sabato 9 marzo 2013

Qualche idea sui boschi.

di Carmelo Alfarini
Il 10 Luglio dell'anno scorso, Piazza Armerina registra l'inizio di un gigantesco incendio nel bosco comunale, che si esaurisce dopo la distruzione di vari ettari di pineta del bosco Bellia. L'avvenimento é percepito dalla cittadinanza con grande drammaticità. Piazza ama i suoi boschi, fanno parte del suo DNA. Dopo un attimo di scoramento, reagisce prodigandosi a raccogliere fondi per farlo rinascere. Sono sicuro che il denaro raccolto, é in buone mani e che al momento giusto sarà impiegato e rendicontato in modo trasparente. Ho voluto rievocare questi fatti per fare una riflessione sulla natura dei nostri boschi e sulla loro utilità. La prima cosa che si nota è l'enorme diffusione di eucalipti che sono abbastanza maturi per il taglio. Questa specie è estranea alla nostra tradizione e fu introdotta, nel dopoguerra, quando si prospettò la possibilità di costruire una cartiera. Contrariamente a quello che si dice e si pensa non ci fu mai un accordo tra Piazza Armerina e la SIACE di costruire, nei nostri territori, una cartiera. Non poteva esserci, perché tale attività richiede una notevole quantità d'acqua, un vero fiume, che non esiste nel nostro territorio. Esiste invece a Fiumefreddo: dove poi sorse. A Piazza si doveva semmai avviare la prima fase di preparazione del legno che consisteva nella frammentazione dell'albero in chip e successiva trasformazione in pasta di legno. Lo scopo era di limitare le spese di trasporto. Nella prima fase di avviamento della cartiera le cose andavano discretamente. Era stata ubicata nel posto giusto: equidistante dalle fonti di reperimento del legname che erano la Calabria e la Sicilia. Poi le cose si complicarono. La Cassa per il Mezzogiorno con i suoi miliardi e i suoi politici corrotti erano una tentazione per la mafia e la P2 di Licio Gelli. Infatti, ecco uscire dal cilindro, il mago della finanza di turno. Si chiamava Michele Sindona, era un avvocato nato a Patti (ME) che dopo essersi impadronito della Banca Privata di Milano di cui era stato un dipendente, si trasferì in America, dove in breve tempo, cominciò a imporsi sui mercati finanziari americani, gestendo soldi della mafia, quella dei colletti bianchi pilotati dalla P2. In una di queste scorribande finanziarie, comprò una vecchia cartiera canadese e la trasferì come nuova a Fiumefreddo realizzando, con la complicità di politici e sindacati regionali, una montagna di miliardi. A Sindona non fregava niente della cartiera e dopo tre anni, giusto il tempo d'incassare i soldi, la fabbrica cominciò ad andar male. Non fu così per politici e sindacati che poterono espandere le assunzioni dei loro protetti da 300 a 800 unità, mantenerli, a fabbrica chiusa, per quasi venti anni, e poi destinarli ai lavori socialmente utili, con spreco di centinaia di miliardi. Mi scuso per questa divagazione storica e ritorno all'oggetto della mia riflessione: la specie dell'albero, l'Eucalipto. Importato in Italia durante l'era fascista, fu utilizzato per bonificare l'agro pontino e tutte quelle pianure acquitrinose sparse in Italia. Infatti, è un grande divoratore d'acqua e quando non la trova, la cerca anche a grandi profondità. In Australia in zone semiaride si sono trovate radici a oltre 200 metri di profondità. E' una pianta a crescita rapida, perciò é utilizzata nella produzione di cellulosa, che essendo a fibra corta, non é buona per produrre carta tipografica che richiede invece, una fibra lunga che può dare solo l'abete. Pertanto il suo uso é limitato all'industria del cartone dove occupa lo strato interno. Come legna da ardere, é pessima, come pure, essendo molto fragile, l'uso nell'edilizia e costruzioni varie. L'olio essenziale d'eucalipto é largamente utilizzato nell'industria farmaceutica essendo antisettico antinfiammatorio, antipiretico, balsamico, antiasmatico e altro ancora. Detto questo, cosa vogliamo farne di questi alberi? Se non si possono vendere all'industria cartaria o utilizzarli per quella farmaceutica, perché ci ostiniamo a tenerli in vita? Non essendo in zona acquitrinosa, sono dannosi, perché inaridiscono le falde acquifere. Non é il caso di cambiare con un'altra specie di alberi utili? Non so, tornare al castagno, al ciliegio, al faggio, al cedro, che all'ottimo legno aggiungono frutti a buon prezzo. La pineta é bella, ma non ha senso farla crescere così a lungo. Con un taglio razionale e successivo reimpianto, si potrebbero creare posti di lavoro che non guastano mai. Comunque, sempre meglio che vederla, periodicamente, bruciare. Durante la mia attività lavorativa ho avuto modo di visitare vari boschi del Nord. Dalle discussioni fatte con i proprietari, mi sono convinto che per loro, ma anche per i Comuni, i boschi sono sempre finalizzati a qualcosa. Insomma devono produrre reddito e non solo ombra. Il legname deve servire a qualcuno o a qualcosa, magari a una fabbrica di mobili, all'industria cantieristica, a quella edile. I tagli sono razionalizzati in modo che il bosco sia sempre verde, ma la coltivazione deve rendere qualcosa. In virtù di questa filosofia, i boschi sono più curati, più sorvegliati e gli incendi più rari. Perché da noi non deve essere la stessa cosa? Continuare su questa strada é sbagliato e non possiamo più permettercelo. P.S. Il 30 Agosto 2012, Agostino Sella intervistando il consigliere Basilio Fioriglio sulla situazione della restituzione dell'area ex SIACE promise, dopo breve indagine con l'avv. Amato, di riferire come stavano le cose. Se conosce l'esito, ce ne renda partecipi. Grazie.

Chi sono

Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com


___________


"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"

TUTTI GLI ARTICOLI