose foglie di fico per nascondere una difficile realtà.
Mimmo Bonifacio è certamente un rompiscatole, lo dicono tutti e possiamo ben dirlo anche noi, ma questa volta le cose che dice non sono sbagliate.
Questa volta nei panni del perseguitato glielo hanno messo davvero e glielo hanno messo in buona compagnia. Sta insieme a quella signora Nella, proprietaria del bar sulla S.P. 90 che Comune e Provincia hanno deciso di fare fallire, avendo stabilito che il suo bar non può operare perché la strada su cui insiste l’immobile è chiusa e che a lei non resti altro da fare che andarsi a cercar ventura altrove: «Levi le vele e se ne vada perché in graduatoria non c’é posto per lei». La legge del comandante Gabrieli non prevede alcuna eccezione. Con la signora Amore il dirigente dell’Ufficio commercio ha fatto quella manovra che i francesi pronunciano così: «tourner le dos», una sorta di voltare le spalle, di sfuggire al problema.
Bonifacio l’hanno messo in compagnia di altri cinque commercianti che dal 2006, tra lavori in corso, chiusure della Villa, alterne vicende della politica locale, denunce per infrazioni al vincolo ambientale, abusi edilizi e crisi economica, hanno dovuto sopportare almeno sei, dei sette anni, di vacche magre e che stanno ancora in piedi solo perché sono italiani e perché hanno fede in Dio. Ma solo in Dio, negli uomini non credono più!
La fede negli uomini non ce l’hanno più nemmeno gli altri venti commercianti che non sono stati denunciati ma che condividono la strana persecuzione del muro di gomma.
Era logico che alla fine avrebbero continuato a pagare il conto i più deboli. I più forti se la fanno sempre franca. E quello che stanno passando questi poveri disgraziati non lo capisce nessuno.
Nei palazzi del potere ennese li prendono per delinquenti e mafiosi. Ad accreditare questa tesi ci hanno pensato però, in questi anni, alcuni poteri locali, che non facevano mistero di volerli eliminare una volta per tutte. Una strana persecuzione cominciata con le critiche sui grembiuli da cucina, posti in vendita al Casale, con la stampa di famose statue senza velature, con organi genitali ben in vista. Come si alzarono le grida indignate dei colti benpensanti, tutti improvvisamente moralisti, tutti contro i commercianti che per lucro ammorbavano l’aria di un sito sacro alla cultura come la Villa Romana del Casale!
I comuni cittadini certamente non sanno come leggi e regolamenti da molti anni impediscano di vendere in Sicilia prodotti alimentari sulle aree pubbliche in prossimità delle aree archeologiche. Nessuno ne ha mai capito la ragione; la norma è sistematicamente disattesa e nessuno se ne è mai curato. E ci mancherebbe altro! Quando i turisti arrivano in un sito archeologico hanno bisogno di bere, di mangiare e se possibile di fare pipì. Alla Villa del Casale, secondo la legge, non è possibile fare nessuna di queste tre cose.
Ma andiamo alla pietra dello scandalo: la strada bloccata dai vasi. Non li hanno messi certo i commercianti! Noi non sappiamo con certezza chi li abbia acquistati e posizionati in quel sito, ma sappiamo che a tal proposito era stato raggiunto un accordo tra Comune, Provincia e Direzione del Museo, fortemente criticato dalle organizzazioni sindacali dei commercianti Confcommercio e Confesercenti .
L’accordo non era condiviso dai sindacati proprio per la scomodità del percorso alternativo che costringeva i turisti ad allungare in salita di oltre seicento metri per raggiungere la Villa. Alle concitate fasi di quel dialogo mancato furono tuttavia sempre presenti funzionari di polizia: gli stessi che oggi hanno istruito le indagini che vedono incredibilmente accusati i commercianti, unici colpevoli di una complessa vicenda dai contorni bui e inquietanti.
La posizione ragionevole dei commercianti era di lasciare il mondo come stava fino a quando i lavori nell’area commerciale sarebbero stati completati. Opinione non condivisa da Prefetto, Sindaco, Presidente della Provincia e Direttore del Museo che invece volevano aprire il parcheggio a pagamento e trasferire l’area commerciale.
Figurarsi che il Presidente della Provincia minacciava gli altri enti per il danno erariale causato dal ritardo dell’esazione del canone di parcheggio dei pullman turistici. Roba di pochi spiccioli, al confronto dell’immenso danno causato all’erario dalla sua amministrazione, per la cattiva conduzione dei lavori di realizzazione di un’area (commerciale + parcheggio) costata circa sei milioni di euro e non in condizione di funzionare.
Dopo il parcheggiatore abusivo, i commercianti abusivi, i cessi sporchi e senza acqua potabile, i portoghesi che non pagano il biglietto, i custodi ciechi, sordi e zoppi, gli impianti di videosorveglianza che non registrano, i biglietti di ingresso profusi a gogò, ci mancava una associazione per delinquere di stampo commerciale alla Villa romana del Casale.
Tutte queste cose le abbiamo avute, sinora; quello che non abbiamo ancora avuto con certezza è lo Stato, con la sua presenza, la correttezza e il rispetto della legalità. Ma la legalità è sinora mancata soprattutto da parte degli enti pubblici e dell’autorità.
Chi sono
Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com
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"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"
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