Stiamo assistendo ad una vera, continua lapidazione della scuola pubblica. In prima fila a lanciare pietre sempre più aguzze e dirompenti il Presidente del consiglio. Sono di questi giorni i forsennati lanci contri i professori «comunisti», che a suo dire lavorerebbero per sgretolare la famiglia e i valori cristiani di cui sarebbe depositaria. Una lapidazione dal tono integralista, da parte di chi quotidianamente non fa nessuna politica per le famiglie, il loro reddito, il lavoro dei loro figli, di chi pratica una morale incommentabile, pubblica e privata, e si ostina a vedere nella scuola un nemico mortale, per sé e per i valori che sostiene. Si direbbe il trionfo del «filisteismo».
E se ne comprende la ragione. La scuola della Repubblica, in oltre 60 anni di vita, ha contribuito a formare generazioni di cittadini consapevoli e partecipi, portatori di valori di civiltà, di solidarietà e partecipazione. Tutto il contrario di quello che vorrebbe il premier e la sua corte. Le pietrate hanno colpito volta per volta i programmi, i libri di testo, le pratiche solidali, il sostegno ai disabili, tutto quello che ha qualificato la nostra scuola in tutti questi anni. E questo attacco si somma a quelli ripetuti nel tempo dalla Gelmini, che hanno accompagnato ogni taglio e ogni cosiddetta riforma. Attacco ai docenti (rei di essere troppi, inutili, spesso meridionali) e alle esperienze migliori della scuola (dal tempo pieno al prolungamento dell'obbligo scolastico), che appare come una giustificazione a-posteriori di un impoverimento (ormai sempre più simile a uno smantellamento) della scuola condotto in questi tre anni di governo. Come dire, avevamo ragione a tagliare risorse, insegnanti, progetti perché la scuola che vuole accogliere e promuovere tutte e tutti non serve alla crescita democratica del paese ma serve a far entrare subdolamente nella scuola idee sovversive (come l'uguaglianza, il diritto di tutti al sapere, la necessità di confrontarsi con opinioni, storie, culture diverse). E torna in campo la vecchia, mai sopita idea, del controllo delle idee. Rappresentata dalla proposta di una deputata del centro destra di istituire una commissione di controllo sui libri di storia. Questa proposta non solo ignora la costituzione - «l'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento» - ma è sinceramente ridicola. Il racconto della storia è sempre un'interpretazione dei fatti della storia. Chi decide se ce ne sia una e solo una giusta? A questa commissione non sopravviverebbero i grandi storici dell'antichità da Tacito a Sallustio, a Svetonio. In questo tempo in cui ragazze e ragazzi ma anche bambine e bambini si confrontano con una pluralità di esperienze, di informazioni, di culture e in cui la scuola deve aiutarli a orientarsi nei saperi e a riorganizzare le conoscenze, davvero possiamo pensare di rinchiudere il mondo in un collo di bottiglia? In una specie di scuola coranica, alla ricerca spasmodica e forse tranquillizzante di una e una sola verità: la verità di chi è al momento al potere. Oggi occorre insegnare a studiare, a ragionare, a porre e a porsi interrogativi, a confrontare punti di vista; niente si conosce davvero se non da un punto di vista. Ed è questo che si fa a scuola, non nella «scuola dei comunisti», ma nella scuola della Repubblica. Qualcuno sa con quale serietà e attenzione centinaia di scuole, migliaia di studenti in questi mesi stanno ragionando, nell'occasione dei 150 anni dell'Unità d'Italia, della nostra storia, della loro storia, confrontandosi con fatti e interpretazioni, imparando anche il gusto dello studio e della ricerca? Stiamo mettendo in discussione questa scuola? Quella della «libera circolazione» delle idee? Ma a queste polemiche a cui siamo ormai avvezzi si aggiunge oggi anche un attacco «morale» e questo è francamente insopportabile. Che questo governo si erga a difesa della morale è davvero grottesco. La scuola saprà reagire, non c'è dubbio. La Repubblica è più forte di chiunque voglia distruggerla, i princìpi a cui sono stati educati i suoi cittadini dalla scuola pubblica sopravviveranno a Berlusconi ed alla sua squallida cattedra morale. Non scherziamo. La vita non è la Tv.
Chi sono
Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com
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"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"
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