Visti i tempi e le prospettive della nostra terra, non sempre è facile per un giovane scegliere di restare.
Ho accettato di candidarmi alle elezioni Regionali perché ho deciso di restare.
Ho accettato di candidarmi alle elezioni Regionali perché voglio contribuire a far diventare reale il sogno che ci accomuna, ovvero, valorizzare noi stessi e il nostro territorio per renderlo più vivibile e accogliente, dare a tutti la possibilità di realizzarsi umanamente e professionalmente senza essere più costretti ad andare via dalla nostra terra.
Ho scelto di farlo perché la nostra Città e il nostro territorio ne hanno bisogno.
La generazione alla quale appartengo sta pagando il prezzo più caro di questa difficile situazione; una generazione che fa fatica ad accedere al mercato del lavoro spesso dopo anni e anni di investimento da parte delle famiglie nello studio e nella formazione; una generazione che fa fatica a creare una famiglia.
Ho deciso di candidarmi perché il futuro della Sicilia, il futuro dei nostri figli, non può più essere affidato a chi esercita la funzione elettiva come un mestiere.
Il futuro dei nostri figli non può essere affidato a chi non ha mai vissuto sulla propria pelle le difficoltà di un lavoro, o peggio, le difficoltà della ricerca di un lavoro.
Le elezioni regionali sono votazioni molto particolari, dove l’appartenenza politica da sola non recita un ruolo fondamentale.
Sono le persone, la loro credibilità e soprattutto i loro veri programmi a fare la differenza.
La nostra Regione vive una stagione difficile fatta di disoccupazione, ma anche di povertà emergenti, perché, anche chi ha un lavoro, ha serie difficoltà di sopravvivenza e, soprattutto, registra una lunga serie di diritti negati.
La crisi è mondiale, ma per noi ha un significato diverso dal resto d’Italia.
Noi non abbiamo avuto mai le grandi industrie.
Non abbiamo mai avuto le grandi infrastrutture.
Da noi la crisi vi è sempre stata.
Noi Siciliani siamo stati sempre trattati come un popolo di diseredati a cui ogni tanto il governo getta un osso con piccoli residui di carne.
Il problema dei siciliani e che questo osso passando da Palermo viene letteralmente spolpato, dissodato, ed alla gente non giunge neppure un brandello carne.
Ecco perché se da un lato ci danno degli ammortizzatori sociali che permettono delle assunzioni, a causa dello spolpamento di quel famoso osso i nostri lavoratori restano sempre precari.
…e li chiamano giovani precari!!
Il più piccolo ha 40 anni!!
I forestali e gli articolisti vanno persino in pensione da precari.
Il futuro della Sicilia, il futuro dei nostri figli, non può essere affidato a chi esercita la funzione elettiva come un mestiere.
Non può essere affidato a chi non ha mai vissuto sulla propria pelle le difficoltà di un lavoro giornaliero, senza limitazioni di tempo, senza straordinari non retribuiti, non sapendo se la sera, dopo un giorno di lavoro, si è guadagnato abbastanza da mantenere con dignità la propria famiglia.
Chi non conosce la disperazione di un padre e di una madre che anche adesso, come in tutte le campagne elettorali, vanno di sezione in sezione, mendicando una promessa, per poter trovare un lavoro ai propri figlio?
Io non condanno questa gente.
So che sarà presa in giro (tutti quei disperati che erano stati assunti per tre mesi al c.d. MD sono stati già mandati a casa), ma nessuno può togliere loro la speranza.
Questa è diventata la Sicilia, una terra di speranza.
La Sicilia ha bisogno di una nuova “classe dirigente”.
Una classe dirigente che non occupi le Istituzioni come se fossero un proprio Feudo personale, o una baronia.
La Sicilia ha bisogno di classe dirigente che riesca a dare garanzie ai nostri giovani.
Una qualità della vita accettabile e dignitosa, nell’autonomia economica dai genitori.
Se la Sicilia vuole un futuro, se i nostri figli vogliono un futuro, noi non dobbiamo più accontentarci del famoso osso ma dobbiamo puntare ad ottenere di più
Non abbiamo le industrie, ma abbiamo il sole che potremmo sfruttare con il fotovoltaico.
Non abbiamo le infrastrutture, ma abbiamo il mare che potrebbe essere meglio sfruttato sotto il profilo della ricettività e della qualità dell’offerta turistica.
Non abbiamo i ministeri, ma abbiamo la storia, la nostra storia, fatta di monumenti e di siti come Morgantina, la sua Venere, gli Acroliti e la Villa Romana del Casale che il mondo ci invidia.
Io credo che questa sia una sfida che ognuno di noi, ciascuno per il suo ruolo, per il tramite della propria personale fatica quotidiana, deve portare avanti, gettandosi nella mischia per salvare la vera Politica, per salvare il Bene comune, per salvare la nostra regione, per salvare la nostra Città ed il nostro territorio, per salvare le nostre famiglie e noi stessi.
Ed è proprio a partire dal voto che si inizia ad affrontare la sfida.
Certo non tutti hanno il coraggio di provarci, di scontrarsi con i poteri forti, con i sondaggi di comodo, contro l’apatia e la rassegnazione.
Io, ma anche tutti i componenti del FLI di Piazza Armerina, abbiamo avuto questo coraggio.
Il mio programma, il nostro programma, ha tanti punti, dal taglio degli innumerevoli sprechi che ci hanno spinto nel baratro, alla viabilità, alle infrastrutture che devono essere realizzate.
Nel nostro programma abbiamo al centro il lavoro, il lavoro che è prevalentemente basato su un serio progetto di turismo culturale e sull’indotto che se ne deve ricavare.
Noi vogliamo guardare al futuro con ottimismo, iniziando dal presente ed incoraggiando i giovani, le famiglie e quanti si sentono delusi da iniziative amministrative non condivise, a riporre fiducia in noi e nel nostro progetto.
Un progetto che vuole aprire le porte ad un nuovo modo di pensare il territorio, un progetto che vuole ottimizzare l’impiego del danaro pubblico favorendo gli investimenti e prestando maggiore attenzione alle opportunità di finanziamento messe in campo dalla Comunità europea, per il rilancio della nostra economia attraverso lo sfruttamento delle risorse che ci offre il nostro territorio.
È chiaro che sto pensando al Turismo e alle grandi opportunità che abbiamo grazie alla nostra storia ed ai nostri boschi, opportunità mai sfruttate adeguatamente.
Il futuro, il nostro futuro, il futuro dei nostri figli, non ce lo regalerà nessuno.
Abbiamo di fronte a noi un bivio: o fare il salto, o stare a guardare.
In questi giorni ho incontrato studenti, operai, artigiani, commercianti, imprenditori, professionisti.
Dagli incontri è emerso che il nostro territorio ha bisogno di una veste nuova e che non c’è più tempo da perdere.
I cittadini vogliono risposte serie per la nostra città, perché in una società con risorse in diminuzione si crea il conflitto sociale.
La mia visione…
La nostra visione è quella di un comunità che mette insieme la solidarietà e la disponibilità al bene comune, ancora molto presenti nei quartieri, nelle parrocchie, e le convoglia a difesa del nostro welfare: assistenza, sanità, formazione, territorio.
I nostri cittadini chiedono la tutela degli spazi di vita collettiva e di aggregazione sociali sorti intorno ai nostri bellissimi boschi, la tutela di una vita sana, sportiva, a contatto con la natura, potenziata da percorsi ciclabili ovunque possibile e da una pedonalità lenta e consapevole.
Il polmone verde che circonda il nostro comune è ciò che più piace ai cittadini.
Noi dobbiamo preservarlo il più possibile per tramandarlo intatto alle nuove generazioni.
Noi siamo fieri di ciò che è stato costruito, delle fatiche e dei sacrifici di chi è venuto prima di noi.
Adesso tocca a noi dare il nostro contributo.
Questo nostro patrimonio non è solo nostro.
Siamo ritornati indietro di oltre 50 anni, a quando i nostri avi se ne andavano con le valigie di cartone, legate con dei lacci, in luoghi stranieri, nella speranza di poter trovare una qualunque occupazione che consentisse loro di mantenere i propri nuclei familiari.
In un paese normale si lascia la propria terra solo per viaggiare.
I nostri giovani dovrebbero andare via da qui per scelta e non per necessità, perché avendo la possibilità di restare nella propria terra vengono attratti da imperdibili occasioni di lavoro in altri lidi.
E poi la stabilizzazione dei precari, dei forestali, degli articolisti, dei lavoratori socialmente utili e finanche quelli “indiretti” delle cooperative sociali.
Da anni si è creata un orda di gente che dell’incertezza del domani ha fatto la regola di vita.
Si è creata la schiavitù del terzo millennio: migliaia di persone che dipendono da una classe politica incapace ed ingorda.
Bisogna via via stabilizzarli tutti anche perché la pubblica amministrazione potrà solo beneficiarne.
Ma di questi argomenti, come di altri ancora, vedi l’ente fiera e l’ente palio, ne abbiamo già parlato e ne riparleremo, spiegando come si può stabilizzarle, dove trovare le risorse e perché conviene anche alla Regione stabilizzarli, ma solo su un punto mi voglio soffermare, un argomento importantissimo e non certo per fini elettorali, perché vi sono cose che un uomo deve fare non per avere un ritorno ma per dignità.
È un punto semplice, DARE DIGNITÀ AI DISABILI,
Iniziando dalle nostre città.
Troppo spesso, nella nostra corsa quotidiana, dimentichiamo che accanto a noi ci sono dei ragazzi e delle ragazze che da soli non possono vivere, ragazzi e ragazze che hanno bisogno di noi, della nostra cura, della nostra “comprensione”, della nostra solidarietà.
Ragazzi e ragazze che non chiedono altro che poter vivere dignitosamente nella propria città, usufruendo di tutti quei servizi che gli altri utilizzano.
Io credo che chi vuole vivere veramente, chi vuole che la propria vita abbia un senso, deve andare oltre al proprio fabbisogno personale o familiare, deve lottare per chi è meno fortunato sapendo già che il massimo premio a cui si può ambire è il sorriso di un ragazzo o di una ragazza.
Questi sono ideali per cui vale la pena combattere.
Questi ideali non si possono scambiare con un voto.
Ed è con questo spirito che mi rivolgerò a tutti quei genitori, che attraverso la non autosufficienza dei loro figli si misurano giornalmente da un lato con una società che li emargina ma nello stesso tempo si misurano con la vera essenza dell’amore, l’amore di un padre e di una madre verso un figlio o una figlia meno fortunata.
A tutti quei genitori che non si aspettano che i loro figli siano i primi a scuola o nello sport o in tutto quello che prima della loro nascita speravano per loro, a tutti quei genitori che hanno accanto i loro figli e non gli interessa più primeggiare nella società, ma collaborare affinché ci possa essere un futuro dignitoso anche per i loro figli.
A questi genitori noi non promettiamo sussidi …
Noi non daremmo sussidi per i loro figli.
Noi daremo dignità ai loro figli.
Noi, siamo gente che non prova vergogna del proprio lavoro.
Noi, siamo gente che la mattina si alza e va a lavorare.
La nostra vita non ha ombre o macchie di cui dobbiamo vergognarci.
Noi, non facciamo politica per ottenere una rivalsa sociale.
Noi, il nostro posto nella società ce lo siamo guadagnato da tempo.
Ieri, grazie al lavoro dei nostri genitori.
Oggi, grazie al nostro lavoro.
Domani, grazie al lavoro dei nostri figli.