Quel polipo era intelligente, anzi intelligente lo è ancora. Infatti non è morto.
Ci ha fregato in pieno. Ha fregato me, Totò Profeta e Giulio Santoro.
A catturarlo era stato Totò verso le 16,50.
Con un colpo di fiocina deciso, lo aveva traforato, a circa 4 metri di profondità.
“Camminava sullo scoglio – ha detto Totò – non potevo sbagliarlo. E’ u primu purpu da me vita”.
Totò, dopo averlo trapassato, ha messo il polipo nel retino attaccato alla boa, dove era rimasto tranquillo per almeno un’ora mentre io, Giulio e lo stesso Totò, sondavamo i poveri fondali di torre Archirafi.
Fondale “spoglio”. “Meglio quello di Stazzo”, ho detto a Giulio dopo 10 minuti di immersione.
A Stazzo eravamo stati una settimana prima.
A Torre Archirafi, fino a quel momento, solo pesci piccoli, a parte il polipo che era nel retino, ed una murena che però appena mi ha visto è scappata nella sua tana.
Se sparare ai pesci piccoli è da bastardi Giulio è un bastardo.
“Pescatamente parlando” però.
Non ha resistito alla voglia.
Ma Giulio è da giustificare. Dovete sapere che, il miglior webmaster piazzese, è un po’ accecato.
Finora, da quando andiamo insieme a pesca, aveva cacciato sempre senza lentine.
“Non vedo un cazzo”. Mi ripeteva ad oltranza. E moriva d’invidia perché io pescavo e lui si attaccava al tram.
A Giulio i pesci, a Pantelleria, gli passavano tra le pinne ed a lui sembravano alghe. Nell’isola pantesca non ha preso una “mazza”.
Invece, per la prima volta nella sua storia da pescatore subacqueo, a Torre Archirafi, Giulio aveva le lentine sotto la maschera.
“Mi sembra di scoprire il paradiso” mi aveva detto appena entrato in acqua con la sua muta da 3,5 mm.
Però ogni pesce di 10 centimetri era sotto il tiro della sua fiocina. Ha fatto una strage di pesci piccoli.
Io, invece, per due ore, a parte “u purpu” di Totò, avevo visto solo minuzzaglie e sparato neanche un colpo.
Poi, verso le 18, mi accordo che sotto uno scoglio, una piccola cernia mi faceva l’occhiolino.
Piccola cernietta però. Solo 15 centimetri.
“Piccola un tubo” ho pensato a seguire. “Ma friu cu l’ovu di mè gaddini”
Il fondale era dai 5 ai 6 metri. Ho preso fiato. Sono sceso in compensazione. Gli sono arrivato davanti.
Appena si è accorta delle massa nera della mia muta, anch’essa di 3,5 mm, stava scappando.
Ma la mia fiocina l’ha infilzata. Implacabile. L’ho presa.
Un po’ di pena, l’ho avuta. Ma appena ho pensato a lei e l’uovo della gallina nel piatto, subito la pena è passata.
Ho tolto la cernia dalla fiocina e sono andato verso la boa di Totò Profeta per metterla nel retino.
Ho tolto il gancio e l’ho mandata a fare compagnia a quel bastardo del polipo che nonostante i buchi della fiocina era arzillo come un prete.
Sono tornato allora a perlustrare il povero fondale di Torre Archirafi.
Dopo una mezzoretta, mentre nuotavo in prossimità della boa attaccata al piede di Totò, vedevo scuro.
La boa si muoveva.
Minchia, “u purpu stava scappannu”!!!
Subito, due colpi di pinne e sono vicino la boa.
Nel gancio del retino c’era mezzo centimetro di spazio.
Da quel mezzo centimetro, quel bastardo polpo di un chilo e mezzo stava evadendo dalla rete.
Prendo il polipo, con la mano sinistra, ma questo cornuto mi si attorcigliava attorno al braccio.
Avevo solo una mano disponibile. Nell’altra tenevo il fucile.
Arriva Giulio, prende il mio fucile. Le mie due mani sono tutte “pu purpu”
Che bella sensazione “u purpu ch m stringiva u brazzu”.
Mi faccio stringere un po’, godo, e poi lo rimetto dentro.
Stringo il gancio del retino e torno a perlustrare il fondale.
Dopo 10 minuti, però, vedo Totò sconsolato e seduto sullo scoglio.
Totò – gli dico – “ven a pisca” ancora è presto.
“Minchia – mi dice – u purpu n futtì e scappau”.
Cavolo, mi sono sconsolato anch’io.
“U purpu nava futtutu veru. A mia, a Totò e a Giuliu. N’ cucchià".
Probabilmente avevo lasciato ancora qualche millimetro di spazio nel gancio del retino attaccato alla boa.
Al danno anche la beffa.
Anche i pesci di Giulio e la mia cernia non c'erano più.
Forse erano caduti sul fondale quando il polipo era scappato allargando il gancio del retino.
Altro che fritto di cernia e uovo!
Siamo tornati a casa “futtuti e bastuniati”.
Agostino Sella