venerdì 8 marzo 2013

Il cinema Ariston è una testimonianza di architettura. Perché abbatterlo ?


di Lino Calcagno.
Non è facile stabilire da che parte stia il progresso.
Fecero bene coloro che alla fine degli anni '40 eliminarono il giardinetto (a villa ê badàgghi) per costruirvi una struttura pubblica, un cinema, il sogno diventato edificio o coloro che si apprestano a demolire il cinema Ariston per far posto ad una delle cose attualmente più innovative che si possano immaginare: un parcheggio, in prossimita di un altro ivi esistente!


Così gli autobus, che chissà perché non si è capaci di far posteggiare nella piazza Falcone e Borsellino, potranno farlo comodamente quie riverseranno nel centro storico le ambite frotte di turisti.

Un piano perfetto per far visita al cadavere per le sue viuzze e lefacciate di chiese e palazzi.

Guardo il cinema Ariston. È grigio. È ipocritamente nascosto. Èmorente e sembra chieder aiuto. A chi può piacere? Il senso comune, il giudizio istintivo fa dire: è brutto. Così si evita pure di pensare. Chi potrebbe mai difenderlo?

Ma mi chiedo anche: sono solo questi i criteri che guidano alla formulazione di un giudizio sulla sua condanna?

Di uno dei pochi edifici piazzesi (forse l'unico) che segna un cambiamento nel dopoguerra nel modo di pensare e realizzare l'architettura locale ad uso pubblico.

Ci testimonia forse che dopo secoli si ha una svolta nel modo di progettare affrancandosi da tecniche, tipologie e tecnologie del passato? È la velleità di nuove idee che accennano alla voglia diaffaccio nel mondo contemporaneo?

Disordinatamente tanti pensieri mi frullano per la testa ripensando a questo "brutto" edificio: l'uso della linea retta, i suoi ritmi geometrici e i suoi volumi sconosciuti nella regola degli edifici del passato. La funzione sociale, la tecnologia (uso timido del cemento armato e di alcuni elementi in acciaio), i segni architettonici nuovi (un accenno alla finestra a nastro, l'architrave unica su più aperture), una diversa concezione degli spazi (la funzione, lo spazio all'aperto, le uscite laterali, il bar!). Guardo le immagini di edificirazionalisti o protorazionalisti (qualcuno non riconosce questaclassificazione) realizzati prima in altre parti d'Europa. Prima poichè il ritardo culturale talvolta ha fatto sì che quello che altrove era stato realizzato nel primo trentennio del secolo scorso qui giunge negli anni '40 o dopo).

Con azzardo mi chiedo se anche il cinema Ariston potrebbe figurare in tali testi. Certamente è una testimonianza. Indubbiamentedovrebbe essere ripensato, forse riconsiderandone la copertura,aprendo spazi sociali e commerciali al suo interno, facendone insomma un vero luogo di ritrovo semiaperto per cogliere stavoltal'occasione, già mancata con piazza Falcone-Borsellino, per ricucire la città storica con quella moderna o farne chissà che altro ancora di meglio, che io ora non immagino, ma non certamente farne un parcheggio, un "non luogo".

E noi che facciamo? Supponiamo di creare economia, supponiamo di abbellire e modernizzare. Ma in una parola: abbattiamo.

Mai capire invece se oltre il giudizio di chi si assume o consigliasimili decisioni importanti, forse stancamente per dovere d'ufficio,esistano anche altri punti di vista, perfino di gente estranea, qualificata che sappia vedere oltre, senza troppi coinvolgimenti.Magari attraverso idee a concorso, pareri accreditati che scavalchino le solide convinzioni di qualcuno diventato forse responsabile a rate per simili decisioni che vanno invece assunte con un confronto più ampio.

Si badi bene: io non voglio offendere alcuno. Probabilmente quando dico non è condivisibile ed o addirittura è del tutto sbagliato; possoe debbo anche capirlo.

È solo che quest'aria pesante, burocratica, di un rinnovamento falso che non ci stimola a capire di più, che c'appiattisce al solo bello-brutto, mi infastidisce, anzi mi fa star male. A me non basta che si faccia e che il fare giustifichi ogni metodo, annebbi gli obiettivi e in qualche modo mi convinca che c'è attività e spirito vitale. Alcuni esempi della città che si rinnova ci feriscono, nonostante le buone intenzioni, credo.

Si penserà che queste parole non servono a niente. Secondo me non è così perché voglio credere e sperare che qualcuno possa anchecercare di capire un differente punto di vista e magari riflettere anche sul senso di quello che stiamo facendo. Che inoltre vuol dire anche riflettere su se stessi all'interno del contesto in cui si vive. Indefinitiva il rappresentarsi mentalmente l'effettività delle cose solo con gli attributi del bello-brutto è poco, è riduttivo ed appiattente.

Facciamo fare un progetto ai bambini delle scuole elementari, daranno degli spunti migliori.

Non la faccio lunga e chiudo.

Solo questo: ieri fantasticavo un Giuseppe Tornatore che tornando a piedi dal centro con la sua bella cartolina del centro storico, che in foto non sembrava per nulla un cadavere, si imbatteva sul cantiere del cinema Ariston. Agli operai che avevano appena sistemato una ruspa chiedeva cosa succedesse lì. "Domani qui resteranno solopochi muri e finalmente si potranno posteggiare gli autobus e le automobili". Poi ho sentito un sibilo secco, come di una cartolina stracciata e mi sono ridestato con la bocca amara.

E ora avanti con le critiche.

linocalcagno@inwind.it



Chi sono

Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com


___________


"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"

TUTTI GLI ARTICOLI