martedì 30 agosto 2011

Italia Futura sulla manovra B&B ed il patto Arcore- Bellerio.

Sappiamo che uno dei problemi più gravi dell’Italia è quello di essere un Paese bloccato, dove gli ascensori sociali, dall’università al lavoro, funzionano sempre meno. Un Paese in cui tanti giovani e le loro famiglie si sentono smarriti, incapaci di immaginare il proprio futuro. Un allarme lanciato da Italia Futura due anni fa, quando decise di caratterizzare la sua prima uscita nel dibattito pubblico proprio con una campagna sulla mobilità sociale, ripresa poi con un lavoro sull’occupazione giovanile.
Proprio per la consapevolezza dell’importanza di questi temi fa rabbia dover constatare non solo che questo governo ha fatto poco o niente per affrontare questi nodi, ma che con quest’ultima manovra c’è il rischio concreto che la situazione vada peggiorando.
La mobilita sociale è un fenomeno complesso, che si poggia, in estrema sintesi, su due pilastri. Da un lato sulla possibilità di accedere, a prescindere dalla famiglia di origine, agli strumenti che consentono di imparare, crescere e prepararsi al mercato del lavoro. Dall’altro sul potersi affermare in questo mercato sulla base delle proprie capacità e non per la “casta” di appartenenza. La prima condizione si supporta con politiche sociali, di istruzione e welfare, la seconda con regole che supportino una concorrenza effettiva e trasparente nelle attività economiche e che eliminino i protezionismi che favoriscono categorie e poteri consolidati.
Ecco, la manovra che si sta configurando in queste settimane è un disastro su entrambi questi aspetti.


Sul fronte delle politiche sociali porta avanti a un duplice attacco alle famiglie e ai ceti più deboli: uno diretto che andrà a peggiorare i loro redditi con i tagli alle agevolazioni fiscali (da quelle sulla prima casa e sugli affitti, alle detrazioni per figli a carico, spese mediche, badanti, asili e così via), e uno indiretto, che attraverso i tagli agli enti locali li penalizzerà con una diminuzione di servizi importanti, dall’assistenza all’infanzia e agli anziani, ai disabili, etc. Queste misure implicheranno peggioramenti significativi delle qualità della vita per moltissime famiglie soprattutto quelle più giovani, che già vivono una fase di grande difficoltà. Come mostra un recente rapporto di Censis-Unipol, quasi il 60% delle famiglie con il capofamiglia sotto i 35 anni spende tutto il proprio reddito e non riesce a mettere da parte niente, e circa il 43% vive in affitto (contro una media del 16.8%). Per questi giovani, e soprattutto per i bambini che nasceranno e vivranno i loro primi anni di infanzia in questi contesti, l’effetto della manovra lascerà segni che si trascineranno molto più a lungo dell’orizzonte triennale della manovra, e sui quali sarà più difficile e anche più costoso intervenire “a posteriori”.
L’impatto di queste misure sarà profondo a causa sia dell’entità dei tagli che, soprattutto, dei criteri con cui rischiano di essere operati. La manovra prevede tagli alle agevolazioni fiscali per 4 miliardi nel 2012 e 12 miliardi nel 2013 (che si aggiungono alla riduzione prevista dalla manovra di luglio pari a 4 miliardi nel 2013 e a 20 miliardi nel 2014). Tuttavia modalità e criteri di questi tagli sono ancora ignoti: la delega fiscale che dovrebbe definirli è ancora in alto mare, e, se tale delega non venisse varata entro settembre, gli ammontari previsti verranno coperti con tagli lineari del 5% nel 2013 e del 20% nel 2014, così come previsto dalla “clausola di salvaguardia”. È vero che una riorganizzazione delle agevolazioni fiscali era necessaria, perché nascondono molte distorsioni (ne avevamo parlato anche nel rapporto sulla mobilità sociale). Ma questa manovra riesce di ottenere il risultato perverso di ridurre quasi a zero le agevolazioni senza toccare iniquità e distorsioni.

Sull’altro fronte, quello dell’accesso al lavoro e alle professioni non è stato fatto praticamente niente. La norma che dovrebbe mettere fine agli abusi sui tirocini non è che un ulteriore vincolo che, limitando la durata massima dei tirocini a sei mesi e irrigidendo i requisiti delle persone che possono accedervi, otterrà l’unico risultato di diminuire la disponibilità di questo strumento per i ragazzi. Per non parlare della liberalizzazione delle professioni, raccolta in un fumoso articolo in cui ogni riforma degli ordini viene demandata ad un provvedimento da adottare entro un anno, per il quale vengono indicati dei principi ispiratori.
E se in questo anno non si farà la riforma? In tal caso non è prevista nessuna “clausola di salvaguardia” come per le agevolazioni. Se non si farà niente, non succede nulla, la riforma si potrà fare dopo un altro anno, o due, o quando sarà comodo, con calma. In sostanza l’assetto degli ordini resta immutato. Dove avvengono quindi gli interventi di maggior liberalizzazione tanto sbandierati? Nelle professioni non regolamentate, tipo quelle del sommelier, del nutrizionista e poche altri. Non è un caso se Sacconi, che è uomo preciso, ha parlato di “liberalizzazione delle professioni non ordinistiche". Un’astuta formula che serve a dire “abbiamo fatto qualcosa” senza aver, di fatto, cambiato niente di ciò che doveva esser cambiato. Come nelle nostre più radicate tradizioni.

Chi sono

Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com


___________


"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"

TUTTI GLI ARTICOLI