Pubblicato su Repubblica Palermo del 13 marzo 2010 con il titolo
“Non lasciamo senza aiuto chi assiste un malato”
Per la seconda volta, nell’arco di un anno, si sono riunite il 9 marzo a Piazza Armerina, le associazioni di volontariato siciliane che si battono per ottenere nella nostra regione servizi, fin’oggi inesistenti, per i pazienti affetti da demenza e dalla malattia di Alzheimer. Si stima che la demenza sia la quarta causa di morte fra le persone con più di 65 anni, ha una diffusione costante legata in particolare all’aumento dei cittadini anziani, ha un’elevata potenzialità invalidante ed elevati costi sociali ed economici. In Sicilia si calcola esistano almeno 50 mila cittadini dementi, con una grossa percentuale riguardante gli affetti da Alzheimer, la cui assistenza è garantita quasi esclusivamente dalle rispettive famiglie, quando queste esistono: al censimento del 2001 le famiglie formate da un solo componente hanno superato il 25% e oggi in molti comuni siciliani, falcidiati dall’emigrazione dei giovani, le famiglie uni personali sono il 30%, quasi una su tre. Si è detto spesso che nel meridione il welfare sia garantito soprattutto dall’assistenza familiare. Ma per quanti di noi questo sarà vero nei prossimi, vicini anni?
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Le Associazioni ancora una volta riunite a Piazza Armerina, un comune che sembra avere sposato la loro causa, hanno dovuto constatare che ad eccezione delle Unità valutative alzheimer (Uva), istituite da poco più di dieci anni per la realizzazione del progetto Cronos, proposto dall’industria farmaceutica privata ma ormai esaurito, non esiste alcuna altra struttura o servizio pubblico riguardante i cittadini dementi e le loro famiglie. Bisogna aggiungere che non esistono, ancora oggi, cure risolutive sul piano farmacologico, né su quello della prevenzione. La funzione delle Uva, 49 in tutta la Sicilia, è di tipo diagnostico ed epidemiologico poiché le terapie farmacologiche consigliate non possono che riguardare sintomi collaterali alla affezione principale che, inesorabile, una volta iniziata, cancella in pochi anni la memoria relativa ad ogni sentimento e ad ogni azione personale e sociale. Sparisce la capacità orientativa nel tempo e nello spazio, la memoria relativa ai propri cari, alle funzioni più elementari (pulirsi, alimentarsi, leggere, etc.), compare l’acatisia (incapacità di stare fermo), il vagabondaggio senza alcuna capacità di tornare al luogo di partenza, non si dà più valore al denaro, ai rapporti parentali. Fino a che nelle ultime fasi, di una malattia che può durare anche un decennio e più, compare la incapacità ad alimentarsi, a controllare gli sfinteri, divenendo il malato un candidato all’hospice, un ospedale per malati terminali. Ma fino a quel momento, nella nostra felice terra, il compito dell’assistenza non può che essere della famiglia. Non a caso, chi si piglia cura di questi malati viene definito la “seconda vittima” della malattia.
Le associazioni, hanno dato vita ad una Federazione siciliana, presieduta dal Prof. Gaetano Lisciandra, e coordinata dal Dr. Antonio Di Paola, e hanno recentemente iniziato un percorso con l’Assessorato regionale sanità perché in Sicilia si pervenga ad una piano per le demenze, dagli anni ’90 già presente in alcune regioni del nord, che sia un capitolo del piano sanitario regionale in corso di elaborazione, un capitolo che dovrebbe essere scritto contemporaneamente da Assessorato Sanità e Assessorato alla Famiglia nel rispetto della legge 328/2000 sulla integrazione socio-sanitaria.
E questo in quanto l’Alzheimer rappresenta ancora oggi un paradigma delle malattie non curabili farmacologicamente ma per le quali “prendersi cura” ugualmente, con un accudimento socialmente amorevole che riguardi pazienti e familiari, con corsi di informazione/formazione per i familiari per il migliore utilizzo degli ambienti domestici e per l’assistenza al malato. Accanto a queste iniziative, nelle quali il volontariato è di grande aiuto alla pubblica amministrazione, bisognerebbe disporre di locali per l’accoglienza temporanea, centri diurni, nei quali svolgere l’opera di informazione di cui si è detto, ma anche l’applicazione di terapie blande, come le chiamano gli spagnoli, o di gentle care, come le chiamano gli anglosassoni, tecniche psicologiche e comportamentali per il mantenimento della memoria e delle abilità residue, riduzione dei comportamenti catastrofici tipici di pazienti resi insicuri dalla malattia e dall’inadatta assistenza, diminuzione dello stress del malato e del suo care giver, il familiare che di lui si piglia cura.
A dare maggiore consistenza all’aspetto tecnico del problema ha contribuito la presenza alla riunione di alcuni dirigenti medici delle Uva siciliane e, fra essi, del dirigente del Centro regionale di coordinamento per l’Alzheimer e le demenze, Dr. Marcello Giordano dell’Asp n.6 di Palermo.
La Federazione ha dato appuntamento ai propri soci per la terza riunione regionale che si terrà, sempre a Piazza Armerina,, il 10 luglio c.a. Avremo risposte positive da Assessorati, programmatori regionali e da Direttori generali da qui ad allora? Lo speriamo, in uno con 50 mila famiglie siciliane. Anche perché esistono in sede regionale leggi e decreti inapplicati la cui osservanza potrebbe già iniziare in Sicilia un processo virtuoso, senza grandi impegni economici e senza sprechi, da completare in seguito con l’approvazione di un piano organico.