di Giacomo Galeazzi.
22/7/2009 - Monito del vescovo di Piazza Armerina, mons. Michele Pennisi, che richiama la Chiesa a un rinnovato impegno contro il «cancro della mafia»
"Pericolo mafia per la Chiesa"
Il vescovo anti-clan, Pennisi denuncia il rischio che la Chiesa chiuda gli occhi,che veda la mafia come «un male inevitabile», che si lasci andare a sentimenti «d'indifferenza e acquiescenza».
Secondo mons. Pennisi servono «soprattutto» «segnali forti per non dare dignità civile ai mafiosi».
"Pericolo mafia per la Chiesa"
Il vescovo anti-clan, Pennisi denuncia il rischio che la Chiesa chiuda gli occhi,che veda la mafia come «un male inevitabile», che si lasci andare a sentimenti «d'indifferenza e acquiescenza».
Secondo mons. Pennisi servono «soprattutto» «segnali forti per non dare dignità civile ai mafiosi».
Racconta ad esempio il presule che per questo motivo pochi giorni fa ha impedito i funerali solenni per un mafioso come richiesto invece dalla famiglia. «Per questo sono stato minacciato ma sono necessari gesti che dimostrino l’incompatibilità tra l’essere cristiani e l’esseremafiosi».
La società civile, tuttavia, secondo mons. Pennisi non è inerme. «Quest’anno - afferma - io ho partecipato a Palermo all’arrivo della nave della legalità e c’erano veramente moltissimi giovani». Inerme non lo è nemmeno lo stato perchè, rileva Pennisi, «la lotta alla mafia va fatta soprattutto con le leggi» e «sotto questo profilo bisogna riconoscere come fatto positivo l’inasprimento delle pene con il recente ddl sicurezza. Un segnaleforte nei confronti dei mafiosi».
Insomma, c’è il rischio che la Chiesa chiuda gliocchi, che veda la mafia come «un male inevitabile», che si lasci andare a sentimenti «d’indifferenza e acquiescenza».
È un vero e proprio richiamo alla vigilanza quello del vescovoantimafia di Piazza Armerina, mons. Michele Pennisi, che ha deciso di chiamarela Chiesa a un rinnovato impegno contro il «cancro della mafia». Un allarme lanciato proprio all’indomani del ricordo della strage di via D’Amelio nella qualeperse la vita il giudice Borsellino. Mons. Pennisi chiede l’attenzione di queisettori ecclesiastici nei quali «spesso» prevalgono «l’indifferenza e l’acquiescenza» verso il fenomeno mafioso vissuto come «male inevitabile».
Contro la mafia,ammonisce il vescovo da anni in prima linea contro il fenomeno,servono «segnali forti» dello Stato come il «positivo» recente inasprimento delle pene ai mafiosi previsto dal ddl sicurezza, e «un maggiore impegno nellosforzo di educazione alla legalità», fatto di «gesti concreti» da parte della Chiesa. «Una stagione di rinnovato impegno», sintetizza. All’indomani della commemorazione della strage di via D’amelio, «non c’è solo il giudice Borsellino da ricordare», afferma Pennisi, «ma anche le figure di altri uomini che hanno svolto un ruolo importante nella lottaalla mafia cercando piste nuove, come il giudice Rocco Chinnici (ucciso da un’autobomba il 4 agosto 1983, ndr)». «In particolare - aggiunge - io domani ricorderò la morte di Boris Giuliano nel trentesimo anniversario della sua scomparsa e magari in quest’occasione saranno presenti le autorità che sono mancate ieri a Palermo».
Contro la mafia,ammonisce il vescovo da anni in prima linea contro il fenomeno,servono «segnali forti» dello Stato come il «positivo» recente inasprimento delle pene ai mafiosi previsto dal ddl sicurezza, e «un maggiore impegno nellosforzo di educazione alla legalità», fatto di «gesti concreti» da parte della Chiesa. «Una stagione di rinnovato impegno», sintetizza. All’indomani della commemorazione della strage di via D’amelio, «non c’è solo il giudice Borsellino da ricordare», afferma Pennisi, «ma anche le figure di altri uomini che hanno svolto un ruolo importante nella lottaalla mafia cercando piste nuove, come il giudice Rocco Chinnici (ucciso da un’autobomba il 4 agosto 1983, ndr)». «In particolare - aggiunge - io domani ricorderò la morte di Boris Giuliano nel trentesimo anniversario della sua scomparsa e magari in quest’occasione saranno presenti le autorità che sono mancate ieri a Palermo».
Perchè, pur non volendo esprimere giudizi sulla politica, il vescovo di Piazza Armerina ricorda che «la presenza delle istituzioni è importante» nella lotta alla mafia «affinchè diano, attraverso laloro partecipazione un segnale forte di volontà di contrasto alla criminalità mafiosa».
Da parte della Chiesa, «il lavoro da fare - spiega il vescovo antimafia - è coinvolgere tutta la società civile in un lavoro di educazione allalegalità per contrastare il fenomeno mafioso. A noi come religiosi - aggiunge -tocca l’opera educativa, nelle scuole, nelle parrocchie, nei campi estivi».
Tuttavia, osserva il vescovo, anche nella Chiesa «spesso c’è indifferenza e acquiescenza» verso il fenomeno mafioso «perchè si pensa che sia un male inevitabile. Invece - sottolinea - la mafia è un cancro che dobbiamo estirpare». Per questo esorta la Chiesa «a un impegno maggiore nella vita di tutti i giorni » che sia fatto «di gesti concreti». «L’impegno dei vescovi - aggiunge - c’è ma troppo spesso si esprime solo nei documenti. E i documenti ai mafiosi non fanno nè caldo nè freddo».
Tuttavia, osserva il vescovo, anche nella Chiesa «spesso c’è indifferenza e acquiescenza» verso il fenomeno mafioso «perchè si pensa che sia un male inevitabile. Invece - sottolinea - la mafia è un cancro che dobbiamo estirpare». Per questo esorta la Chiesa «a un impegno maggiore nella vita di tutti i giorni » che sia fatto «di gesti concreti». «L’impegno dei vescovi - aggiunge - c’è ma troppo spesso si esprime solo nei documenti. E i documenti ai mafiosi non fanno nè caldo nè freddo».