E leggerò domani, sui vostri giornali, che a Gaza è finita la tregua. Non era un assedio dunque, ma una forma di pace, quel campo di concentramento falciato dalla fame e dalla sete. E da cosa dipende la differenza tra la pace e la guerra? Dalla ragioneria dei morti? E i bambini consumati dalla malnutrizione, a quale conto si addebitano? Muore di guerra o di pace, chi muore perché manca l'elettricità in sala operatoria? Si chiama pace quando mancano i missili - ma come si chiama, quando manca tutto il resto?
E leggerò sui vostri giornali, domani, che tutto questo è solo un attacco preventivo, solo legittimo, inviolabile diritto di autodifesa. La quarta potenza militare al mondo, i suoi muscoli nucleari contro razzi di latta, e carta pesta e disperazione. E mi sarà precisato naturalmente, che no, questo non è un attacco contro i civili - e d'altra parte, ma come potrebbe mai esserlo, se tre uomini che chiacchierano di Palestina, qui all'angolo dellastrada, sono per le leggi israeliane un nucleo di resistenza, e dunque ungruppo illegale, una forza combattente? - se nei documenti ufficiali siamomarchiati come entità nemica, e senza più il minimo argine etico, il cancrodi Israele? Se l¹obiettivo è sradicare Hamas - tutto questo rafforza Hamas.Arrivate a bordo dei caccia a esportare la retorica della democrazia, abordo dei caccia tornate poi a strangolare l¹esercizio della democrazia - maquale altra opzione rimane? Non lasciate che vi esploda addosso improvvisa.Non è il fondamentalismo, a essere bombardato in questo momento, ma tutto quello che qui si oppone al fondamentalismo. Tutto quello che a questaferocia indistinta non restituisce gratuito un odio uguale e contrario, ma una parola scalza di dialogo, la lucidità di ragionare il coraggio didisertare - non è un attacco contro il terrorismo, questo, ma contro l¹altra Palestina, terza e diversa, mentre schiva missili stretta tra la complicitàdi Fatah e la miopia di Hamas. Stava per assassinarmi per autodifesa, ho dovuto assassinarlo per autodifesa - la racconteranno così, un giorno i sopravvissuti.
E leggerò sui vostri giornali, domani, che è impossibile qualsiasi processodi pace, gli israeliani, purtroppo, non hanno qualcuno con cui parlare. Eeffettivamente - e ma come potrebbero mai averlo, trincerati dietro ottometri di cemento di Muro? E soprattutto - perché mai dovrebbero averlo, sela Road Map è solo l¹ennesima arma di distrazione di massa per l¹opinione pubblica internazionale? Quattro pagine in cui a noi per esempio, si chiededi fermare gli attacchi terroristici, e in cambio, si dice, Israele nonintraprenderà alcuna azione che possa minare la fiducia tra le parti, come -testuale - gli attacchi contro i civili. Assassinare civili non mina la fiducia, mina il diritto, è un crimine di guerra non una questione dicortesia. E se Annapolis è un processo di pace, mentre l¹unica mappa cheprocede sono qui intanto le terre confiscate, gli ulivi spianati le casedemolite, gli insediamenti allargati - perché allora non è processo di pacela proposta saudita? La fine dell¹occupazione, in cambio del riconoscimento da parte di tutti gli stati arabi. Possiamo avere se non altro un segno direazione?
Qualcuno, lì, per caso ascolta, dall¹altro lato del Muro? Ma sto qui a raccontarvi vento. Perché leggerò solo un rigo domani, suivostri giornali e solo domani, poi leggerò solo, ancora, l¹indifferenza. Edè solo questo che sento, mentre gli F16 sorvolano la mia solitudine, versocentinaia di danni collaterali che io conosco nome a nome, vita a vita -solo una vertigine di infinito abbandono e smarrimento. Europei, americani eanche gli arabi - perché dove è finita la sovranità egiziana, al varco di Rafah, la morale egiziana, al sigillo di Rafah? - siamo semplicemente soli.Sfilate qui, delegazione dopo delegazione - e parlando, avrebbe detto GarciaLorca, le parole restano nell¹aria, come sugheri sull¹acqua. Offrite aiutiumanitari, ma non siamo mendicanti, vogliamo dignità libertà, frontiereaperte, non chiediamo favori, rivendichiamo diritti. E invece arrivate,indignati e partecipi, domandate cosa potete fare per noi. Una scuola?, unaclinica forse? delle borse di studio? E tentiamo ogni volta di convincervi -no, non la generosa solidarietà, insegnava Bobbio, solo la severa giustizia- sanzioni, sanzioni contro Israele. Ma rispondete - e neutrali ogni volta,e dunque partecipi dello squilibrio, partigiani dei vincitori - no, sarebbeantisemita. Ma chi è più antisemita, chi ha viziato Israele passo a passoper sessant¹anni, fino a sfigurarlo nel paese più pericoloso al mondo pergli ebrei, o chi lo avverte che un Muro marca un ghetto da entrambi i lati?Rileggere Hannah Arendt è forse antisemita, oggi che siamo noi palestinesila sua schiuma della terra, è antisemita tornare a illuminare le sue pagine sul potere e la violenza, sull¹ultima razza soggetta al colonialismo britannico, che sarebbero stati infine gli inglesi stessi? No, non è antisemitismo, ma l¹esatto opposto, sostenere i tanti israeliani che tentanodi scampare a una nakbah chiamata sionismo. Perché non è un attacco controil terrorismo, questo, ma contro l¹altro Israele, terzo e diverso, mentreschiva il pensiero unico stretto tra la complicità della sinistra e la miopia della destra.
So quello che leggerò, domani, sui vostri giornali. Ma nessuna autodifesa,nessuna esigenza di sicurezza. Tutto questo si chiama solo apartheid - e genocidio. Perché non importa che le politiche israeliane, tecnicamente,calzino oppure no al millimetro le definizioni delicatamente cesellate daldiritto internazionale, il suo aristocratico formalismo, la sua pretesa oggettività non sono che l¹ennesimo collateralismo, qui, che asseconda emoltiplica la forza dei vincitori. La benzina di questi aerei è la vostraneutralità, è il vostro silenzio, il suono di queste esplosioni. Qualcuno sisentì berlinese, davanti a un altro Muro.
Quanti altri morti, per sentirvicittadini di Gaza?
Mustafa Barghouthi
Nato a Gerusalemme nel 1954, Mustafa Barghouthi, è membro del Parlamento palestinese. Segretario generale del movimento di Iniziativa nazionale palestinese; medico; in prima fila nelle lotte per i diritti sociali, politici, umani; leader dei movimenti di base palestinesi; fautore dello sviluppo della società civile palestinese e della democrazia dal basso; sostenitore delle riforme interne; portavoce internazionale della causa palestinese; figura di punta del campo della pace e dell'opposizione non violenta all'occupazione; organizzatore della solidarietà e della presenza internazionale nel Territori occupati di Palestina, Mustafa Barghouthi ha contribuito come pochi altri ad iniziative che cercano di mettere pacificamente termine alla persistente occupazione israeliana della Palestina e al tentativo di costruire la struttura istituzionale della società civile palestinese e di promuovere i principi della democrazia interna e del buon governo.