sabato 4 aprile 2009

Una finta riforma. di Vincenzo Borruso

Repubblica — 27 marzo 2009 pagina 1 sezione: PALERMO
LA LEGGE sul riordino della sanità siciliana - approvata infine dall' Ars - ha riguardato quasi esclusivamente gli ospedali. Ancora una volta il territorio, dal quale arrivano tutte le sollecitazioni che possono mettere in crisi il sistema ospedaliero, riceve una limitatissima attenzione.
REGIONE, UNA FINTA RIFORMA CHE NON MIGLIORA LA SANITÀ C on l' aggravante che nessuna parola, in tutti gli articoli, tranne in uno, viene citata l' integrazione socio-sanitaria, ritenuta ormai inderogabile in tutti i sistemi di garanzia della salute. E non è solo la legge 328 del 2000, ancora malamente applicata in Sicilia, a permettere di notarlo: secondo una serie di ricerche sul campo la sola azione degli ospedali è estremamente costosa e inefficace se non accompagnata dall' assistenza sociale. Nei dibattiti che vedono protagonisti medicie politici si citanoi numerosi ricoveri impropri che hanno origine da un territorio poco attrezzato, gli sprechi delle iperprescrizioni farmaceutiche e dell' abuso degli accertamenti diagnostici strumentali. Ma al momento di mettere nero sul bianco con normativa adeguata, nessuna parola viene spesa sul territorio. Quasi si trattasse di terra di nessuno e non il substrato di ogni servizio sanitario. La legge 328, a esempio, non è citata in nessun articolo del ddl: eppure da essa, l' unica normativa che segue quella del governo Crispi del 1890, e che potrebbe contribuire a contenere la spesa sanitaria senza tagli ragionieristici, non viene colta nessuna indicazione utile a limitare gli sprechi legati alla scarsa assistenza sul territorio. A sentire le dichiarazioni di voto dei deputati di maggioranza, questa definitiva stesura del ddl ha guardato con attenzione al territorio. Vedremo poi nei documenti ufficiali della Regione, ma la nostra impressione resta quella di un riordino fondato su un rimaneggiamento degli ospedali considerati come centri di spartizione del potere, più che strutture di salute pubblica. A conferma delle nostre impressioni, il maxi emendamento presentato il 9 marzo con il quale la maggioranza ha tentato il compattamento delle varie anime governative. Nella seduta del 24 marzo l' Ars ha confermato come l' attenzione «partitica» sia concentrata ancora sugli ospedali. I pochi utili cambi (a esempio il taglio di stipendio ai direttori generali rimossi) sono dovuti all' opposizione. È stato difficile mantenere l' indicazione dell' iniziale piano di rientro di limitare il numero delle aziende ospedaliere, ma senza veri risparmi. L' iniquità maggiore tuttavia è l' aver previsto un adeguato numero di aziende ospedaliere nelle quali potere nominare un direttore generale e altre figure dirigenziali in una logica spartitoria moltiplicativa. Il loro aumento, come ha sottolineato in aula l' onorevole Cracolici, consente risparmiare da un lato e spendere dall' altro. Fra breve vedremo se ci saranno i 50 milioni risparmiati di cui ha parlato l' assessore Russo. Anche la nuova costituzione di distretti ospedalieri non va verso il potenziamento di strutture che in questi ultimi anni hanno avuto una continua espoliazione a favore degli ospedali più grandi. Vi è anzi la certezza, per chi ha a cuore che gli ospedali distrettuali continuino ad erogare una qualificata assistenza, del loro inesorabile degrado verso una condizione di semplici infermerie. Non è chiaro quale logica assistenziale, manageriale ed epidemiologica abbia portato all’accorpamento di alcuni grandi ospedali (Villa Sofia e Cervello a Palermo, Papardo e Piemonte a Messina). Il solo vantaggio, non potendo licenziare gli operatori, è di risparmiare gli emolumenti di due soli direttori generali. Sembra più una operazione di maquillage, finalizzata non al risparmio ma ad ottenere alcune altre disponibilità di posti dirigenziali. Va aggiunto, infatti, che il piano di rientro non spende una sola parola per rilanciare, ad esempio, una ricerca scientifica capace di individuare vie di vero risparmio, come ha dimostrato la ricerca internazionale, in questi ultimi decenni, che è servita ad abbassare il bisogno di posti letto ospedalieri.
VINCENZO BORRUSO

Chi sono

Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com


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"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"

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