martedì 5 luglio 2011

Bilancio di previsione, poetica Manzoniana e chiacchiere da bar

di Vasily Lotario. Le polemiche strumentali degli ultimi giorni sul bilancio di previsione, di chiara deriva populistico - demagogica destrofila seppur provenienti da sedicenti ambienti progressistico - terzopolisti, tese a promuoverne una preventiva e utopica analisi/disamina da parte del “popolo” nelle sue espressioni quali singoli, cittadini, associazioni, circoli, società civile e quant’altro, mi hanno stimolata ad intervenire sulla questione. Si tratta, come è ovvio, di una proposta proveniente da un’opposizione interna da parte di qualche auto-isolatosi Peter Pan locale, apparentemente costruttiva ma che in realtà cela la volontà di rompere un giocattolo che non si è riusciti ad ottenere per sé e che recherebbe tempi inevitabilmente e imprevedibilmente dilatati e poco compatibili con le esigenze di buon andamento e funzionamento della macchina amministrativa nel suo complesso.
E così, per chiarire ai lettori/elettori il significato e la funzione del Bilancio di previsione, mi avvarrò del ricorso ad una vicenda risalente a circa due anni fa, allorquando un consigliere comunale di destra intervenne in aula enunciando la sua personale idea del Bilancio di previsione, defininendolo cioè come una sorta di operazione di "assoluto falso" con la seguente motivazione: le entrate sono sempre fittizie e/o sopravvalutate e/o gonfiate e le uscite sono sottovalutate, con il risultato che solo a fine esercizio ci si rende conto della verità...
“Miracolo!” - pensai allora, convinta di avere sepolto per sempre nella mia memoria sotto miliardi -che dico? trilioni!- di informazioni, nozioni, notazioni, dati, etc. la poetica Manzoniana... e invece eccola lì riaffiorare davanti a me. Ed eccoli ritrovati il vero storico e il vero poetico, i temi predominanti della poetica Manzoniana. Ricordo i giorni di studio per prepararmi all'esame più importante della vita di ognuno di noi, l'esame di Maturità. Nella vita poi sono seguiti un'infinità di esami, concorsi, prove, ma l'esame di Maturità è l'unico rimasto impresso nel mio immaginario, l'unico che ancora oggi vedo in sogno, tremando al pensiero di dovere affrontare l'esame di Storia e di non essere riuscita a completare il programma. Invece l'esame di Letteratura Italiana non è mai stato il mio incubo, anzi, ho sempre profondamente amato le Lettere. Ricordo di avere ripassato con l'aiuto di un professore amico di famiglia la Letteratura dell'Ottocento e del Novecento Italiano, anche con l'apporto di dispense, di cui il professore in questione era giustamente gelosissimo, perché erano l'unico ricordo in suo possesso del fratello, anch'egli professore di Lettere.

Dunque, parlavamo di Bilancio di previsione e realtà da un lato e di vero poetico e vero storico dall'altro. Non trovate anche voi, amici del blog, un quid in comune?

Abbiamo detto che secondo la dichiarazione del consigliere di cui sopra il Bilancio di previsione sarebbe lontano dalla realtà. Ebbene, se analizziamo il concetto del vero storico ci accorgiamo che esso non è altro che la realtà che ci circonda, l'insieme degli avvenimenti dentro cui si muove l'essere umano, quindi si tratta di ciò che accade realmente. Mentre il vero poetico, tema cui dovrebbe secondo il Manzoni mirare lo scrittore, non è altro che l'espressione di emozioni, sentimenti, stati d'animo, desideri dei protagonisti della vicenda, con l'avvertenza che il Manzoni intende a questo proposito quindi non il vero ma il verosimile, come elemento indispensabile della narrazione. Ora, secondo la visione del consigliere succitato il Bilancio di previsione sarebbe quanto mai lontano dalla verità e dalla realtà perché in questo tipo di documento le entrate sarebbero fittizie e/o sopravvalutate e/o gonfiate e le uscite sarebbero sottovalutate. Quindi la realtà e la verità richiamate costituirebbero il vero storico. E il Bilancio di previsione il vero poetico. Eh, sì, non trovate che il documento contenente il Bilancio di previsione abbia in sé la dimensione dei sentimenti, degli stati d'animo, dei desideri di chi amministra la cosa pubblica in quel momento? Forse a quest'ultimo proposito potremmo coniare un nuovo vocabolo in luogo del vero poetico, e cioè il vero contabile. E’ un dato direi quasi naturale che gli amministratori pubblici nel Bilancio di previsione, inseriscano la loro idea di fondo della società, le loro aspirazioni di sviluppo economico-produttivo, la loro dimensione socio-culturale, la loro idea di città, financo la loro ideologia di fondo. Certo sarebbe forse più corretto redigere un Bilancio che sia assolutamente fedele alla realtà dei fatti, ma purtroppo la realtà -senza richiamare stavolta la poetica Manzoniana- sfugge ad ogni rappresentazione assolutamente fedele della stessa. Quindi, che fare? Accontentiamoci del cosiddetto vero contabile. Anche il Manzoni sarebbe d'accordo perché, dopotutto, come ci suggerirebbe, ciò che conta rispettare nella narrazione -o rappresentazione- della realtà non è il vero, ma il verosimile.

Per chiudere, sia consentita un’ultima riflessione. Certamente coloro che hanno ricevuto dall’elettorato il mandato a governare non soltanto hanno il diritto ma hanno anche e soprattutto il dovere di assumersi la responsabilità relativa alla predisposizione del documento di programmazione economico-finanziario per eccellenza che è il Bilancio di previsione, nel rispetto del programma presentato a suo tempo appunto agli elettori e sottoscritto dagli stessi con l’espressione del voto.  Spiace che qualcuno non abbia ben chiari fino in fondo i confini dei ruoli, istituzionali e non. Non è un compito spettante al cittadino, nella sua entità di monade e/o nelle forme sociali ove si svolge la sua personalità, quello relativo alla redazione dei bilanci di previsione. Esistono luoghi, tempi, competenze, ruoli che la legge ha assegnato mediando tra i vari interessi in giuoco. Per cui, anche in questo caso, la trasparenza e la legalità appaiono rispettatie fino in fondo. E, insomma, una delle conquiste dei tempi moderni è che il primato della legge non può essere messo in discussione, neppure quando, se e a chi conviene. Tutto il resto sono chiacchiere da bar. E su quelle preferiamo astenerci.

Vasily Lotario

Chi sono

Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com


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"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"

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