venerdì 11 marzo 2011

Quaresima. Un percorso a tappe per vivere da veri cristiani.

Ancora oggi, in una stagione in cui giustamente ciascuno cerca nella propria identità e nelle proprie radici, anche religiose, i principi basilari sui quali formare il proprio agire quotidiano e il contributo al bene comune, la Quaresima potrebbe essere per i cristiani una preziosa occasione da vivere con serietà e autenticità, riscoprendone la dimensione fondamentale di conversione al Signore e al suo Vangelo e offrendo così spunti di riflessione, valori di riferimento e modelli di comportamento significativi anche per chi non condivide la stessa fede.
 Quando, come oggi, siamo bombardati da messaggi come «di tutto, di più» e «consumate, aumentate i consumi», e così siamo invitati a immedesimarci negli oggetti da comprare e possedere, quando i modelli offerti sono quelli del successo, della vanità, dell'apparire, dell'aggressività del vincitore, cristiani e non cristiani dovremmo saper reagire in modo da risvegliare una coscienza individuale e sociale capace di far riferimento a un'etica. La sobrietà, cioè il controllo sui propri appetiti, così come il maggior silenzio, l'ascolto, la vigilanza, la solidarietà, il ripensamento sui propri comportamenti possono aiutare anche la società in cui i cristiani vivono come cittadini con pari diritti e doveri a una pausa di riflessione e a una presa di distanza rispetto alla china pericolosa verso la barbarie che sembra impossessarsi progressivamente dei rapporti sociali.  Reagire a questa barbarie che da strisciante si sta facendo galoppante non spetta certo

solo ai cristiani: non è indispensabile riferirsi al Vangelo, agli insegnamenti e al

comportamento di Gesù per rabbrividire di fronte a certi atteggiamenti mentali che si

traducono sempre più spesso in azioni indegne di un essere umano. Ma i cristiani

dovrebbero avere nel loro patrimonio genetico, nell'identità di cui a ragione vanno fieri, gli

anticorpi indispensabili per un sussulto di umanità, per un'inversione di rotta, per il

ritrovamento di un cammino smarrito. E questa identità capace di umanizzazione può

essere ancora oggi alimentata e rinvigorita da strumenti antichi ma sempre efficaci: la

familiarità con la parola di Dio, il riferimento al modo di parlare e di agire di Gesù, la

disponibilità a esaminare se stessi e i propri moti ulteriori per fuggire il male e ricercare il

bene, per ricominciare ogni giorno a ritrovare in se stessi e a fare emergere nell'altro

quella immagine e somiglianza con Dio che è patrimonio di ogni essere umano.

(Enzo Bianchi)

Mercoledì delle Ceneri

Introduzione

Con il Mercoledì delle Ceneri inizia il periodo austero per la nostra fede. Quaranta giorni

durante i quali la parola di Dio, se lo vogliamo e se lo scegliamo, ci indicherà, come stile e

impegno quotidiano di penitenza, la carità, la preghiera, il digiuno. <

risvegliarci dal sonno, dalla pigrizia, dalla superficialità, dall’indifferenza spirituale.

Quaranta giorni per incontrare l’uomo e in lui il Suo Dio. La Quaresima è il tempo in cui

umanità e divinità si incontrano. Percorriamo questo tempo concedendoci delle soste per

ascoltare Colui che ci SALVA e ci indica il SENTIERO della VITA VERA>>.

In occasione della Quaresima 2011 leggiamo il messaggio di monsignor Ravinale

che ha voluto indirizzare a tutti i credenti.

"Ancora una volta si presenta a noi il dono della Quaresima, tempo di verifica della nostra

vita, che ci pone in confronto con il Signore e ci sollecita ad una sincera revisione di vita,

per riconoscere le nostre debolezze e camminare verso una realizzazione di quanto il

Signore si aspetta da ciascuno di noi.

Papa Benedetto XVI ci ha donato un suo bellissimo messaggio per questo periodo,

indicando un percorso ben articolato, teso a farci riscoprire il nostro battesimo. Un

messaggio molto chiaro e denso di indicazioni concrete, che invito tutti a conoscere e

meditare, in cui il Papa sottolinea l’efficacia dei testi liturgici domenicali per stimolare,

appunto, la riscoperta del battesimo.

Oltre che nella liturgia, il Signore è capace di parlarci anche con gli avvenimenti della vita.

Avvenimenti che ci toccano da vicino, ci commuovono, ci irritano, ci rallegrano … ma

fondamentalmente ci parlano e riempiono di concretezza i suggerimenti del percorso

quaresimale.

Il motivo più intenso di commozione per l’opinione pubblica in questi giorni è

indubbiamente la drammatica vicenda di Yara. Abbiamo seguito con trepidazione la

vicenda della sua scomparsa e ora siamo uniti nel piangere il drammatico epilogo della

vicenda. Tanto siamo sdegnati per la brutalità del suo destino, quanto siamo ammirati

dalla dignità della sua famiglia e dal desiderio della sua comunità di condividere e lenire la

sofferenza di papà, mamma e fratellini. Chi può donare tanta forza ai familiari affranti? e

da dove sgorga tanta voglia di vicinanza e di bontà? Sicuramente dalla fede in quel Dio

che ci ha donato la vita, ha pensato un’esistenza felice per ciascuno ed è venuto a

condividere la situazione umana compromessa dall’egoismo e dal peccato. Qualcuno si è

dimenticato di Lui, come se si trattasse di un optional secondario della vita. E un “orco” è

venuto a stroncare una ragazzina così piena di speranza. Difficilmente sarebbe finita così,

se quel qualcuno si fosse ricordato di Dio.

Prima e accanto a questa vicenda, e probabilmente ancora per molto tempo, l’opinione

pubblica viene turbata da una quantità enorme di tensioni sociali, alimentate dalle poco

edificanti controversie politiche nostrane, allargate ad uno scenario mondiale dalla

preoccupante situazione del Nord Africa, senza dimenticare la grave crisi economica, che

ogni giorno ci pone a contatto con persone senza lavoro, senza casa ed esposte a

prospettive di vita di evidente precarietà. La tentazione è quella di difenderci,

immaginando di non essere interpellati da tutto questo (Caino avrebbe detto: Sono forse io

il custode di mio fratello?) o di avere l’unico impegno di tenere i conti in ordine, in nome di

un patto di stabilità di cui qualcuno dovrà darci spiegazione, una volta o l’altra. Certo il

Vangelo parla in termini diversi: Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto

sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito,

malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi. Tutto quello che avete

fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”…

Alla luce di queste vicende le tradizionali proposte della quaresima, preghiera, elemosina

e digiuno, acquistano un sapore di grande attualità.

Preghiera significa mettersi in rapporto con Dio. A noi, credenti, spetta il compito di far

sentire che Dio è necessario a questo nostro mondo. Senza di Lui spuntano gli “orchi”. Ma

prima ancora di annunciarlo, lo dobbiamo accostare e dobbiamo saperlo ascoltare.

Elemosina significa farsi carico dei problemi degli altri, nella certezza che “gli altri” non

sono un imbroglio sul nostro cammino, ma dei fratelli. In questo periodo il grande impegno

è quello di preoccuparci perché ci sia lavoro per tutti, senza tirarci indietro se, proprio per

mancanza di lavoro, qualche fratello ha bisogno del nostro aiuto per far fronte alle primarie

necessità di vita e disponibili a sostenere l’azione caritativa della comunità, contribuendo

anche con la personale collaborazione.

In questo contesto il digiuno non è affatto una pratica superata. Intanto significa sobrietà

capace di diventare solidarietà. Ma, in una società che vuole educare, c’è una sorta di

digiuno che consiste nel rinunciare a fare quello che si vuole per fare piuttosto quello che

si deve. Sarebbe veramente un arricchimento grandioso se in questa quaresima la nostra

società potesse contare sulla certezza che ciascuno fa quello che deve: lo studente che

studia, il debitore che paga i debiti, il lavoratore che lavora, il pubblico amministratore che

pensa innanzi tutto al bene comune ... Anche nell’ambiente ecclesiale, dove spesso ci

lamentiamo che molte cose non funzionano, se ciascuno diligentemente eseguisse il suo

compito e quanto comporta, ci sarebbero miglioramenti sicuri.

La Quaresima è il tempo favorevole per vivere anche in questa luce le grandi opere della

preghiera, del digiuno e dell’elemosina. Sicuramente sarà tempo di salvezza".

PER AGIRE CON COERENZA

Riconosciamoci peccatori e penitenti con opere di penitenza e carità, pronti ad

accogliere il perdono di Dio e la grazia di una vita nuova.

Prima domenica di Quaresima

Introduzione

La prima domenica dell’itinerario quaresimale evidenzia la nostra condizione dell’uomo su

questa terra. Il combattimento vittorioso contro le tentazioni, che dà inizio alla missione di

Gesù, è un invito a prendere consapevolezza della propria fragilità per accogliere la

Grazia che libera dal peccato e infonde nuova forza in Cristo, via, verità e vita (cfr Ordo

Initiationis Christianae Adultorum, n. 25). E’ un deciso richiamo a ricordare come la fede

cristiana implichi, sull’esempio di Gesù e in unione con Lui, una lotta “contro i dominatori di

questo mondo tenebroso” (Ef 6,12), nel quale il diavolo è all’opera e non si stanca,

neppure oggi, di tentare l’uomo che vuole avvicinarsi al Signore: Cristo ne esce vittorioso,

per aprire anche il nostro cuore alla speranza e guidarci a vincere le seduzioni del male.

(Messaggio di Benedetto XVI)

Tentazione nel deserto (Matteo 4, 1-11)

1Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. 2E,

dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. 3E il tentatore,

avvicinatosi, gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, ordina che queste pietre diventino pani».

4Ma egli rispose: «Sta scritto: "Non di pane soltanto vivrà l'uomo, ma di ogni parola che

proviene dalla bocca di Dio"».5Allora il diavolo lo portò con sé nella città santa, lo pose

sul pinnacolo del tempio, 6e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù; poiché sta

scritto:"Egli darà ordini ai suoi angeli a tuo riguardo,ed essi ti porteranno sulle loro

mani,perché tu non urti con il piede contro una pietra"».7Gesù gli rispose: «È altresì

scritto: "Non tentare il Signore Dio tuo"».8Di nuovo il diavolo lo portò con sé sopra un

monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria, dicendogli: 9«Tutte

queste cose ti darò, se tu ti prostri e mi adori». 10Allora Gesù gli disse: «Vattene, Satana,

poiché sta scritto: "Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi il culto"».11Allora il diavolo

lo lasciò, ed ecco degli angeli si avvicinarono a lui e lo servivano.

PER AGIRE CON COERENZA

E’ Cristo stesso che ci libera dalla totale dipendenza dalle cose materiali. La nostra

vita non si esaurisce nel bisogno, ma deve tendere al desiderio. La fame ci fa

percepire la nostra dipendenza da un Altro, ci fa riscoprire la nostra realtà di

creature, il nostro legame con Dio. Cristo, accettando di inoltrarsi nel deserto e

digiunando, ha voluto ripristinare quella relazione fra cibo, vita e Dio, che Adamo

aveva rotto e che noi continuiamo a rompere ogni giorno. La nostra vita, quindi,

non è in ciò che mangiamo ma in ciò a cui tendiamo.

Seconda domenica di Quaresima

Introduzione

Il Vangelo della Trasfigurazione del Signore pone davanti ai nostri occhi la gloria di Cristo,

che anticipa la risurrezione e che annuncia la divinizzazione dell’uomo. La comunità

cristiana prende coscienza di essere condotta, come gli apostoli Pietro, Giacomo e

Giovanni, “in disparte, su un alto monte” (Mt 17,1), per accogliere nuovamente in Cristo,

quali figli nel Figlio, il dono della Grazia di Dio: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho

posto il mio compiacimento. Ascoltatelo” (v. 5). E’ l’invito a prendere le distanze dal rumore

del quotidiano per immergersi nella presenza di Dio: Egli vuole trasmetterci, ogni giorno,

una Parola che penetra nelle profondità del nostro spirito, dove discerne il bene e il male

(cfr Eb 4,12) e rafforza la volontà di seguire il Signore. (Messaggio di Benedetto XVI)

Trasfigurazione (Matteo 17, 1-9)

1Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello, e li

condusse sopra un alto monte, in disparte. 2E fu trasfigurato davanti a loro; la sua faccia

risplendette come il sole e i suoi vestiti divennero candidi come la luce. 3E apparvero loro

Mosè ed Elia che stavano conversando con lui. 4E Pietro prese a dire a Gesù: «Signore, è

bene che stiamo qui; se vuoi, farò qui tre tende; una per te, una per Mosè e una per Elia».

5Mentre egli parlava ancora, una nuvola luminosa li coprì con la sua ombra, ed ecco una

voce dalla nuvola che diceva: «Questo è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono

compiaciuto; ascoltatelo». 6I discepoli, udito ciò, caddero con la faccia a terra e furono

presi da gran timore. 7Ma Gesù, avvicinatosi, li toccò e disse: «Alzatevi, non temete». 8Ed

essi, alzati gli occhi, non videro nessuno, se non Gesù tutto solo. 9Poi, mentre

scendevano dal monte, Gesù diede loro quest'ordine: «Non parlate a nessuno di questa

visione, finché il Figlio dell'uomo sia risuscitato dai morti».

PER AGIRE CON COERENZA

Anche noi vorremo ricordare nei momenti di buio ciò che Dio ci ha detto nei giorni

della luce; vorremo portare in tutti i momenti della nostra vita la luce e la forza che il

Signore ci ha dato in tanti momenti belli di fede e di grazia.

Terza domenica di Quaresima

Introduzione

La domanda di Gesù alla Samaritana: “Dammi da bere” (Gv 4,7), che viene proposta nella

liturgia della terza domenica, esprime la passione di Dio per ogni uomo e vuole suscitare

nel nostro cuore il desiderio del dono dell’ “acqua che zampilla per la vita eterna” (v. 14): è

il dono dello Spirito Santo, che fa dei cristiani “veri adoratori” in grado di pregare il Padre

“in spirito e verità” (v. 23). Solo quest’acqua può estinguere la nostra sete di bene, di verità

e di bellezza! Solo quest’acqua, donataci dal Figlio, irriga i deserti dell’anima inquieta e

insoddisfatta, “finché non riposa in Dio”, secondo le

celebri parole di sant’Agostino. (Messaggio di Benedetto XVI)

La Samaritana (Giovanni 4, 5-15)

5Giunse dunque a una città della Samaria, chiamata Sicar, vicina al podere che Giacobbe

aveva dato a suo figlio Giuseppe; 6e là c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco

del cammino, stava così a sedere presso il pozzo. Era circa l'ora sesta.7Una Samaritana

venne ad attingere l'acqua. Gesù le disse: «Dammi da bere». 8(Infatti i suoi discepoli

erano andati in città a comprar da mangiare.) 9La Samaritana allora gli disse: «Come mai

tu che sei Giudeo chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?» Infatti i Giudei

non hanno relazioni con i Samaritani. 10Gesù le rispose: «Se tu conoscessi il dono di Dio

e chi è che ti dice: "Dammi da bere", tu stessa gliene avresti chiesto, ed egli ti avrebbe

dato dell'acqua viva». 11La donna gli disse: «Signore, tu non hai nulla per attingere, e il

pozzo è profondo; da dove avresti dunque quest'acqua viva? 12Sei tu più grande di

Giacobbe, nostro padre, che ci diede questo pozzo e ne bevve egli stesso con i suoi figli e

il suo bestiame?» 13Gesù le rispose: «Chiunque beve di quest'acqua avrà sete di nuovo;

14ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l'acqua che io gli

darò diventerà in lui una fonte d'acqua che scaturisce in vita eterna». 15La donna gli

disse: «Signore, dammi di quest'acqua, affinché io non abbia più sete e non venga più fin

qui ad attingere».

PER AGIRE CON COERENZA

Chi incontra in profondità la persona e l’annuncio, la proposta e la prospettiva di

Gesù cambia radicalmente la direzione della sua vita. Non basta passare accanto al

Vangelo, ma bisogna incontrare in profondità, accogliere con il cuore la proposta

del nazareno.

Quarta domenica di Quaresima

Introduzione

La “domenica del cieco nato” presenta Cristo come luce del mondo. Il Vangelo interpella

ciascuno di noi: “Tu, credi nel Figlio dell’uomo?”. “Credo, Signore!” (Gv 9,35.38), afferma

con gioia il cieco nato, facendosi voce di ogni credente. Il miracolo della guarigione è il

segno che Cristo, insieme alla vista, vuole aprire il nostro sguardo interiore, perché la

nostra fede diventi sempre più profonda e possiamo riconoscere in Lui l’unico nostro

Salvatore. Egli illumina tutte le oscurità della vita e porta l’uomo a vivere da “figlio della

luce”. (Messaggio di Benedetto XVI)

Gesù guarisce un cieco nato (Giovanni 9, 1-41)

1Passando vide un uomo, che era cieco fin dalla nascita. 2I suoi discepoli lo

interrogarono, dicendo: «Maestro, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato

cieco?» 3Gesù rispose: «Né lui ha peccato, né i suoi genitori; ma è così, affinché le opere

di Dio siano manifestate in lui. 4Bisogna che io compia le opere di colui che mi ha

mandato mentre è giorno; la notte viene in cui nessuno può operare. 5Mentre sono nel

mondo, io sono la luce del mondo». 6Detto questo, sputò in terra, fece del fango con la

saliva e ne spalmò gli occhi del cieco, 7e gli disse: «Va', lavati nella vasca di Siloe» (che

significa «mandato»). Egli dunque andò, si lavò, e tornò che ci vedeva. 8Perciò i vicini e

quelli che l'avevano visto prima, perché era mendicante, dicevano: «Non è questo colui

che stava seduto a chieder l'elemosina?» 9Alcuni dicevano: «È lui». Altri dicevano: «No,

ma gli somiglia». Egli diceva: «Sono io». 10 Allora essi gli domandarono: «Com'è che ti

sono stati aperti gli occhi?» 11Egli rispose: «Quell'uomo che si chiama Gesù fece del

fango, me ne spalmò gli occhi e mi disse: "Va' a Siloe e lavati". Io quindi sono andato, mi

sono lavato e ho ricuperato la vista». 12Ed essi gli dissero: «Dov'è costui?» Egli rispose:

«Non so». (…)

35Gesù udì che lo avevano cacciato fuori; e, trovatolo, gli disse: «Credi nel Figlio

dell'uomo?» 36Quegli rispose: «Chi è, Signore, perché io creda in lui?» 37Gesù gli disse:

«Tu l'hai già visto; è colui che parla con te, è lui». 38 Egli disse: «Signore, io credo». E

l'adorò. 39Gesù disse: «Io sono venuto in questo mondo per fare un giudizio, affinché

quelli che non vedono vedano, e quelli che vedono diventino ciechi». 40Alcuni farisei, che

erano con lui, udirono queste cose e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?» 41Gesù

rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: "Noi vediamo",

il vostro peccato rimane.

PER AGIRE CON COERENZA

Se tornassimo all’essenziale – questo adorare Dio in spirito e verità – la

smetteremmo di erigere steccati, di escludere, di estromettere, di condurre dispute

inutili e scandalose che sono puri giochi di prevalenza e di potere, non faremmo

(come succede in questi giorni) campagna elettorale per difendere il “nostro

tempio”, i nostri privilegi, le nostre ossessioni e i nostri pregiudizi, le nostre

sporche alleanze con i truffaldini impuniti ed arroganti.

(Don Franco Barbero)

Quinta domenica di Quaresima

Introduzione

Quando, nella quinta domenica, ci viene proclamata la risurrezione di Lazzaro, siamo

messi di fronte al mistero ultimo della nostra esistenza: “Io sono la risurrezione e la vita…

Credi questo?” (Gv 11,25-26). Per la comunità cristiana è il momento di riporre con

sincerità, insieme a Marta, tutta la speranza in Gesù di Nazareth: “Sì, o Signore, io credo

che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo” (v. 27). La comunione con

Cristo in questa vita ci prepara a superare il confine della morte, per vivere senza fine in

Lui. La fede nella risurrezione dei morti e la speranza della vita eterna aprono il nostro

sguardo al senso ultimo della nostra esistenza: Dio ha creato l’uomo per la risurrezione e

per la vita, e questa verità dona la dimensione autentica e definitiva alla storia degli

uomini, alla loro esistenza personale e al loro vivere sociale, alla cultura, alla politica,

all’economia. Privo della luce della fede l’universo intero finisce rinchiuso dentro un

sepolcro senza futuro, senza speranza. (Messaggio di Benedetto XVI)

La risurrezione di Lazzaro (Giovanni 11, 1-7, 17-45)

1C'era un ammalato, un certo Lazzaro di Betania, del villaggio di Maria e di Marta sua

sorella. 2Maria era quella che unse il Signore di olio profumato e gli asciugò i piedi con i

suoi capelli; Lazzaro, suo fratello, era malato. 3Le sorelle dunque mandarono a dire a

Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». 4Gesù, udito ciò, disse: «Questa

malattia non è per la morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di

Dio sia glorificato». 5Or Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro; 6com'ebbe udito che

egli era malato, si trattenne ancora due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai

discepoli: «Torniamo in Giudea!» (…) 17Gesù dunque, arrivato, trovò che Lazzaro era già

da quattro giorni nel sepolcro. 18Or Betania distava da Gerusalemme circa quindici stadi,

19e molti Giudei erano andati da Marta e Maria per consolarle del loro fratello. 20Come

Marta ebbe udito che Gesù veniva, gli andò incontro; ma Maria stava seduta in casa.

21Marta dunque disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe

morto; 22e anche adesso so che tutto quello che chiederai a Dio, Dio te lo darà». 23Gesù

le disse: «Tuo fratello risusciterà». 24Marta gli disse: «Lo so che risusciterà, nella

risurrezione, nell'ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi

crede in me, anche se muore, vivrà; 26e chiunque vive e crede in me, non morirà mai.

Credi tu questo?» 27Ella gli disse: «Sì, Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio

che doveva venire nel mondo». 28Detto questo, se ne andò, e chiamò di nascosto Maria,

sua sorella, dicendole: «Il Maestro è qui, e ti chiama». 29Ed ella, udito questo, si alzò in

fretta e andò da lui. 30Or Gesù non era ancora entrato nel villaggio, ma era sempre nel

luogo dove Marta lo aveva incontrato. 31Quando dunque i Giudei, che erano in casa con

lei e la consolavano, videro che Maria si era alzata in fretta ed era uscita, la seguirono,

supponendo che si recasse al sepolcro a piangere. 32Appena Maria fu giunta dov'era

Gesù e l'ebbe visto, gli si gettò ai piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio

fratello non sarebbe morto». 33Quando Gesù la vide piangere, e vide piangere anche i

Giudei che erano venuti con lei, fremette nello spirito, si turbò e disse: 34«Dove l'avete

deposto?» Essi gli dissero: «Signore, vieni a vedere!» 35Gesù pianse. 36Perciò i Giudei

dicevano: «Guarda come l'amava!» 37Ma alcuni di loro dicevano: «Non poteva, lui che ha

aperto gli occhi al cieco, far sì che questi non morisse?» 38Gesù dunque, fremendo di

nuovo in se stesso, andò al sepolcro. Era una grotta, e una pietra era posta all'apertura.

39Gesù disse: «Togliete la pietra!» Marta, la sorella del morto, gli disse: «Signore, egli

puzza già, perché siamo al quarto giorno». 40Gesù le disse: «Non ti ho detto che se credi,

vedrai la gloria di Dio?» 41Tolsero dunque la pietra. Gesù, alzati gli occhi al cielo, disse:

«Padre, ti ringrazio perché mi hai esaudito. 42Io sapevo bene che tu mi esaudisci sempre;

ma ho detto questo a motivo della folla che mi circonda, affinché credano che tu mi hai

mandato». 43Detto questo, gridò ad alta voce: «Lazzaro, vieni fuori!» 44Il morto uscì, con i

piedi e le mani avvolti da fasce, e il viso coperto da un sudario. Gesù disse loro:

«Scioglietelo e lasciatelo andare».45Perciò molti Giudei, che erano venuti da Maria e

avevano visto le cose fatte da Gesù, credettero in lui.

PER AGIRE CON COERENZA

"Dopo averci rivelato, in questo cammino quaresimale, Gesù come "sorgente di

acqua viva" nel racconto con la Samaritana, al pozzo di Giacobbe, e come “luce”

che illumina ogni uomo, nel miracolo del cieco nato, oggi la Chiesa ci fa riflettere

su Gesù resurrezione e vita nella vicenda di Lazzaro. È il punto cruciale del mistero

dell'esistenza umana, sotto ogni profilo, temporale ed eterno. Che senso infatti ha

la vita terrena, chiusa dentro un corpo fragile che, se tutto va bene, conosce le

brevi stagioni della nascita, della giovinezza, della maturità e del tramonto? Perché

morire? Ma, soprattutto, che senso può avere questa vita che ci sentiamo dentro,

che rifiuta ogni idea di fine e sembra chiamata a vivere per sempre? Sono le

domande che mostrano la maturità dell'uomo; e le risposte che diamo qualificano

lo stesso modo di interpretare la vita. Si può infatti vivere costruendo, giorno per

giorno, un' eternità, con il fatto che si cresce, giorno per giorno, nella fede e

nell'amore, ma si può vivere anche svuotati di ogni senso, tanto da avere la netta

sensazione di morire, giorno dopo giorno, per il nulla di vera vita che contengono

le cose che facciamo. (Mons. Antonio Riboldi)

Chi sono

Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com


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"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"

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