Piazza Armerina 18 settembre 2009
Mons. Michele Pennisi
0. Introduzione
Carissimi confratelli, fratelli e sorelle,
siamo oggi convocati in questa assemblea diocesana all'inizio del nuovo anno pastorale per una rinnovata esperienza e presa di coscienza del nostro essere Chiesa.
0.1 Vogliamo proseguire nella recezione degli insegnamenti del Concilio Vaticano II a cui siamo richiamati dal Magistero pontificio e dagli orientamenti pastorali della Conferenza Episcopale Italiana in continuità con il cammino intrapreso dalla nostra Chiesa diocesana.
0.2.1 Tra i tanti eventi e documenti elaborati vorrei ricordare durante l'episcopato di Mons. Vincenzo Cirrincione il Piano Pastorale 1987-1990, il Convegno Ecclesiale diocesano del maggio del 1993 e la settimana pastorale del settembre dello stesso anno da cui ha preso origine il volume “Diversità di ministeri unità di missione” , la Missione popolare diocesana, le celebrazioni per il grande giubileo del Duemila .
0.2.2 Durante il mio episcopato vorrei segnalare il Seminario di studio su “La parrocchia di fronte alle sfide del Terzo Millennio” nel novembre del 2003, la preparazione e la celebrazione del Convegno ecclesiale di Verona, il Convegno diocesano su “La questione antropologica e la sfida educativa” del settembre del 2007 e quello dello scorso anno su “La Parola di Dio parola per l’uomo”.
0.2.3. Durante la Visita pastorale nei vari comuni ho apprezzato il fervore e l'impegno delle varie comunità ecclesiali nella recezione degli insegnamenti conciliari nella prassi pastorali , ma ho notato anche le difficoltà ad una assimilazione convinta di tali insegnamenti nella coscienza ecclesiale , situazioni di stanchezza e di scoraggiamento e difficoltà ad intessere relazioni positive fra gli stessi presbiteri, fra clero e laici, fra parrocchie e aggregazioni ecclesiali, fra praticanti e cristiani della soglia o persone lontane dalla pratica religiosa, fra comunità parrocchiale e abitanti del territorio.
0.3. Dopo essermi incontrato lo scorso anno con i presbiteri nei vari comuni ho pensato di incontrare quest'anno nei vari comuni i Consigli di Coordinamento cittadini, già auspicati nel Piano Pastorale del 1987 e la cui costituzione era fra le indicazioni operative date nel 1993 da Mons. Cirincione, ma che ancora non ho trovato operativi in tutti i comuni.
0.4 Dopo aver consultato gli organismi diocesani di partecipazione ecclesiale ed aver nominato una speciale Commissione che mi aiutasse nel discernimento comunitario della situazione della nostra Chiesa, sono arrivato alla conclusione che non basta celebrare all'inizio dell'anno pastorale un convegno con delle brillanti relazioni, ma bisogna delineare un progetto di chiesa su cui impegnarci per diversi anni attraverso un'azione di coscientizzazione capillare della base ecclesiale su alcuni valori fondamentali , un maggior coinvolgimento e una partecipazione da parte di tutti i membri del popolo di Dio e poi una verifica dei frutti che lo Spirito suscita.
0.5 Il tema che mi è stato suggerito e che ho fatto subito mio è “ Chiesa comunione di persone. Da ‘collaboratori’ a ‘corresponsabili’: il dono della relazione filiale e fraterna”.
Si tratta di approfondire l’identità di ogni cristiano come figlio di Dio e membro della Chiesa come “comunione di persone” per una rinnovata consapevolezza dell’appartenenza ecclesiale e una maggiore corresponsabilità, soprattutto dei fedeli laici, nella vita e nella missione della Chiesa.
La comunione ecclesiale è comunione singolare, tra uomini e donne, giovani e adulti, ricchi e poveri, studenti e maestri, sani e malati, potenti e deboli, vicini e lontani, clero e laici, perchè è una comunione segnata insieme dalla varietà e dall’unità all'interno della Chiesa una ,santa, cattolica ed apostolica, che ha in Gesù Cristo la pietra angolare e nei fedeli “le pietre vive” di questo edificio spirituale(I Pt.2,5).
Da questo deriva una programmazione della la vita pastorale diocesana basata sulla categoria della “relazione” (intesa come il nuovo e definitivo stato in cui il battesimo ci pone in relazione filiale con il Dio vivente nella comunione trinitaria e fraterna con tutti i membri del popolo di Dio.
0.6 Questo cammino comune che potremmo chiamare “sinodale” in senso letterale inizia oggi con questa Assemblea diocesana, continua con una riflessione comune fatta a livello parrocchiale e cittadino con l'aiuto di uno “strumento di lavoro” e un’indagine conoscitiva predisposta dai membri della Commissione, in preparazione del Convegno ecclesiale che si terrà a Novembre . Il cammino successivo con l'aiuto dei membri della Commissione servirà per approfondire e determinare praticamente le prospettive e le scelte pastorali adottate e curarne l’attuazione. Seguirà poi una verifica che con la collaborazione dei Vicari Foranei farò nei singoli comuni con i Consigli di Coordinamento cittadini.
0.7. Sento il dovere di ringraziare tutti i membri della Commissione ed in particolare don Rino La Delfa, nuovo preside della Facoltà Teologica di Sicilia a cui vanno i nostri più fervidi e cordiali auguri, che ha preparato lo “strumento di lavoro”, don Giuseppe Rabita che coordina dal punto di vista operativo l'attuazione del progetto, don Pino Daleo collaborato dalla dott.ssa Nuccia Morselli che hanno preparato i questionari per l'indagine e ne elaboreranno, il parrocodon Salvatore Zagarella che ci accoglie con squisita cortesia in questa chiesa, i presbiteri e i laici che modereranno e animeranno le assemblee zonali e coloro che animano dal punto di vista liturgico e organizzativo le varie fasi di questo cammino comune.
0.8 Dopo aver scelto il tema ci siamo accorti che la categoria della ‘relazione, che ha il fondamento nella vita della SS. Trinità, come fattore distintivo della persona e come elemento fondamentale nell’esperienza della comunione, che era stato già affrontato da mons. Mario Sturzo, oltre che essere stato rilanciato nel Convegno ecclesiale di Verona , è stato ripreso dal recente magistero di Benedetto XVI° sia nel discorso tenuto quest'anno per il Convegno ecclesiale della diocesi di Roma sia nell'ultima enciclica “Caritas in veritate” e costituisce anche il presupposto della scelta educativa che guiderà gli orientamenti per il prossimo decennio delle Chiese in Italia.
Lasciando a don Rino La Delfa la presentazione dello “strumento di lavoro” che poi sarà oggetto di discernimento comunitario, mi soffermerò su alcuni punti che offro alla vostra riflessione.
1. Il modello trinitario
La relazione ha il suo modello nella vita trinitaria nella quale la distinzione reale delle Persone divine risiede esclusivamente nelle relazioni che le mettono in riferimento le une alle altre nella comunione perfetta. dell'unico amore.
Il Padre con il Figlio e lo Spirito Santo conducono una vita comunionale profondissima: ogni persona divina non è chiusa in se stessa in uno splendido isolamento ma è in relazione con l'altra in un circuito eterno di conoscenza , di amore , di dialogo, di inabitazione e di gloria reciproca .
La fede cristiana nella Trinità ci rivela un Dio che in quanto amore infinito è comunione di tre persone uguali e distinte: il Padre che ama, il Figlio che è l'amato, lo Spirito Santo che è amore del Padre e del Figlio.
Con Gesù Cristo il principio della differenza nell’unità che vive nel mistero della Trinità trapassa, in forza dell’Incarnazione, nella storia e diventa, secondo la legge dell’analogia, principio di comprensione e di valorizzazione di ogni differenza che non viene solo tollerata, ma esaltata e valorizzata.
In particolare, è lo Spirito santo – come vincolo di amore tra il Padre e il Figlio, tra il Signore Gesù crocifisso e risorto e la sua Chiesa – il principio sorgivo della comunione ecclesiale e insieme la legge nuova e la risorsa permanente per la sua quotidiana realizzazione storica. Emergono così la gratuità e la serietà della comunione ecclesiale: proprio perché segnata dalla speranza che viene dallo Spirito, essa è un dono e un compito. È allora la forza dello Spirito che sostiene – al di là di ritardi, lentezze, errori, mancanze, ecc. – il cammino della comunità cristiana verso una comunione autentica e costantemente tesa alla sua perfezione.
2. In continuità con il Convegno ecclesiale di Verona
Nel Documento finale dopo il Convegno di Verona si riassume la problematica che sarà affrontata nel quarto capitolo puntando su “una pastorale che converge sull’unità della persona ed è capace di rinnovarsi nel segno dell’attenzione alle persone dell’unità tra le diverse vocazioni, le molteplici soggettività ecclesiali, le dimensioni fondamentali dell’esperienza cristiana. ” “Al centro di tale rinnovamento- si aggiunge- sta l’approfondimento della comunione e del senso di appartenenza ecclesiale, con gli spazi di corresponsabilità che ne derivano e che riguardano a pieno titolo anche i laici, con l’urgenza di una nuova stagione formativa .
Al n. 20 si afferma che “ è fondamentale curare la qualità dell’esperienza ecclesiale delle nostre comunità, affinché esse sappiano mostrare un volto fraterno, aperto e accogliente, espressione di un’umanità intensa e cordiale.” Questa esperienza positiva deve mostrarsi:” nella comunità diocesana raccolta intorno al vescovo e innestata in una tradizione viva, che accompagna lo svolgersi dell’esistenza e rappresenta la possibilità per tutti di una fraternità concreta, di un rapporto intimo e condiviso con la Parola di Dio e il Pane della vita; nella parrocchia, Chiesa che vive tra le case, vicina alla gente; nella preghiera e nella liturgia, che ci rende partecipi della bellezza che salva”
“Mettere la persona al centro – afferma sempre il documento del dopo Verona- costituisce una chiave preziosa per rinnovare in senso missionario la pastorale e superare il rischio del ripiegamento, che può colpire le nostre comunità.”
Al n. 23. a proposito della “ cura delle relazioni” si dice che “durante il Convegno tre parole sono risuonate come una triade indivisibile: comunione, corresponsabilità, collaborazione. Esse delineano il volto di comunità cristiane che procedono insieme, con uno stile che valorizza ogni risorsa e ogni sensibilità, in un clima di fraternità e di dialogo, di franchezza nello scambio e di mitezza nella ricerca di ciò che corrisponde al bene della comunità intera”.
E importante gareggiare nello stimarsi a vicenda secondo l'esortazione di san Paolo(cfr. Rm.12,10).. Il Card. Tettamanzi nella prolusione al Convegno di Verona aveva fatto una rilettura ecclesiologica del comandamento biblico dell’«ama il prossimo tuo come te stesso», che ha declinato così: «ama la parrocchia altrui come la tua, la diocesi altrui come la tua, la Chiesa di altri Paesi come la tua, l’aggregazione altrui come la tua, ecc.».
Si tratta di realizzare relazioni interpersonali attente a ogni persona capaci di ascolto e di reciprocità. , senza sacrificare la qualità del rapporto personale all’efficienza dei programmi.
I pastori sono invitati ad ascoltare i laici, valorizzandone le competenze e rispettandone le opinioni.
I laici devono accogliere con animo filiale l’insegnamento dei pastori come un segno della sollecitudine con cui la Chiesa si fa vicina e orienta il loro cammino.
Superando contrapposizioni di tipo sociologico è importante in un’ottica autenticamente cristiana prendere coscienza che tra pastori e laici, esiste un legame profondo, per cui è possibile solo crescere o cadere insieme.
La corresponsabilità, è un’esperienza che dà forma concreta alla comunione, attraverso la disponibilità a condividere le scelte che riguardano tutti(cfr. n.24). Essa ha un luogo concreto di esercizio nella partecipazione agli organismi di partecipazione ecclesiale.
La comunione ecclesiale richiede una pastorale d'insieme sempre più “integrata” non come “un’operazione di pura ingegneria ecclesiastica” richiesta dalla esiguità delle forze in campo, ma come espressione della corresponsabilità diffusa che nasce dalla “spiritualità di comunione” e dalla conversione pastorale con stile missionario delle nostre comunità.
Alla base della scelta di quella che oggi viene chiamata “pastorale integrata” vi è la decisione di vivere la spiritualità di comunione, che precede ogni concreta iniziativa e purifica dalle tentazioni di personalismi e protagonismi, che portano a forme non evangeliche di competizioni. La concretizzazione della “pastorale integrata” dovrebbe armonizzare tutte le energie di cui la comunità ecclesiale dispone, facendole confluire, non nei mille rivoli delle diverse attività, ma dentro progetti comuni, pensati e realizzati insieme.
All’interno della nuova prassi della corresponsabilità c'è la valorizzazione delle aggregazioni ecclesiali e delle vocazioni dei fedeli laici che vanno formati ad essere protagonisti di un discernimento attento e coraggioso nella realtà secolare. Si tratta di una un'opportunità da cogliere in positivo per avere tutti (clero e laici) un vantaggio.
È necessario un rinnovato impegno della nostra Chiesa per sviluppare una più ampia e profonda opera formativa dei laici – singoli e aggregati – che assicuri loro quell’animazione spirituale, quella passione pastorale e quello slancio culturale che li rende pronti nella loro tipica testimonianza al servizio del bene comune, specialmente in campo familiare, sociale, economico, culturale, mediatico e politico.
La coscienza comune di tutti i battezzati di essere Chiesa non diminuisce la responsabilità dei presbiteri. Nell'ultimo convegno ecclesiale di Roma Benedetto XVI ha detto:”Tocca proprio a voi, cari parroci, promuovere la crescita spirituale e apostolica di quanti sono già assidui e impegnati nelle parrocchie: essi sono il nucleo della comunità che farà da fermento per gli altri”.
3. Risposta alla sfida educativa
Strettamente legata con la categoria di relazione sta quella di educazione, che nasce e vive di rapporti interpersonali e di relazione con gli altri secondo una gerarchia di prossimità che, iniziando dai genitori, si dilata alla famiglia, ai vicini, alla scuola, al variegato mondo del lavoro, tel tempo libero e delle vari forme di sofferenza e marginalità per estendersi poi al rapporto il creato e con le “circostanze” storiche.
L’educazione è, la capacità di mettere consapevolmente in relazione la persona con la realtà.
Un nodo centrale, è quello relativo alla verità delle relazioni valorizzando la distinzione dei ruoli per la crescita della persona: genitore-figlio, catechista-catechizzando, insegnante-alunno”, prete-laico.
Si tratta di attivare una pedagogia pastorale che educhi alla relazione.
La persona si mette in gioco nel rapporto interpersonale tra educatore ed educando. La relazione educativa è sempre vissuta nelle due direzioni: siamo sempre tutti educatori ed educati. Solo chi sa di essere sempre in cammino nella sua formazione permanente può essere un buon educatore. E viceversa: solo chi si rende responsabile della propria autoeducazione e della attiva stimolazione educativa di tutte le persone che incontra, si pone nella giusta condizione di discepolo.
Ieri su Avvenire il card. Angelo Bagnasco presentando il rapporto-proposta del Comitato per il progetto culturale 'La sfida educativa', ha detto che questo strumento ha “il pregio di non limitarsi alla segnalazione della debolezza educativa che caratterizza la società odierna, comprese molte comunità cristiane, ma si spinge ad additarne le cause principali e suggerisce gli obiettivi da perseguire per tornare dall’esilio educativo in cui sembra essersi confinata la civiltà occidentale”.
Per raccogliere la sfida educativa e superare l'emergenza si evidenzia la necessità di ritrovare il 'baricentro' dell’esperienza formativa, ossia una vera sapienza antropologica e una visione non riduttiva del fatto educativo.
Una autentica educazione non potrà avvenire senza l’opera paziente e qualificata di educatori credibili e autorevoli, capaci di 'generare' in un contesto di fiducia, di libertà e di verità.
Per la Chiesa la dimensione educativa , che interessa le relazioni tra persone e le proietta in un futuro carico di speranza, è fondamentale e strategica nello stesso tempo, perché interessa tutte le persone, abbraccia tutto l'arco della vita e tutti gli ambiti della esistenza umana.
La complessità del processo educativo richiede la scelta di far “rete” attorno ai luoghi di vita, alle istituzioni educative, alle famiglie e alle comunità ecclesiali; ciò comporta il riconoscimento e la fiducia reciproca, la messa in comune delle risorse umane, la comunicazione delle attività , la ricerca comune e la sperimentazione di progetti educativi condivisi.
Siamo troppo spesso “separati in casa”, non sempre dentro una comune progettualità, con uno spreco di energie umane non indifferenti.
Un’eccessiva frammentazione e strutturazione della pastorale, non riesce a farsi carico della vita reale delle persone, né riesce a unificare le diverse esigenze esistenziali, anzi, a volte sembra, che crei disorientamento e soffochi gli slanci e le energie vive.
Per questo il decennio pastorale che sta per avere inizio ruoterà attorno al tema portante dell’educazione come è stato deliberato dall’ultima Assemblea generale della Cei e che noi abbiamo anticipato nel convegno del 2007 su “la questione antropologica e la sfida educativa”.
Questa scelta si pone in continuità con il tema del decennio che volge al termine: «Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia» perché individua nella “emergenza educativa” il rischio cioè che si interrompa la trasmissione tra le generazioni dei valori essenziali della fede e della convivenza umana.
In conclusione invito ciascuno e tutti a camminare assieme verso la meta ,certo non definitiva ma importante , di una comunione fra le persone fondata sulla stima reciproca che porti ad una maggiore corresponsabilità pastorale, ad una partecipazione attiva a livello parrocchiale e cittadino alle varie tappe di questo cammino comune, per una testimonianza credibile di Gesù cristo speranza del mondo agli uomini e alle donne della nostra società.
0. Introduzione
Carissimi confratelli, fratelli e sorelle,
siamo oggi convocati in questa assemblea diocesana all'inizio del nuovo anno pastorale per una rinnovata esperienza e presa di coscienza del nostro essere Chiesa.
0.1 Vogliamo proseguire nella recezione degli insegnamenti del Concilio Vaticano II a cui siamo richiamati dal Magistero pontificio e dagli orientamenti pastorali della Conferenza Episcopale Italiana in continuità con il cammino intrapreso dalla nostra Chiesa diocesana.
0.2.1 Tra i tanti eventi e documenti elaborati vorrei ricordare durante l'episcopato di Mons. Vincenzo Cirrincione il Piano Pastorale 1987-1990, il Convegno Ecclesiale diocesano del maggio del 1993 e la settimana pastorale del settembre dello stesso anno da cui ha preso origine il volume “Diversità di ministeri unità di missione” , la Missione popolare diocesana, le celebrazioni per il grande giubileo del Duemila .
0.2.2 Durante il mio episcopato vorrei segnalare il Seminario di studio su “La parrocchia di fronte alle sfide del Terzo Millennio” nel novembre del 2003, la preparazione e la celebrazione del Convegno ecclesiale di Verona, il Convegno diocesano su “La questione antropologica e la sfida educativa” del settembre del 2007 e quello dello scorso anno su “La Parola di Dio parola per l’uomo”.
0.2.3. Durante la Visita pastorale nei vari comuni ho apprezzato il fervore e l'impegno delle varie comunità ecclesiali nella recezione degli insegnamenti conciliari nella prassi pastorali , ma ho notato anche le difficoltà ad una assimilazione convinta di tali insegnamenti nella coscienza ecclesiale , situazioni di stanchezza e di scoraggiamento e difficoltà ad intessere relazioni positive fra gli stessi presbiteri, fra clero e laici, fra parrocchie e aggregazioni ecclesiali, fra praticanti e cristiani della soglia o persone lontane dalla pratica religiosa, fra comunità parrocchiale e abitanti del territorio.
0.3. Dopo essermi incontrato lo scorso anno con i presbiteri nei vari comuni ho pensato di incontrare quest'anno nei vari comuni i Consigli di Coordinamento cittadini, già auspicati nel Piano Pastorale del 1987 e la cui costituzione era fra le indicazioni operative date nel 1993 da Mons. Cirincione, ma che ancora non ho trovato operativi in tutti i comuni.
0.4 Dopo aver consultato gli organismi diocesani di partecipazione ecclesiale ed aver nominato una speciale Commissione che mi aiutasse nel discernimento comunitario della situazione della nostra Chiesa, sono arrivato alla conclusione che non basta celebrare all'inizio dell'anno pastorale un convegno con delle brillanti relazioni, ma bisogna delineare un progetto di chiesa su cui impegnarci per diversi anni attraverso un'azione di coscientizzazione capillare della base ecclesiale su alcuni valori fondamentali , un maggior coinvolgimento e una partecipazione da parte di tutti i membri del popolo di Dio e poi una verifica dei frutti che lo Spirito suscita.
0.5 Il tema che mi è stato suggerito e che ho fatto subito mio è “ Chiesa comunione di persone. Da ‘collaboratori’ a ‘corresponsabili’: il dono della relazione filiale e fraterna”.
Si tratta di approfondire l’identità di ogni cristiano come figlio di Dio e membro della Chiesa come “comunione di persone” per una rinnovata consapevolezza dell’appartenenza ecclesiale e una maggiore corresponsabilità, soprattutto dei fedeli laici, nella vita e nella missione della Chiesa.
La comunione ecclesiale è comunione singolare, tra uomini e donne, giovani e adulti, ricchi e poveri, studenti e maestri, sani e malati, potenti e deboli, vicini e lontani, clero e laici, perchè è una comunione segnata insieme dalla varietà e dall’unità all'interno della Chiesa una ,santa, cattolica ed apostolica, che ha in Gesù Cristo la pietra angolare e nei fedeli “le pietre vive” di questo edificio spirituale(I Pt.2,5).
Da questo deriva una programmazione della la vita pastorale diocesana basata sulla categoria della “relazione” (intesa come il nuovo e definitivo stato in cui il battesimo ci pone in relazione filiale con il Dio vivente nella comunione trinitaria e fraterna con tutti i membri del popolo di Dio.
0.6 Questo cammino comune che potremmo chiamare “sinodale” in senso letterale inizia oggi con questa Assemblea diocesana, continua con una riflessione comune fatta a livello parrocchiale e cittadino con l'aiuto di uno “strumento di lavoro” e un’indagine conoscitiva predisposta dai membri della Commissione, in preparazione del Convegno ecclesiale che si terrà a Novembre . Il cammino successivo con l'aiuto dei membri della Commissione servirà per approfondire e determinare praticamente le prospettive e le scelte pastorali adottate e curarne l’attuazione. Seguirà poi una verifica che con la collaborazione dei Vicari Foranei farò nei singoli comuni con i Consigli di Coordinamento cittadini.
0.7. Sento il dovere di ringraziare tutti i membri della Commissione ed in particolare don Rino La Delfa, nuovo preside della Facoltà Teologica di Sicilia a cui vanno i nostri più fervidi e cordiali auguri, che ha preparato lo “strumento di lavoro”, don Giuseppe Rabita che coordina dal punto di vista operativo l'attuazione del progetto, don Pino Daleo collaborato dalla dott.ssa Nuccia Morselli che hanno preparato i questionari per l'indagine e ne elaboreranno, il parrocodon Salvatore Zagarella che ci accoglie con squisita cortesia in questa chiesa, i presbiteri e i laici che modereranno e animeranno le assemblee zonali e coloro che animano dal punto di vista liturgico e organizzativo le varie fasi di questo cammino comune.
0.8 Dopo aver scelto il tema ci siamo accorti che la categoria della ‘relazione, che ha il fondamento nella vita della SS. Trinità, come fattore distintivo della persona e come elemento fondamentale nell’esperienza della comunione, che era stato già affrontato da mons. Mario Sturzo, oltre che essere stato rilanciato nel Convegno ecclesiale di Verona , è stato ripreso dal recente magistero di Benedetto XVI° sia nel discorso tenuto quest'anno per il Convegno ecclesiale della diocesi di Roma sia nell'ultima enciclica “Caritas in veritate” e costituisce anche il presupposto della scelta educativa che guiderà gli orientamenti per il prossimo decennio delle Chiese in Italia.
Lasciando a don Rino La Delfa la presentazione dello “strumento di lavoro” che poi sarà oggetto di discernimento comunitario, mi soffermerò su alcuni punti che offro alla vostra riflessione.
1. Il modello trinitario
La relazione ha il suo modello nella vita trinitaria nella quale la distinzione reale delle Persone divine risiede esclusivamente nelle relazioni che le mettono in riferimento le une alle altre nella comunione perfetta. dell'unico amore.
Il Padre con il Figlio e lo Spirito Santo conducono una vita comunionale profondissima: ogni persona divina non è chiusa in se stessa in uno splendido isolamento ma è in relazione con l'altra in un circuito eterno di conoscenza , di amore , di dialogo, di inabitazione e di gloria reciproca .
La fede cristiana nella Trinità ci rivela un Dio che in quanto amore infinito è comunione di tre persone uguali e distinte: il Padre che ama, il Figlio che è l'amato, lo Spirito Santo che è amore del Padre e del Figlio.
Con Gesù Cristo il principio della differenza nell’unità che vive nel mistero della Trinità trapassa, in forza dell’Incarnazione, nella storia e diventa, secondo la legge dell’analogia, principio di comprensione e di valorizzazione di ogni differenza che non viene solo tollerata, ma esaltata e valorizzata.
In particolare, è lo Spirito santo – come vincolo di amore tra il Padre e il Figlio, tra il Signore Gesù crocifisso e risorto e la sua Chiesa – il principio sorgivo della comunione ecclesiale e insieme la legge nuova e la risorsa permanente per la sua quotidiana realizzazione storica. Emergono così la gratuità e la serietà della comunione ecclesiale: proprio perché segnata dalla speranza che viene dallo Spirito, essa è un dono e un compito. È allora la forza dello Spirito che sostiene – al di là di ritardi, lentezze, errori, mancanze, ecc. – il cammino della comunità cristiana verso una comunione autentica e costantemente tesa alla sua perfezione.
2. In continuità con il Convegno ecclesiale di Verona
Nel Documento finale dopo il Convegno di Verona si riassume la problematica che sarà affrontata nel quarto capitolo puntando su “una pastorale che converge sull’unità della persona ed è capace di rinnovarsi nel segno dell’attenzione alle persone dell’unità tra le diverse vocazioni, le molteplici soggettività ecclesiali, le dimensioni fondamentali dell’esperienza cristiana. ” “Al centro di tale rinnovamento- si aggiunge- sta l’approfondimento della comunione e del senso di appartenenza ecclesiale, con gli spazi di corresponsabilità che ne derivano e che riguardano a pieno titolo anche i laici, con l’urgenza di una nuova stagione formativa .
Al n. 20 si afferma che “ è fondamentale curare la qualità dell’esperienza ecclesiale delle nostre comunità, affinché esse sappiano mostrare un volto fraterno, aperto e accogliente, espressione di un’umanità intensa e cordiale.” Questa esperienza positiva deve mostrarsi:” nella comunità diocesana raccolta intorno al vescovo e innestata in una tradizione viva, che accompagna lo svolgersi dell’esistenza e rappresenta la possibilità per tutti di una fraternità concreta, di un rapporto intimo e condiviso con la Parola di Dio e il Pane della vita; nella parrocchia, Chiesa che vive tra le case, vicina alla gente; nella preghiera e nella liturgia, che ci rende partecipi della bellezza che salva”
“Mettere la persona al centro – afferma sempre il documento del dopo Verona- costituisce una chiave preziosa per rinnovare in senso missionario la pastorale e superare il rischio del ripiegamento, che può colpire le nostre comunità.”
Al n. 23. a proposito della “ cura delle relazioni” si dice che “durante il Convegno tre parole sono risuonate come una triade indivisibile: comunione, corresponsabilità, collaborazione. Esse delineano il volto di comunità cristiane che procedono insieme, con uno stile che valorizza ogni risorsa e ogni sensibilità, in un clima di fraternità e di dialogo, di franchezza nello scambio e di mitezza nella ricerca di ciò che corrisponde al bene della comunità intera”.
E importante gareggiare nello stimarsi a vicenda secondo l'esortazione di san Paolo(cfr. Rm.12,10).. Il Card. Tettamanzi nella prolusione al Convegno di Verona aveva fatto una rilettura ecclesiologica del comandamento biblico dell’«ama il prossimo tuo come te stesso», che ha declinato così: «ama la parrocchia altrui come la tua, la diocesi altrui come la tua, la Chiesa di altri Paesi come la tua, l’aggregazione altrui come la tua, ecc.».
Si tratta di realizzare relazioni interpersonali attente a ogni persona capaci di ascolto e di reciprocità. , senza sacrificare la qualità del rapporto personale all’efficienza dei programmi.
I pastori sono invitati ad ascoltare i laici, valorizzandone le competenze e rispettandone le opinioni.
I laici devono accogliere con animo filiale l’insegnamento dei pastori come un segno della sollecitudine con cui la Chiesa si fa vicina e orienta il loro cammino.
Superando contrapposizioni di tipo sociologico è importante in un’ottica autenticamente cristiana prendere coscienza che tra pastori e laici, esiste un legame profondo, per cui è possibile solo crescere o cadere insieme.
La corresponsabilità, è un’esperienza che dà forma concreta alla comunione, attraverso la disponibilità a condividere le scelte che riguardano tutti(cfr. n.24). Essa ha un luogo concreto di esercizio nella partecipazione agli organismi di partecipazione ecclesiale.
La comunione ecclesiale richiede una pastorale d'insieme sempre più “integrata” non come “un’operazione di pura ingegneria ecclesiastica” richiesta dalla esiguità delle forze in campo, ma come espressione della corresponsabilità diffusa che nasce dalla “spiritualità di comunione” e dalla conversione pastorale con stile missionario delle nostre comunità.
Alla base della scelta di quella che oggi viene chiamata “pastorale integrata” vi è la decisione di vivere la spiritualità di comunione, che precede ogni concreta iniziativa e purifica dalle tentazioni di personalismi e protagonismi, che portano a forme non evangeliche di competizioni. La concretizzazione della “pastorale integrata” dovrebbe armonizzare tutte le energie di cui la comunità ecclesiale dispone, facendole confluire, non nei mille rivoli delle diverse attività, ma dentro progetti comuni, pensati e realizzati insieme.
All’interno della nuova prassi della corresponsabilità c'è la valorizzazione delle aggregazioni ecclesiali e delle vocazioni dei fedeli laici che vanno formati ad essere protagonisti di un discernimento attento e coraggioso nella realtà secolare. Si tratta di una un'opportunità da cogliere in positivo per avere tutti (clero e laici) un vantaggio.
È necessario un rinnovato impegno della nostra Chiesa per sviluppare una più ampia e profonda opera formativa dei laici – singoli e aggregati – che assicuri loro quell’animazione spirituale, quella passione pastorale e quello slancio culturale che li rende pronti nella loro tipica testimonianza al servizio del bene comune, specialmente in campo familiare, sociale, economico, culturale, mediatico e politico.
La coscienza comune di tutti i battezzati di essere Chiesa non diminuisce la responsabilità dei presbiteri. Nell'ultimo convegno ecclesiale di Roma Benedetto XVI ha detto:”Tocca proprio a voi, cari parroci, promuovere la crescita spirituale e apostolica di quanti sono già assidui e impegnati nelle parrocchie: essi sono il nucleo della comunità che farà da fermento per gli altri”.
3. Risposta alla sfida educativa
Strettamente legata con la categoria di relazione sta quella di educazione, che nasce e vive di rapporti interpersonali e di relazione con gli altri secondo una gerarchia di prossimità che, iniziando dai genitori, si dilata alla famiglia, ai vicini, alla scuola, al variegato mondo del lavoro, tel tempo libero e delle vari forme di sofferenza e marginalità per estendersi poi al rapporto il creato e con le “circostanze” storiche.
L’educazione è, la capacità di mettere consapevolmente in relazione la persona con la realtà.
Un nodo centrale, è quello relativo alla verità delle relazioni valorizzando la distinzione dei ruoli per la crescita della persona: genitore-figlio, catechista-catechizzando, insegnante-alunno”, prete-laico.
Si tratta di attivare una pedagogia pastorale che educhi alla relazione.
La persona si mette in gioco nel rapporto interpersonale tra educatore ed educando. La relazione educativa è sempre vissuta nelle due direzioni: siamo sempre tutti educatori ed educati. Solo chi sa di essere sempre in cammino nella sua formazione permanente può essere un buon educatore. E viceversa: solo chi si rende responsabile della propria autoeducazione e della attiva stimolazione educativa di tutte le persone che incontra, si pone nella giusta condizione di discepolo.
Ieri su Avvenire il card. Angelo Bagnasco presentando il rapporto-proposta del Comitato per il progetto culturale 'La sfida educativa', ha detto che questo strumento ha “il pregio di non limitarsi alla segnalazione della debolezza educativa che caratterizza la società odierna, comprese molte comunità cristiane, ma si spinge ad additarne le cause principali e suggerisce gli obiettivi da perseguire per tornare dall’esilio educativo in cui sembra essersi confinata la civiltà occidentale”.
Per raccogliere la sfida educativa e superare l'emergenza si evidenzia la necessità di ritrovare il 'baricentro' dell’esperienza formativa, ossia una vera sapienza antropologica e una visione non riduttiva del fatto educativo.
Una autentica educazione non potrà avvenire senza l’opera paziente e qualificata di educatori credibili e autorevoli, capaci di 'generare' in un contesto di fiducia, di libertà e di verità.
Per la Chiesa la dimensione educativa , che interessa le relazioni tra persone e le proietta in un futuro carico di speranza, è fondamentale e strategica nello stesso tempo, perché interessa tutte le persone, abbraccia tutto l'arco della vita e tutti gli ambiti della esistenza umana.
La complessità del processo educativo richiede la scelta di far “rete” attorno ai luoghi di vita, alle istituzioni educative, alle famiglie e alle comunità ecclesiali; ciò comporta il riconoscimento e la fiducia reciproca, la messa in comune delle risorse umane, la comunicazione delle attività , la ricerca comune e la sperimentazione di progetti educativi condivisi.
Siamo troppo spesso “separati in casa”, non sempre dentro una comune progettualità, con uno spreco di energie umane non indifferenti.
Un’eccessiva frammentazione e strutturazione della pastorale, non riesce a farsi carico della vita reale delle persone, né riesce a unificare le diverse esigenze esistenziali, anzi, a volte sembra, che crei disorientamento e soffochi gli slanci e le energie vive.
Per questo il decennio pastorale che sta per avere inizio ruoterà attorno al tema portante dell’educazione come è stato deliberato dall’ultima Assemblea generale della Cei e che noi abbiamo anticipato nel convegno del 2007 su “la questione antropologica e la sfida educativa”.
Questa scelta si pone in continuità con il tema del decennio che volge al termine: «Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia» perché individua nella “emergenza educativa” il rischio cioè che si interrompa la trasmissione tra le generazioni dei valori essenziali della fede e della convivenza umana.
In conclusione invito ciascuno e tutti a camminare assieme verso la meta ,certo non definitiva ma importante , di una comunione fra le persone fondata sulla stima reciproca che porti ad una maggiore corresponsabilità pastorale, ad una partecipazione attiva a livello parrocchiale e cittadino alle varie tappe di questo cammino comune, per una testimonianza credibile di Gesù cristo speranza del mondo agli uomini e alle donne della nostra società.