martedì 3 maggio 2011

Celebrazione per i pellegrini della Diocesi di Piazza Armerina che sono andati a Roma per la beatificazione di Giovanni Paolo II

I DOMENICA DI PASQUA 2011 Divina Misericordia


Parrocchia maria SS. in Traspontina, Via della Conciliazione,
Roma 1 maggio ore 16

Carissimi confratelli, fratelli e sorelle amati dal Signore,
sono molto lieto oggi di celebrare questa Eucaristia con voi in occasione del la beatificazione di Giovanni Paolo II,

In questa Eucaristia innalziamo al Padre il nostro grazie per il dono che ci ha fatto di Giovanni Paolo II , solerte promotore di libertà e di solidarietà, infaticabile e coraggioso costruttore di giustizia e di pace.

Innanzitutto Giovanni Paolo II, che già come i papi Leone e Gregorio viene definito il Grande, è stato, nei 26 anni del suo Pontificato, un innamorato di Gesù Cristo. Egli è stato sempre un uomo di fede che è vissuto sempre alla luce della presenza di Dio. Ha intrapreso moltissimi viaggi ed ha incontrato milioni di persone per annunciare e testimoniare a tutti il Vangelo di Gesù Cristo morto e risorto, che è anche il Vangelo della carità, della pace, della vita, della comunione, della santità, del lavoro, della sofferenza e ci ha esortati ad prendere il largo con coraggio per affrontare l’avventura della “nuova evangelizzazione”.

In questa seconda Domenica di Pasqua, che Giovanni Paolo II ha dedicato alla Divina Misericordia, a distanza di una settimana dalla celebrazione della Pasqua , la Parola di ci invita a riscoprire il dono della fede operante mediante la carità e ad aprire il nostro cuore alla speranza cristiana che ci viene dal mistero della risurrezione di Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo, presente nella comunità cristiana per portare, nel cuore degli uomini del nostro tempo, la gioia di vivere suscitata da tale presenza, che dissolve ogni paura.

La parola di Dio ci invita a fare della resurrezione di Gesù Cristo il centro della nostra vita e il fondamento della vita ecclesiale.

Dalla lettura degli Atti degli Apostoli emerge che la vita cristiana nasce dalla fede, si matura grazie alla preghiera che riconosce il primato di Dio, all’accoglienza perseverante della Parola trasmessa dagli apostoli, seme di vita, che con i sacramenti e soprattutto con l’Eucaristia genera l’uomo alla vita di comunione fraterna, che ha come radice l’amore e come frutto la letizia.

La risurrezione di Cristo ha infuso nei nostri cuori- ci dice san Pietro una speranza viva che ci ricolma di gioia nella certezza di ereditare nel Regno di Dio la comunione gloriosa con il Signore.

Il vangelo torna sul tema di Cristo risorto, sui doni che egli effonde sui primi discepoli e, in particolare, sull’atteggiamento incredulo di Tommaso, che provoca il richiamo di Gesù: Beati quelli che crederanno anche senza aver visto.

La presenza di Gesù non reca turbamento, ma gioia e pace. Gesù che viene e sta in mezzo alla comunità è il perno e la radice vitale della comunità che dovrà sempre riservargli un posto unico, determinante per la sua vita .

Gesù Cristo con le piaghe del Crocifisso , segni tangibili dell'amore, in mezzo alla comunità è colui che dialoga con i suoi discepoli con i quali vive una profonda relazione di comunione resa vitale dal dono dello Spirito.

Gesù risorto presente nella comunità stimola la sua chiesa ad aprirsi alla missione. La potenza dell'amore misericordioso del Padre, passa , attraverso il Figlio, nelle mani e nel cuore dei suoi discepoli, che avrebbero tenuto viva e visibile la presenza del Maestro e avrebbero annunciato e realizzato il perdono dei peccati e portato la salvezza a tutti gli uomini di tutti i tempi.

Benché la risurrezione sia l’evento centrale e qualificante della fede cristiana tutti i vangeli ammettono la difficoltà a credere alla risurrezione da parte dei discepoli.

L’ostacolo avvertito da Tommaso , l’apostolo incredulo, sta nell’accettare la testimonianza degli altri discepoli. L’apostolo Tommaso , vuole constatare la perfetta identità tra il Gesù il Crocifisso e il Cristo Risorto :«Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato non crederò» (v. 26).

Con fine ironia Giovanni racconta che Tommaso non raccolse la provocazione di Gesù: «Porta qui il tuo dito», ma che invece confessò: «Il mio Signore e il mio Dio».La presenza del Risorto che accetta la sfida di Tommaso fonda la certezza della fede in termini più validi delle verifiche e delle conclusioni raggiunte da sforzi umani. La fede ha un’evidenza e certezza in se stessa: quella del Signore che mostrandosi sollecita un rapporto interpersonale.

Anche noi se vogliamo vivere la nostra vocazione cristiana, se vogliamo essere “testimoni di Gesù Cristo risorto speranza del mondo” dobbiamo incontrare personalmente il Crocifisso risorto.

Gesù Risorto trasmette ai discepoli timorosi e stupefatti la missione di essere ministri della divina Misericordia. Gesù affida agli apostoli il dono di "rimettere i peccati", dono che scaturisce dalle ferite delle sue mani, dei suoi piedi e soprattutto del suo costato trafitto, da cui un torrente di grazia e misericordia si riversa sull'intera umanità.

L’apparizione di Gesù all'apostolo Tommaso, ci aiuta a non scoraggiarci di fronte all’incredulità nostra e altrui e ci dimostra che ogni dubbio può approdare a un esito luminoso oltre ogni incertezza. Oggi assieme a Tommaso, dobbiamo inginocchiarci davanti al Risorto , confessare la nostra poca fede ed esclamare: "Mio Signore e mio Dio!".

Le parole rivolte da Gesù a Tommaso “perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno" (Gv 20, 29), ci ricordano il vero senso della fede matura e ci incoraggiano a proseguire, nonostante la difficoltà, sul nostro cammino di adesione a Lui. Credere ed amare il Signore Gesù senza vederlo è il segno del grande abbandono di noi discepoli nel nostro Maestro divino, che ha come conseguenze la gioia, la pace, la comunione fraterna.

Il Beato Giovanni Paolo II istituendo la festa della Divina Misericordia in questa I° domenica di Pasqua, volle additare a tutti Cristo risorto quale sorgente di fiducia e di speranza, accogliendo il messaggio spirituale trasmesso dal Signore a santa Faustina Kowalska, sintetizzato nell’invocazione : « Gesù, confido in Te ! ».A Karol Wojtyla questa preghiera piaceva particolarmente. La ripeteva spesso.

Questa invocazione risuonava anche nella Chiesa di Santo Spirito in Sassia, il 2 aprile del 2005. Era il Vespro della domenica in albis, e in quella chiesa a pochi passi da San Pietro, si celebrava il culto della Divina Misericordia. Era anche l'ultimo giorno di vita terrena di Giovanni Paolo II.

Anche questo primo maggio è una domenica in albis. E anche questo primo maggio si festeggia la Festa della Divina Misericordia. È per questo motivo che è stata questa la data scelta per la beatificazione. Una data che lega per sempre la figura di Giovanni Paolo II al culto della Divina Misericordia, che lui da Papa volle diffondere.

Oggi ricordiamo le parole scritte dal Papa nell'enciclica Dives in Misericordia da Giovanni Paolo II : "La Chiesa deve considerare come uno dei principali doveri quello di proclamare e di introdurre nella vita il mistero della misericordia, rivelato in sommo grado in Gesù Cristo".

La storia di Giovanni Paolo II si intreccia con quella di suor Faustina negli anni dell'occupazione nazista della Polonia e della perdita di suo padre, nel 1941.

La piccola chiesa del convento di suor Faustina a Cracovia era sulla strada che il giovane Karol percorreva ogni giorno per andare a lavorare nello stabilimento della Solvey. Lì si fermava a pregare, lì ha "incontrato" la Divina Misericordia, nell'esperienza mistica di suor Faustina, morta qualche anno prima, il 5 ottobre del 1938. È lui, da cardinale, ad aprire il processo diocesano di beatificazione di suor Faustina nel 1965. È lui, da Papa, a canonizzarla, il 30 aprile del 2000. Giovanni Paolo II ha spiegato in più occasioni la ragione profonda del suo legame con la missione di suor Faustina. "Il messaggio della Divina Misericordia mi è stato sempre vicino e caro - ha raccontato nel suo pellegrinaggio del 1997 al Santuario della Divina Misericordia di Cracovia - E' come se la storia lo avesse inscritto nella tragica esperienza della seconda guerra mondiale. In quegli anni difficili esso fu un particolare sostegno e una inesauribile fonte di speranza, non soltanto per gli abitanti di Cracovia, ma per la nazione intera. Questa è stata anche la mia esperienza personale, che ho portato con me sulla Sede di Pietro e che, in un certo senso, forma l'immagine di questo pontificato."

Il messaggio della misericordia di Dio costituisce la risposta adeguata e incisiva che Dio ha voluto offrire alle domande e alle attese degli uomini di questo nostro tempo, segnato da immani tragedie.

La divina Misericordia è il dono pasquale che la Chiesa riceve dal Cristo risorto e che offre all'umanità.

Credere nell’amore di Cristo crocifisso e risorto significa credere nella misericordia come dimensione indispensabile dell'amore.

La Divina Misericordia rimane sempre il bisogno fondamentale dell’uomo di fronte alla violenza, di fronte a tanto male: la Divina Misericordia non è debolezza, ma è la forza divina, è il limite divino contro il male del mondo.

Il nostro ricordo orante di Giovanni Paolo è chiamato ad una rinnovata assunzione di responsabilità e a un appassionato impegno di vita, che vuole tradurre nella concretezza delle scelte e dei gesti di ogni giorno l’esempio e l’insegnamento che egli ci lascia.

Giovanni Paolo II è stato un uomo di fede chiamato come vescovo di Roma e pastore universale della Chiesa a manifestare l’amore di Gesù Buon Pastore per tutti gli uomini e le donne del mondo che egli ha amato e cercato di incontrare .

Oggi con il Santo Padre Benedetto XVI° rendiamo grazie al Signore per aver donato alla Chiesa questo suo fedele e coraggioso servitore.

Lodiamo e benediciamo la Beata Vergine Maria per aver vegliato incessantemente sulla sua persona e sul ministero, a beneficio del popolo cristiano e dell’intera umanità. Oggi invochiamo il Beato Giovanni Paolo II perchè continuai a intercedere dal Cielo per ciascuno di noi, perché seguendone gli insegnamenti e gli esempi, possiamo diffondere l’amore misericordioso di Cristo, sorgente di vera pace per il mondo intero.

Chi sono

Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com


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"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"

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