La tragedia di Messina dimostra il mancato rispetto della natura provoca disastri. La Sicilia è ancora un territorio dove si costruiscono “cattedrali nel deserto”.
Se si fosse evitato il dissennato abusivismo edilizio e si fosse tenuto conto di quello che don Luigi Sturzo aveva detto sulla tutela dell'ambiente la tragedia del messinese si poteva evitare.
Luigi Sturzo si può considerare un precursore della cultura ambientalista. Fra i tanti interventi politici di Sturzo, va citata la sua difesa delle foreste, che era dettata dalla convinzione che esiste un rapporto stretto fra rispetto, tutela, promozione ambientale e vita dell'uomo.
Per Sturzo la questione meridionale come questione nazionale implica una attenzione particolare alla tutela dell'ambiente attraverso una politica economica che favorisca tutta una serie di interventi attivi dell'uomo: «II più grave problema da affrontare, e non solamente problema meridionale, ma di speciale urgenza per le regioni del sud, isole comprese, è quello della sistemazione montana, rinsaldamento del suolo, imbrigliamento, rimboschimento, regolarizzazione delle acque, in una parola ricordarsi che l'agricoltura comincia dalla montagna per arrivare alla pianura e viceversa». Sturzo ritiene che bisognava rovesciare il modello basalo sulle bonifiche e sulle eliminazione delle aree paludose in pianura e puntare sulla bonifica montana. Dimenticando la montagna «bastava un alluvione a far perdere gran parte dei lavori fatti e delle piantagioni iniziate. È un lavoro di Sisifo, nel quale si perde fatica e denaro»
Il capo dello stato ha detto ieri che il problema del mezzogiorno è un problema nazionale. Sturzo lo diceva già nel 1903.
Don Luigi Sturzo è stato un meridionalista militante che non solo ha analizzato dal punto di vista teorico la questione meridionale , ma si è impegnato a risolverla puntando sulla formazione culturale del clero, sulla organizzazione di cooperative. Il suo progetto per lo sviluppo del Mezzogiorno era fondato non su un meridionalismo piagnone, ma sul protagonismo delle popolazioni meridionali disposte a rischiare e non a pietire contributi di natura assistenzailistica da parte dello Stato.
Riconoscere la validità e l'attualità del contributo di don Luigi Sturzo alla soluzione della questione meridionale (anzi delle questioni meridionali), non significa riproporre meccanicamente le sue soluzioni, ma ispirarsi al suo insegnamento per trovare noi le soluzioni nel nostro tempo.
Uno degli insegnamenti di Sturzo, valido ed attuale oggi in un momento di caduta di valori etici comunemente condivisi, è che la soluzione della questione meridionale, come questione nazionale, è innanzitutto una soluzione etica, che si serve dell'economia e della politica come importanti e necessari strumenti, ma che trova il suo fulcro in una collaborazione tra Stato ed energie umane, economiche e sociali dei meridionali, cementate da una comune tensione morale e religiosa.
Oggi il “meridionale” ha le stesse caratteristiche di quello di un secolo fa? Che cosa è cambiato ?
Oggi in un mondo globalizzato e in un contesto storico-culturale in cui ha dominato una politica assistenzialistica e clientelare e lo scetticismo sulle possibilità di una ripresa autopropulsiva del Mezzogiorno, il progetto sturziano di un risorgimento sociale ed economico sembra difficile. Ma la centralità che sta riprendendo l'area mediterranea nell’economia mondiale con lo spostamento del baricentro dagli USA a paesi come l’India e la Cina e con il ruolo che nel terzo millennio giocherà l’Africa, la necessità di nuove regole di natura morale nell’economia dopo la crisi finanziaria dei nostri giorni e la ripresa in Italia del dibattito sul federalismo fiscale nell’ambito di una solidarietà nazionale, ci dicono che alcune intuizioni di Sturzo rimangono ancora valide.
L’autonomia di cui si parla oggi in Sicilia ha le stesse caratteristiche di quella di cui parlava Sturzo?
Il meridionalismo di don Luigi Sturzo attento al territorio si inserisce nella sua concezione autonomistica concepita non solo in chiave economico-politica in funzione di motivazioni contingenti, ma scaturisce da una profonda esigenza etico-religiosa basata su un’antropologia sociale ispirata ai valori cristiani e ai principi della sussidiarietà, della solidarietà e del bene comune propugnati dalla dottrina sociale della Chiesa.Che rapporto ci sia tra il federalismo solidale di Sturzo e quello di oggi e come poi sia stata usata per esempio in Sicilia l’autonomia regionale dopo la morte di Sturzo è un altro discorso.
L’ autonomia regionale si realizza per Sturzo in uno Stato delle autonomie, cioè che non solo le consente, ma si realizza in esse.
Le autonomia locali per Sturzo non sono i cavalli di Troia da introdurre nella cittadella dello Stato moderno per scardinarlo dall'interno, ma il luogo della partecipazione responsabile delle persone alla vita sociale.Sturzo condanna non solo lo statalismo dello Stato ma anche la mentalità statalista presente nella gestione degli enti locali, regionali, provinciali e comunali. Le condizioni di tale autonomia - quali sono desumibili dall'opera di Sturzo - siano essenzialmente tre: - la modificazione della struttura dello Stato,- la consapevole partecipazione dei cittadini,- la moralizzazione della vita pubblica (e privata).
A 90 anni dall’appello “ai liberi e forti” (18/01/ 1919) e a 50 anni dalla morte, quale attualità/eredità ideale hanno oggi, di fronte alla crisi morale della politica, il pensiero e l’opera di don Sturzo?
A distanza di cinquant'anni dalla morte di don Luigi Sturzo il suo tentativo di realizzare un impegno sociale e politico , rispettoso sia di una ben intesa integralità del cristianesimo che di una sana laicità della politica, riveste ancora una sua attualità, che rimanda però ad un impegno creativo e responsabile dei cristiani presenti nei vari schieramenti per realizzare una prassi politica vissuta come atto di amore a servizio del bene comune.
Un elemento della eredità spirituale e morale di don Luigi Sturzo è il concepire l'impegno politico dei cristiani come apostolato sociale nutrito da una profonda riflessione culturale.
In rapporto all'impegno socio - politico egli mostra una concezione profondamente morale della vita politica e sociale ispirata ai valori cristiani . La moralizzazione della vita pubblica è legata per Sturzo soprattutto ad una concezione religiosa della vita da cui deriva il senso della responsabilità morale e della solidarietà sociale.
Per don Sturzo il perseguimento del bene pubblico non può essere separato dalle virtù individuali. Tra le virtù dei politici egli cita la franchezza, la sincerità, la fermezza nel sapere dire anche i no, l'umiltà da cui scaturisce il senso del limite, il non attaccamento al denaro e alla fama, la competenza, la progettualità politica , la capacità di programmazione nel discernere i tempi politici, quelli parlamentari, quelli burocratici e quelli tecnici.
Oggi un tema caldo è quello del bene comune: come declinarlo?
Sturzo sostiene che il bene comune, del quale sono elementi integranti la cultura, la moralità e la religiosità oltre che l'economia, è un bene che deve puntare ad uno sviluppo integrale delle persone. Oggi per la realtà italiana è importante fare tesoro delle conclusioni della Settimana sociale dei cattolici Italiani del 2007 riprendendo la nozione di bene comune secondo la declinazione che ne offre la dottrina sociale della Chiesa tenendo conto delle nuove emergenze della nostra società. Una priorità mi sembra la riscoperta della vocazione educativa delle comunità cristiane attivando una larga alleanza educativa con le famiglie, la scuola e tutta la società civile nelle sue diverse componenti. Un'altra priorità è l'educazione ad una cultura del lavoro e non dell'impiego con un posto fisso per uno sviluppo locale che superi il divario fra Nord e Sud e tra centro e periferie nella grandi città anche del Nord.
“Passione per la libertà e per il Vangelo” è stato detto di lui : quella libertà che in ambito pubblico conduce ad apprezzare il valore della presenza della Chiesa nella sfera pubblica, una presenza importante – a volte anche di supplenza – pur se c’è chi la vorrebbe imbavagliare…
Se si fosse evitato il dissennato abusivismo edilizio e si fosse tenuto conto di quello che don Luigi Sturzo aveva detto sulla tutela dell'ambiente la tragedia del messinese si poteva evitare.
Luigi Sturzo si può considerare un precursore della cultura ambientalista. Fra i tanti interventi politici di Sturzo, va citata la sua difesa delle foreste, che era dettata dalla convinzione che esiste un rapporto stretto fra rispetto, tutela, promozione ambientale e vita dell'uomo.
Per Sturzo la questione meridionale come questione nazionale implica una attenzione particolare alla tutela dell'ambiente attraverso una politica economica che favorisca tutta una serie di interventi attivi dell'uomo: «II più grave problema da affrontare, e non solamente problema meridionale, ma di speciale urgenza per le regioni del sud, isole comprese, è quello della sistemazione montana, rinsaldamento del suolo, imbrigliamento, rimboschimento, regolarizzazione delle acque, in una parola ricordarsi che l'agricoltura comincia dalla montagna per arrivare alla pianura e viceversa». Sturzo ritiene che bisognava rovesciare il modello basalo sulle bonifiche e sulle eliminazione delle aree paludose in pianura e puntare sulla bonifica montana. Dimenticando la montagna «bastava un alluvione a far perdere gran parte dei lavori fatti e delle piantagioni iniziate. È un lavoro di Sisifo, nel quale si perde fatica e denaro»
Il capo dello stato ha detto ieri che il problema del mezzogiorno è un problema nazionale. Sturzo lo diceva già nel 1903.
Don Luigi Sturzo è stato un meridionalista militante che non solo ha analizzato dal punto di vista teorico la questione meridionale , ma si è impegnato a risolverla puntando sulla formazione culturale del clero, sulla organizzazione di cooperative. Il suo progetto per lo sviluppo del Mezzogiorno era fondato non su un meridionalismo piagnone, ma sul protagonismo delle popolazioni meridionali disposte a rischiare e non a pietire contributi di natura assistenzailistica da parte dello Stato.
Riconoscere la validità e l'attualità del contributo di don Luigi Sturzo alla soluzione della questione meridionale (anzi delle questioni meridionali), non significa riproporre meccanicamente le sue soluzioni, ma ispirarsi al suo insegnamento per trovare noi le soluzioni nel nostro tempo.
Uno degli insegnamenti di Sturzo, valido ed attuale oggi in un momento di caduta di valori etici comunemente condivisi, è che la soluzione della questione meridionale, come questione nazionale, è innanzitutto una soluzione etica, che si serve dell'economia e della politica come importanti e necessari strumenti, ma che trova il suo fulcro in una collaborazione tra Stato ed energie umane, economiche e sociali dei meridionali, cementate da una comune tensione morale e religiosa.
Oggi il “meridionale” ha le stesse caratteristiche di quello di un secolo fa? Che cosa è cambiato ?
Oggi in un mondo globalizzato e in un contesto storico-culturale in cui ha dominato una politica assistenzialistica e clientelare e lo scetticismo sulle possibilità di una ripresa autopropulsiva del Mezzogiorno, il progetto sturziano di un risorgimento sociale ed economico sembra difficile. Ma la centralità che sta riprendendo l'area mediterranea nell’economia mondiale con lo spostamento del baricentro dagli USA a paesi come l’India e la Cina e con il ruolo che nel terzo millennio giocherà l’Africa, la necessità di nuove regole di natura morale nell’economia dopo la crisi finanziaria dei nostri giorni e la ripresa in Italia del dibattito sul federalismo fiscale nell’ambito di una solidarietà nazionale, ci dicono che alcune intuizioni di Sturzo rimangono ancora valide.
L’autonomia di cui si parla oggi in Sicilia ha le stesse caratteristiche di quella di cui parlava Sturzo?
Il meridionalismo di don Luigi Sturzo attento al territorio si inserisce nella sua concezione autonomistica concepita non solo in chiave economico-politica in funzione di motivazioni contingenti, ma scaturisce da una profonda esigenza etico-religiosa basata su un’antropologia sociale ispirata ai valori cristiani e ai principi della sussidiarietà, della solidarietà e del bene comune propugnati dalla dottrina sociale della Chiesa.Che rapporto ci sia tra il federalismo solidale di Sturzo e quello di oggi e come poi sia stata usata per esempio in Sicilia l’autonomia regionale dopo la morte di Sturzo è un altro discorso.
L’ autonomia regionale si realizza per Sturzo in uno Stato delle autonomie, cioè che non solo le consente, ma si realizza in esse.
Le autonomia locali per Sturzo non sono i cavalli di Troia da introdurre nella cittadella dello Stato moderno per scardinarlo dall'interno, ma il luogo della partecipazione responsabile delle persone alla vita sociale.Sturzo condanna non solo lo statalismo dello Stato ma anche la mentalità statalista presente nella gestione degli enti locali, regionali, provinciali e comunali. Le condizioni di tale autonomia - quali sono desumibili dall'opera di Sturzo - siano essenzialmente tre: - la modificazione della struttura dello Stato,- la consapevole partecipazione dei cittadini,- la moralizzazione della vita pubblica (e privata).
A 90 anni dall’appello “ai liberi e forti” (18/01/ 1919) e a 50 anni dalla morte, quale attualità/eredità ideale hanno oggi, di fronte alla crisi morale della politica, il pensiero e l’opera di don Sturzo?
A distanza di cinquant'anni dalla morte di don Luigi Sturzo il suo tentativo di realizzare un impegno sociale e politico , rispettoso sia di una ben intesa integralità del cristianesimo che di una sana laicità della politica, riveste ancora una sua attualità, che rimanda però ad un impegno creativo e responsabile dei cristiani presenti nei vari schieramenti per realizzare una prassi politica vissuta come atto di amore a servizio del bene comune.
Un elemento della eredità spirituale e morale di don Luigi Sturzo è il concepire l'impegno politico dei cristiani come apostolato sociale nutrito da una profonda riflessione culturale.
In rapporto all'impegno socio - politico egli mostra una concezione profondamente morale della vita politica e sociale ispirata ai valori cristiani . La moralizzazione della vita pubblica è legata per Sturzo soprattutto ad una concezione religiosa della vita da cui deriva il senso della responsabilità morale e della solidarietà sociale.
Per don Sturzo il perseguimento del bene pubblico non può essere separato dalle virtù individuali. Tra le virtù dei politici egli cita la franchezza, la sincerità, la fermezza nel sapere dire anche i no, l'umiltà da cui scaturisce il senso del limite, il non attaccamento al denaro e alla fama, la competenza, la progettualità politica , la capacità di programmazione nel discernere i tempi politici, quelli parlamentari, quelli burocratici e quelli tecnici.
Oggi un tema caldo è quello del bene comune: come declinarlo?
Sturzo sostiene che il bene comune, del quale sono elementi integranti la cultura, la moralità e la religiosità oltre che l'economia, è un bene che deve puntare ad uno sviluppo integrale delle persone. Oggi per la realtà italiana è importante fare tesoro delle conclusioni della Settimana sociale dei cattolici Italiani del 2007 riprendendo la nozione di bene comune secondo la declinazione che ne offre la dottrina sociale della Chiesa tenendo conto delle nuove emergenze della nostra società. Una priorità mi sembra la riscoperta della vocazione educativa delle comunità cristiane attivando una larga alleanza educativa con le famiglie, la scuola e tutta la società civile nelle sue diverse componenti. Un'altra priorità è l'educazione ad una cultura del lavoro e non dell'impiego con un posto fisso per uno sviluppo locale che superi il divario fra Nord e Sud e tra centro e periferie nella grandi città anche del Nord.
“Passione per la libertà e per il Vangelo” è stato detto di lui : quella libertà che in ambito pubblico conduce ad apprezzare il valore della presenza della Chiesa nella sfera pubblica, una presenza importante – a volte anche di supplenza – pur se c’è chi la vorrebbe imbavagliare…
Sturzo ha sempre sostenuto strenuamente la libertà in tutti gli ambiti a quello economico a quello scolastico ed in modo particolare la libertà della Chiesa la quale riveste un ruolo pubblico e civile importante nel rispetto della legittima autonomia dello Stato. Sturzo, in considerazione dell’universale validità del Cristianesimo, rivendica alla chiesa, quale depositaria dei principi evangelici, il diritto-dovere di intervento per esprimere la propria opinione su questioni relative alla cultura e all’educazione e ad altri settori, a cui, in ogni modo, va riconosciuta una loro autonomia.
Cercare di imbavagliare la voce della Chiesa significa aprire la porta al totalitarismo culturale e politico. Questo rischio è sempre in agguato.
Che cosa, dell’attualità del pensiero di don Sturzo è secondo Lei realmente/concretamente attuabile oggi?
Alcuni elementi dell'attualità del pensiero e dell'azione di don Luigi Sturzo sono senso del diritto-dovere della partecipazione alla cosa pubblica al servizio della verità e dei più deboli, la difesa delle libertà civile a partire da quella per una scuola libera delle libertà civili” Don Sturzo, non ostante il carattere anticipatore di alcune sue intuizioni piuttosto che fornire delle ricette pronte all'uso rimanda ad un impegno dei cristiani di interpretare i “segni dei tempi” alla luce del vangelo, per un impegno sociale e politico vissuto come atto di amore verso il prossimo in dialogo con gli uomini del nostro tempo.
Cercare di imbavagliare la voce della Chiesa significa aprire la porta al totalitarismo culturale e politico. Questo rischio è sempre in agguato.
Che cosa, dell’attualità del pensiero di don Sturzo è secondo Lei realmente/concretamente attuabile oggi?
Alcuni elementi dell'attualità del pensiero e dell'azione di don Luigi Sturzo sono senso del diritto-dovere della partecipazione alla cosa pubblica al servizio della verità e dei più deboli, la difesa delle libertà civile a partire da quella per una scuola libera delle libertà civili” Don Sturzo, non ostante il carattere anticipatore di alcune sue intuizioni piuttosto che fornire delle ricette pronte all'uso rimanda ad un impegno dei cristiani di interpretare i “segni dei tempi” alla luce del vangelo, per un impegno sociale e politico vissuto come atto di amore verso il prossimo in dialogo con gli uomini del nostro tempo.