E’ quanto successo alle ore 21:00 del 23 maggio sul pullman della tratta Roma – Enna dove gli autisti di una nota compagnia di trasporti hanno fatto accomodare i migranti presenti sul pullman nei posti di dietro e i bianchi nei primi posti.
A denunziare l’accaduto sono due ragazzi dello SPRAR, centro di richiedenti asilo di Piazza Armerina gestito dall’associazione Don Bosco 2000, recatisi nella capitale per ritirare i propri passaporti presso le Ambasciate dei Paesi d’origine. A parlare è Modì Diawara, maliano di Kay, titolare di protezione umanitaria che racconta: “Quando siamo saliti sul pullman, nonostante fossimo i primi a salire e ci fossero tutti i posti liberi, l’autista ci ha indicato di andare al piano superiore del pullman e di sederci nei sedili in fondo. Ho chiesto il perché di questa sua scelta e lui mi ha risposto dicendo che i biglietti erano numerati. In realtà non è così, nessun biglietto assegnava il posto. Ho chiesto ancora spiegazioni ma l’autista mi ha detto: si fa così e basta, se non vi va bene potete anche scendere”. Dice la sua anche Hassan Ibrahim, sudanese, anche lui titolare di protezione umanitaria: “A Roma, quando il pullman si è riempito di persone erano circa 25 gli africani seduti in fondo al pullman ed il resto dei bianchi erano seduti davanti. Questo non succede neanche in Sudan, non si vede da nessuna parte al mondo”. "
Quello che è successo – dice Agostino Sella – presidente dell’associazione Don Bosco 2000 che ha in carico i ragazzi, lede i più elementari diritti dell’essere umano e configura un caso di discriminazione razziale in quanto l’art. 43 del d.lgs. 286/1998 considera discriminatorio ogni comportamento che comporti distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, sul colore, l’origine o il credo. Il comportamento messo in atto dall’autista oltre ad essere moralmente inammissibile compromette il riconoscimento e il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
Per sanzionare gli atti discriminatori l’Italia è dotata di norme penali e civili e quanto successo ai nostri ragazzi non resterà impunito. Presenteremo diffida all’azienda e chiederemo alla stessa il risarcimento per danno non patrimoniale da discriminazione ai sensi degli artt. 44 co. 7 d.lgs. 286/1998 e 28 co.5 d.lgs. 150/2011 a favore dei ragazzi in quanto vittime del comportamento discriminatorio posto in essere dai dipendenti dell’azienda.
Auspichiamo che eventi simili non si ripetano e che si possa vivere in un clima di integrazione e rispetto per il prossimo".
Quello che è successo – dice Agostino Sella – presidente dell’associazione Don Bosco 2000 che ha in carico i ragazzi, lede i più elementari diritti dell’essere umano e configura un caso di discriminazione razziale in quanto l’art. 43 del d.lgs. 286/1998 considera discriminatorio ogni comportamento che comporti distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, sul colore, l’origine o il credo. Il comportamento messo in atto dall’autista oltre ad essere moralmente inammissibile compromette il riconoscimento e il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
Per sanzionare gli atti discriminatori l’Italia è dotata di norme penali e civili e quanto successo ai nostri ragazzi non resterà impunito. Presenteremo diffida all’azienda e chiederemo alla stessa il risarcimento per danno non patrimoniale da discriminazione ai sensi degli artt. 44 co. 7 d.lgs. 286/1998 e 28 co.5 d.lgs. 150/2011 a favore dei ragazzi in quanto vittime del comportamento discriminatorio posto in essere dai dipendenti dell’azienda.
Auspichiamo che eventi simili non si ripetano e che si possa vivere in un clima di integrazione e rispetto per il prossimo".