150° DELLA NASCITA DI MONS. MARIO STURZO
Le due feste cristiane, quella di Tutti i Santi e della Commemorazione dei defunti di questi primi giorni di novembre, ci invitano ad interrogarci sul senso ultimo della nostra vita.
Questa celebrazione vuole costituire per noi un'occasione per manifestare la nostra riconoscenza a chi ci ha fatto del bene. In modo particolare voglio oggi ricordare i sacerdoti e vescovi di Piazza Armerina miei predecessori ed in particolare il compianto mons. Vincenzo Cirrincione e mons. Mario Sturzo di cui oggi ricorre il 150° anniversario della nascita e il 12 novembre il 70° della morte . Egli , che fu pastore zelante di Piazza Armerina dal 1903 al 1941, è stato una figura poliedrica di vescovo, filosofo, poeta, maestro di spiritualità, uomo di profonda cultura , radicato nella tradizione ecclesiale ma anche aperto al dialogo con la società contemporanea.
“Scende nell’alma come un’ombra nera,/ Chè la stagion a ripensar m’invita/ Il lungo tribolar della mia vita/ e l’imminenza dell’estrema sera.// L’alma che ad or ad or più nulla spera/ e più non osa domandar aita,/Guarda la tomba trista e sbigottita,/ Né più trova la via della preghiera.// Deliquio breve! Rompe il cupo velo/ Di quella notte un raggio sovrumano,/ E dolcemente mi sorride il Cielo.// Allora il Ciel con vivido desio/Rimiro, il Ciel che più non è lontano; E tutti i mali della mia vita oblio.//-.
Un’altra poesia si conclude con questa terzina:” Straniero no,ma cittadin diviso/Io son dalla celeste patria mia./Amo la terra e vivo in Paradiso.//-
E in un’altra poesia dice: “Canterò sempre, canterò la sorte/Di chi,mirando il ciel cantò d’amore, / E cantando abbracciò sorella morte.//-
Oggi solennità di Tutti i santi noi celebriamo l’amore di Dio che si manifesta nella gloria dei santi .
Oggi noi celebriamo non solo i santi iscritti nel calendario della Chiesa, ma anche tutti quei santi anonimi che forse anche noi abbiamo conosciuto i quali in una vita ordinaria hanno vissuto l'avventura straordinaria della santità, precedendoci nella fede e nella speranza e che ora vivono nella perfetta carità.
La santità, come esercizio sommo delle virtù cristiane, testimonia nel tempo la possibilità di realizzare la "vita buona" annunciata dal Vangelo e di raggiungere la meta celeste promessa da Dio.
La ricorrenza dei defunti stabilisce un rapporto intenso tra noi cristiani viventi e quanti hanno superato la soglia dell’aldilà. Per questo oggi siamo riuniti in questo cimitero per ricordare con affetto i nostri cari defunti: il loro volto, il loro sorriso, la loro generosità, le loro fatiche!
La festa di tutti i santi e la commemorazione dei defunti ci dicono che a nessuno è vietato l'ingresso alla felicità e alla vita eterna . La chiesa attraverso la festa di tutti i santi ci vuole dire che la santità non è qualcosa di estraneo al desiderio profondo del nostro cuore ma è l'adempimento della perenne vocazione di ogni uomo alla felicità. La santità è la fonte della gioia.
Il vangelo di Gesù è sintetizzato in una parola: Beati, felici! Il Cristianesimo è religione di vita e di felicità, la santità è il coronamento d'ogni nostra aspirazione di bene. La santità è innanzitutto un dono dell'amore di Dio che attraverso Gesù Cristo annuncia il vangelo del regno promettendo la beatitudine ai poveri, ai perseguitati e a tutti coloro che vivono nella tribolazione, facendo riferimento unicamente al suo amore.
Questa festa è per noi fonte di speranza e di coraggio ma anche di impegno di contemplare il volto dei santi e di camminare sulle loro orme al seguito di Gesù Cristo: povero, afflitto, assetato della giustizia, mite, puro ed umile di cuore, misericordioso, perseguitato per la giustizia.
L'ideale della santità è possibile anche per noi perché degli uomini e delle donne come noi di tutte le nazioni, di tutte le età di tutte le condizioni sociali l'hanno potuto realizzare.
Il brano dell'Apocalisse ci presenta la santità non come un privilegio riservato a pochi eletti, ma una prospettiva di salvezza aperta a tutti coloro che riconoscono il primato dell'amore di Dio nella loro vita.
Essere santi significa avere la certezza di essere amati da Dio perché suoi figli, come ci ricorda san Giovanni.
Festeggiare tutti i santi è guardare coloro che già possiedono l’eredità della gloria eterna. Quelli che hanno voluto vivere della loro grazia di figli adottivi, che hanno lasciato che la misericordia del Padre vivificasse ogni istante della loro vita, ogni fibra del loro cuore.
Mons. Mario Sturzo, che ha sempre desiderato “la compagnia dei santi(cfr. Il Mio canto. P.144) è stato fra questi.
L’educazione cristiana, che ha come ragione ultima il condurre alla santità , fu un leit-motiv del suo apostolato.
In una lettera pastorale del 1938 “L’educazione nelle sue ragioni supreme” si occupa della vera e suprema formazione cristiana che è la santità .
Il desiderio alla santità per il vescovo Sturzo resta il “più intimo e il più umano dei sentimenti” e nello stesso tempo “il più divino”. È all’interno di questo interesse per la santità che Sturzo dedica molte opere alla conversione esplicitandone anche le tappe e le resistenze a causa del peccato che produce tristezza e disperazione, “l’azione ben animata, invece, è santità e gioia insieme, e la gioia accresce la santità e genera altra gioia”. (Cfr. Problemi di filosofia dell’educazione, p. 252).
La santità lungi dall’essere un qualcosa che si oppone alla natura dell’uomo e alla sua ragione, è il supremo compimento e la massima attuazione delle ragioni per cui la vita è degna di essere vissuta. “La santità è il fatto più essenziale della Chiesa; è luce che basta mostrarsi per illuminare”. Come ogni fatto storico anche la santità ha i suoi testimoni che sono i santi i quali sono definiti da Sturzo come “l’Evangelo vivente, l’Evangelo parlante; i santi sono la fede operante”.
Mons. Sturzo precorrendo la dottrina del Vaticano II sulla vocazione universale alla santità nella lettera pastorale del 1935 “La santità nell’itinerario dell’anima a Dio” scrive: “La santità dei cristiani nella Chiesa non è un fatto limitato o temporaneo; i santi non sono solamente gli eroi della santità , né solamente quelli che nella storia emergono come spirituali dominatori, né solamente quelli che la Chiesa canonizza. Sono una falange, sono il popolo dei veri cristiani, una corrente storica non tutta storicizzata, una corrente unica, perché la santità è una, in fondo sempre la stessa, nelle forme sempre varia. Sociale ed individuale, che cominciò con gli Apostoli, che generò nuovi santi, che genera sempre nuovi santi e ne genererà con la stessa fecondità, con la stessa ansia di perfezione, con lo stesso ardore di purificazione e di unione con Dio fino alla fine dei secoli”(pp.92-93).
In questa celebrazione eucaristica Mons. Mario Sturzo esulta con noi dalla liturgia del cielo e noi sentiamo tutti i fedeli defunti come nostri fratelli e sorelle in Cristo perché essi, battezzati come noi e nutriti dell'eucaristia, sono entrati nella pienezza della vita eterna come membri del corpo mistico di Gesù Cristo.
L'eucaristia come rendimento di grazie è una testimonianza importante per il nostro tempo in cui si cerca di camuffare e di censurare l'evento della morte o se lo si ricorda lo si ricorda con fatalismo senza una prospettiva illuminata dalla speranza cristiana nella vita eterna , che è il destino ultimo della nostra vita.
Il riposo eterno che noi auguriamo ai defunti nella preghiera, non è il sonno che segna lo scacco implacabile della vita umana travolta dall’abisso della morte,
ma il riposo illuminato dalla luce della speranza cristiana che trova nella certezza di essere accolti fra le braccia del Padre ricco di misericordia il fondamento ultimo.
Ciò che unisce noi vivi con i nostri defunti che sono i viventi per l’eternità
è il legame di amore che trova in Cristo morto e risorto l’anello fondamentale di questa lunga catena.
Noi oggi vogliamo anche pregare per tutti i defunti: per i nostri cari ma anche per coloro di cui nessuno si ricorda, per le vittime degli atti di terrorismo e di tutte le guerre, per le vittime morte nell'adempimento del loro dovere per salvaguardare la legalità, la sicurezza e il bene comune.
Oggi vogliamo esprimere il nostro cordoglio accompagnato dalla nostra preghiera per le vittime del terremoto in Turchia e dell’alluvione in Liguria ed in Toscana.
Vogliamo affidare tutti i nostri morti alla misericordia divina riaffermando la nostra fede nella comunione dei santi, la nostra speranza nella resurrezione della carne, il nostro impegno di carità verso tutti che serva a costruire una civiltà fondata sul rispetto della vita umana e sull'amore.
+ Michele Pennisi - Vescovo di Piazza Armerina