mercoledì 25 aprile 2012

Testo del discorso pronunciato dal Sindaco Fausto Carmelo Nigrelli in occasione della inaugurazione della mostra Salvatore Principato maestro antifascista,

Milano martedì 24 aprile, ore 11.00, Palazzo della Ragione, Loggia dei Mercanti Piazza Mercanti

Signor Assessore alle Cultura Stefano Boeri, Signor Presidente dell’ANPI di Milano, amici dell’ANPi e dell’Associazione deportati, cittadini di Milano e, permettetemi, piazzesi che qui a Milano vivete e lavorate,

è un grande onore per la Città di Piazza Armerina che Milano e l’ANPI abbiano voluto aprire le manifestazioni per la ricorrenza del 25 aprile, festa della Liberazione di Milano e dell’Italia dalla dittatura fascista e dall’invasione nazista, con la mostra voluta dal nostro Comune per ricordare il maestro Salvatore Principato, piazzese, siciliano venuto, giovanissimo, a dare il suo contributo attraverso il lavoro per costruire una Italia migliore qui a Milano, qui entrato nella Resistenza e qui vigliaccamente ucciso a Piazzale Loreto il 10 agosto 1944.

Ma la presenza di Piazza Armerina oggi, qui, alla Loggia dei Mercanti, ha anche un altro significato che va ricercato nei motivi che ci spinsero, nel 2010, a ricostruire la vicenda di questo “eroe normale”, uomo semplice che semplicemente credeva nella libertà, nella democrazia e nell’Italia unita, mettendo la sua vita al servizio dell’obiettivo di riconquistarla.


Questi ultimi lustri sono stati assai difficili per la nostra Nazione anche a causa di continue torsioni politiche, continue forzature alla nostra Costituzione colpevolmente tollerate, che hanno dato spazio a tensioni centrifughe, a tentativi culturali, ideologici e politici di sminuire l’importanza storica dell’Unità d’Italia nel lungo processo iniziato nel 1860 e concluso proprio qui a Milano il 25 aprile 1945, prima ancora che con la scelta di abbandonare la monarchia per scegliere la Repubblica.

Anni in cui, grazie a un controllo ossessivo dei mezzi di comunicazione di massa e, in particolare, di quello televisivo, si è legittimata l’idea che solo una parte della nostra Nazione avesse avuto un ruolo in quella lunga fase di unificazione e riunificazione, che solo una parte dell’Italia avesse i titoli per essere annoverata tra le potenze mondiali, che solo una parte dell’Italia avesse i titoli morali per essere classe dirigente, mentre l’altra parte, il Sud, era stato passivo, se non addirittura, ostile all’unificazione, passivo se non addirittura contrario alla svolta democratica e repubblicana, zavorra per lo sviluppo del Paese anche a causa delle mafie e della corruzione che in quelle regioni sarebbero dominanti.

Non era così. Non è così. Gli italiani democratici a sud come la nord lo sapevano e lo sanno. L’Italia nazione unitaria è stata voluta e fatta dalle élites, dalle forze più moderne del nord e del sud; la resistenza che si è sviluppata al di sopra delle linea gotica, ma aveva avuto anticipazioni a Napoli e Roma, ha visto accanto alle tante italiane e ai tantissimi italiani delle città delle regioni occupate, tanti italiani provenienti dal Sud combattere fianco a fianco, e fianco a fianco morire per la libertà e la democrazia.

Per questo negli ultimi anni abbiamo fatto nella nostra comunità un lavoro paziente di restituzione della memoria, ricostruendo alcune delle vicende biografiche di miei concittadini che hanno avuto un ruolo in queste vicende: dal giovane avvocato Angelo La Cara che seguì Garibaldi verso Roma, a Boris Giuliano, che fu ucciso dalla mafia nel 1979 (perché la lotta alle mafie – condotta prevalentemente da donne e uomini delle stesse regioni dove questi fenomeni criminali sono nati – è un pezzo importante della battaglia degli italiani per la democrazia e la libertà).

Cronologicamente al centro di questo arco temporale, tra la metà del XIX sec. e la fine del XX, sta l’eroica lotta partigiana e la figura di Salvatore Principato che già aveva messo in gioco la sua vita durante la Grande Guerra per l’idea di una Italia finalmente unita. La Ricostruzione della sua biografia costituisce il contributo della Città di Piazza Armerina ad un più completo quadro della memoria nazionale sulle vicende del biennio 1943-1945.

Come tanti altri siciliani – tra i più famosi ricordo Pompeo Colajanni, ennese, comandante partigiano che liberò Torino – non era nella Sicilia già liberata dal luglio 1943, ma era rimasto qui, a Milano, dove, dopo il delitto Matteotti nel 1924, aveva iniziato l’attività clandestina con altri socialisti e, dall’inizio del decennio successivo, con gli antifascisti di Giustizia e Libertà.

Nel 1942 aveva fondato il MUP, Movimento di Unità Proletaria di ispirazione socialista, che operava in clandestinità in questa Città di Milano, ed era entrato nella 33a Brigata Matteotti, fino all’arresto e alla fucilazione, senza processo, il 10 agosto 1944 per ordine del comando nazista, ma per mano di un plotone italiano.

Da questi brevissimi cenni biografici, dunque, si comprende il senso di questa mostra che raccoglie il messaggio che in occasione del 65° anniversario della Liberazione, in questa Città il Presidente Giorgio Napolitano aveva dato alla Nazione: la lotta di Liberazione come momento di ri-unificazione di una Italia che 80 anni prima era entrata nella modernità come nazione unita, ed era stata divisa di nuovo nel 1943, come molti hanno tentato di fare nell’ultimo ventennio, con altri strumenti, anche qui.

E il fatto che la città di Milano e l’ANPI abbiano voluto che, oggi, questa mostra si inaugurasse qui, conferma che il messaggio che dalla piccola città di Piazza Armerina, al centro della Sicilia, volevamo mandare, è arrivato, è arrivato qui, nel cuore pulsante della nostra bella, unica Italia.

Per questo, oltre che per avere reso onore a Salvatore Principato, la mia comunità ed io vi siamo grati.


Fausto Carmelo Nigrelli, Sindaco

Chi sono

Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com


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"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"

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